Prima regionale a Mantova per il thriller di Agatha Christie, nella marcata rivisitazione del regista Giorgio Gallione e del protagonista Lodo Guenzi.
Lo spettacolo è parso confezionato come un guanto sull’interprete principale e sulla sua travolgente presa mediatica. Fattore che ha sortito un apprezzabile effetto: il Teatro Sociale di Mantova che ha ospitato la prima regionaledi “Trappola per topi” era ultra affollato, con pochi posti liberi. Per Mantova, “piazza” notoriamente difficile, questa è già di per sé una vittoria, caricata del merito aggiuntivo di aver avvicinato alla prosa un pubblico prevalentemente giovane.
Il celeberrimo giallo di Agatha Christie, uno dei maggiori successi teatrali di sempre, ha inaugurato la stagione Mantova Teatro. Nelle vesti del sergente Trotter della polizia di Scotland Yard, giunto per scoprire l’identità dell’immancabile assassino nella locanda sperduta nella campagna inglese e isolata da una bufera di neve, era Lodo Guenzi: star della canzone pop, beniamino della televisione, giudice di talent show, idolo dei social. Il quale, come un novello Figaro/factotum rossiniano, pur ancora giovane è già anche in possesso di un nutrito curriculum cinematografico e teatrale. Le basi ci sono, perché Guenzi ha completato la sua formazione di studio presso una nota accademia teatrale.
In scena, Lodo ha fatto leva sulla propria naturalezza, su un approccio improntato alla spontaneità, sull’innata capacità di fare presa sugli astanti, che sono caratteristiche preziose, anzi indispensabili, ma in questo contesto non sono risultate esaustive. Sarebbe auspicabile che lo stile nature & easy potesse in futuro, in un processo di fisiologica crescita professionale, compenetrarsi con una più affinata cifra attoriale, con una più accurata costruzione del personaggio, per poter raggiungere ancora maggiori esiti espressivi.
Giorgio Gallione, “animale da palcoscenico” di enorme esperienza, uso a inanellare un successo dietro l’altro sia come drammaturgo che come regista, ha firmato la messa in scena di questo allestimento, come si accennava abilmente fatto ruotare attorno alla presenza di Guenzi. In ciò, avvalendosi della “complicità” di Edoardo Erba, uno tra i più validi e quotati traduttori italiani, che oltre alla versione italiana del testo ha curato pure l’adattamento.
L’impostazione ha da subito preso una piega originale. Del thriller sono rimasti un grido di terrore e qualche nota musicale spiritosamente agghiacciante a sipario ancora chiuso. La messa in scena è stata scandita da numerosi inserti musicali, prevalentemente attinti ai Beatles, che venivano trasmessi dalla radiolina poggiata su un mobile. Un evidente rimando al fatto che dal testo, debuttato nel 1952, venne all’epoca tratto un radiodramma. E quando Guenzi ha compiuto un minuscolo accenno di canto, il pubblico ha iniziato a fibrillare, come era prevedibile e previsto.
Nessuna atmosfera inquietante, quindi, niente colori gialli o noir, bensì una propensione a evidenziare il lato ironico di questo dramma che presenta i toni della commedia, sostituendo il sottile humor inglese con accentuazioni grottesche volutamente marcate. Lo spettacolo ha infatti puntato sulle “maschere” ossia su quelle diverse personalità che tutti noi assumiamo nelle più disparate circostanze per celare la nostra vera natura o, nel caso della pièce, per nascondere un’indole omicida.
Agatha Christie è maestra nel creare personaggi sfaccettati, nel delinearne fulmineamente i chiaroscuri caratteriali, nello scandagliare la psicologia dei soggetti oltre che nel metterne in risalto – citiamo le note di Gallione – motivazioni basate su “ferite esistenziali” oppure sulla “pazzia inconsapevole”. Su quest’ultima ha puntato in toto la regia, vuoi anche per sfruttare al meglio un cast, presumibilmente in fase di rodaggio, dalle doti interpretative nel complesso labili. Con due eccezioni spiccate per bravura: il fratello della padrona della locanda, impersonato da Dario Merlini e la locandiera stessa, Claudia Campagnola, attrice di prim’ordine che ha saputo elevarsi qualitativamente sopra tutti delineando una figura efficace e soprattutto credibile: lei è stata la vera protagonista.
I personaggi, quindi, sono stati ricondotti a maschere per lo più esteriori, a macchiette burlesche, dove, se vogliamo allargarci azzardando nell’analisi, si potrebbe ravvisare una rilettura ammodernata della commedia dell’arte. Una impostazione quindi ragionata e avente una sua specifica ragion d’essere, che se da un lato ha eccessivamente interferito sulla natura di Agatha Christie, della quale è rimasto poco o nulla, dall’altro ha apprezzabilmente spinto l’ago della bilancia verso il pregio di un impianto registico per nulla legato a polverosi cliché.
Il teatro era pieno, il pubblico è tornato a casa contento. Cosa si potrebbe volere di più?
La Stagione Mantova Teatro prosegue con “Il mercante di Venezia” di Shakespeare con Franco Branciaroli. Spettacolo bellissimo recensito da DeArtes al suo debutto la scorsa estate: vedi qui.
Recensione Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova per Mantova Teatro, l’8 novembre 2022
Contributi fotografici: Francesco Consolini