Al MANN, una grande mostra sull’Impero Romano d’Oriente. Oltre 400 reperti, con un ricco corpus di gioielli preziosi. Prestiti da 57 musei italiani e greci.
Il celebre scrittore inglese Robert Byron attribuiva la grandezza di Bisanzio alla «triplice fusione» di un corpo romano, una mente greca, un’anima orientale e mistica. Una fusione che l’arte e la cultura interpretarono e seppero diffondere attraverso i secoli, come emerge dalla ricchissima mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario” al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, diretto da Paolo Giulierini, dal 21 dicembre 2022 al 13 febbraio 2023 (prorogata fino al 10 aprile). Il progetto scientifico è stato sviluppato da un team di studiosi italiani della civiltà bizantina.
Dopo 40 anni dall’ultima esposizione in Italia, la mostra sui Bizantini, curata da Federico Marazzi (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli), sviluppa in quindici sezioni le fasi storiche successive all’impero Romano d’Occidente, dedicando un focus a Napoli – città “bizantina” per circa sei secoli, dopo la conquista da parte di Belisario e le sue armate nel 536 d.C. – e approfondendo i legami fra Grecia e Italia meridionale.
Diversi i temi affrontati: la struttura del potere e dello Stato; l’insediamento urbano e rurale; gli scambi culturali; la religiosità; le arti e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa. Sono oltre 400 le opere esposte, provenienti dalle collezioni del MANN e da prestiti concessi da 57 dei principali musei e istituzioni che custodiscono in Italia e in Grecia materiali bizantini: 33 istituti italiani, 22 musei greci isole incluse, Musei Vaticani e Fabbrica di San Pietro.
Grazie alla prestigiosa collaborazione con il Ministero Ellenico della Cultura, molti dei materiali in allestimento sono visibili per la prima volta: diversi manufatti sono stati rinvenuti, infatti, nel corso degli scavi per la realizzazione della metropolitana di Salonicco. Altri reperti, concessi in prestito dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Napoli, sono stati ritrovati negli scavi della linea 1 della metropolitana.
Gli oggetti in mostra si distinguono per la varietà di materia e funzione: sculture, mosaici, affreschi, instrumentum domesticum, sigilli, monete, ceramiche, smalti, suppellettili d’argento, oreficerie ed elementi architettonici danno conto di una complessa realtà, connotata da eccellenze manifatturiere e artistiche. Grazie ai simboli dell’Impero d’Oriente, la creatività del mondo antico “transita”, così, verso il Medioevo, con un linguaggio rinnovato dalla fede cristiana e arricchito da innesti culturali iranici e arabi.
L’esposizione è accompagnata da un ricco apparato editoriale: catalogo scientifico (in uscita a gennaio 2023), guida breve, pubblicazione degli itinerari bizantini della Campania e guida dedicata ai bambini.
APPROFONDIMENTI
PREMESSE STORICHE: IL MITO DI BISANZIO
La mostra racconta l’Impero Bizantino: quell’Impero Romano d’Oriente (Romèi erano chiamati e si autodefinivano i suoi abitanti), sopravvissuto per quasi dieci secoli alla caduta della pars Occidentis, quando il barbaro Odoacre nel 476 riuscì a deporre l’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo.
Fu allora che Costantinopoli, la città sul Bosforo, l’antica Byzantion rifondata nel 330 dall’Imperatore Costantino come “Nuova Roma”, divenne il centro e il cuore politico, istituzionale e culturale dell’Impero Romano. Un Impero che, di fatto, continuò a vivere fino al 1453 (anno della caduta della capitale in mano ai Turchi di Maometto II), assumendo nel tempo connotati diversi: la lingua greca, ad esempio, era usata per gli atti ufficiali e il Cristianesimo era stato assunto come religione di stato, fondante l’identità dell’Impero.
Questo “mutamento di pelle” indusse gli eruditi, dal Seicento in poi, a cercare un nuovo nome – Impero Bizantino – per indicare una realtà politica che connetteva Oriente e Occidente, contribuendo così non solo alla formazione dell’Europa medievale, ma anche alla genesi dell’Umanesimo.
L’ALLESTIMENTO
Nell’atrio del MANN, sul grande capitello (marmo proconnesio, VII secolo d.C., proveniente da Costantinopoli e conservato al Museo archeologico “Paolo Orsi” di Siracusa), campeggiano la croce e il chrismón (il monogramma composto dalle lettere greche X-chi e P–rho) del nome di Cristo: l’arte e la bellezza sono i principali veicoli per celebrare il trionfo della cristianità.
Alcuni oggetti simbolici introducono al percorso espositivo che si sviluppa nel Salone della Meridiana: un viaggio nella storia dei Bizantini dal 330 al 1204, anno della quarta crociata, che determinò la conquista latina di Costantinopoli e il momento cruciale nel processo di dissoluzione dell’Impero.
Il grande mosaico pavimentale (oltre 4,5 m di lunghezza) proveniente dal sito archeologico dell’antica colonia romana di Minturnae, si aggiunge ad altri frammenti e mosaici. Poi, alcune opere iconiche come la statua di un giovane aristocratico romano, che debutta nell’agone politico inaugurando le corse dei carri (il manufatto è in prestito dal Museo Centrale Montemartini), e il busto del pensieroso filosofo greco dal Museo archeologico di Salonicco.
In un focus specifico, la mostra ricorda il duraturo intreccio dei destini di Napoli e Bisanzio: un legame stretto dal 536, anno in cui Napoli fu conquistata dalle armate dell’Impero Romano d’Oriente, sino al 1137 quando, dopo la morte dell’ultimo duca Sergio VII, la città si consegnò al re di Sicilia, il normanno Ruggero II. Testimonianze di queste contaminazioni culturali, sono epigrafi e iscrizioni greco-cristiane, elementi architettonici con schemi compositivi e simboli della scultura bizantina, anfore che testimoniano floridi e costanti contatti con l’Oriente.
ALCUNI DEGLI OGGETTI IN MOSTRA
Si va dai reperti ottenuti in prestito da tante prestigiose istituzioni, ai contenuti multimediali, ai video, a una dettagliata grafica di sala. In allestimento, le sculture e le monete, in particolare dai Musei di Atene e Salonicco e dalle collezioni del MANN, creano una galleria dei ritratti di imperatori: Teodosio, Giustiniano, Basilio II, Giovanni II Comneno e altri.
Inoltre, croci greche d’oro e d’argento, bolle, collane, encolpi, croci pettorali e pendenti (tra cui diversi oggetti, mai esposti prima, dal Museo Nazionale Romano). Alcuni sigilli di autorità della Chiesa d’Oriente – da Fozio, patriarca di Costantinopoli, a Niceta, arcivescovo di Salonicco – danno conto della forza delle “gerarchie ecclesiastiche” dell’epoca.
Si trovano le granate in ceramica contenenti i proiettili rinvenuti nel Castello di Santa Maria del Mare, presso Squillace, e ancora il grande disco onorario (dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze), concesso dall’imperatrice Galla Placidia al potente generale Flavius Ardabur Aspar per i suoi meriti militari: l’oggetto, quasi due chili d’argento lavorati a bulino, fu rinvenuto nel XVIII secolo nel torrente Cestione e donato al Granduca di Toscana.
Il famoso elmo ostrogoto del Museo dell’Abruzzo Bizantino ed Altomedievale; il piatto d’argento con emblema figurato da Isola Rizza del Museo di Castelvecchio di Verona; il pannello affrescato con un santo militare in prestito dal Museo della Cultura bizantina di Salonicco; la figura di soldato rappresentata su una lastra in marmo, proveniente dal monastero delle Blacherne di Arta, nell’Epiro, parte della Collezione archeologica di Paregoretissa. Di gran pregio la gemma in onice con guerriero che caccia un cinghiale (IV secolo) e il cammeo in diaspro rosso con San Demetrio della collezione Farnese (X secolo), entrambi appartenenti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Fra le suppellettili della vita quotidiana, accanto a ceramiche invetriate, lucerne, oggetti d’uso comune, vi sono anche: i busti in marmo di due coniugi (inizio del V secolo, dal Museo archeologico di Salonicco); alcune raffinate stele; le corone nuziali in bronzo dal Museo Cristiano e Bizantino di Atene e, soprattutto, i preziosi gioielli simbolo della raffinatezza e della maestria orafa bizantina.
Diciassette gioielli aurei con gemme e pietre preziose formano, intrecciati, un magnifico accessorio d’abbigliamento del IV secolo concesso dall’Eforato delle Antichità di Salonicco. Ancora, fra anelli, orecchini con perle e granati, bracciali, collane con perle di vetro e ametiste, croci e fibule filigranate in oro, spiccano un preziosissimo bracciale in oro e smalto (IX – X secolo da Salonicco); alcune gemme a soggetto cristiano (San Demetrio e Sette dormienti di Efeso),prodotte a Venezia nel XIII secolo, inedite e custodite al MANN; i famosi ‘Ori di Senise’ (seconda metà VII secolo), parte dei quali ricondotti a maestranze costantinopolitane.
E ancora, un pannello dipinto di due metri, mosaici, basi d’altare, calchi in gesso di transetti ravennati, capitelli, lastre di pulpito, parti di sarcofagi e di iconostasi, ampolle ed epigrafi che giungono da Grecia, Ravenna, Cagliari, Siracusa, Agrigento, Torcello, Gaeta e Cortona. Dai Musei Vaticani è concessa in prestito una lastra in marmo bianco in cui compaiono croci sia a rilievo che graffite e incisioni in armeno e latino.
Quanto mai interessante la presenza di un nucleo di elementi architettonici appartenenti al cosiddetto relitto di Marzememi, una nave affondata lungo la costa sud-orientale della Sicilia, riferibile all’età di Giustiniano (527-565) e probabilmente proveniente da Costantinopoli con un carico destinato alla realizzazione di una chiesa nei territori bizantini d’Italia.
Non mancano in esposizione gli avori per gli arredi liturgici, tra cui due placchette dal Museo Medievale di Bologna e una formella del XII secolo dal Museo Nazionale di Ravenna, con la “dormizione della Vergine” nell’iconografia consolidatasi dopo il periodo iconoclasta.
Segue la sezione relativa alla scrittura e alla produzione libraria e documentaria. Eccezionali i prestiti dalla Biblioteca Laurenziana di Firenze, da cui giungono un preziosissimo Tetravangelo greco di fine XI-inizi XII secolo, forse già nella biblioteca di Lorenzo il Magnifico – esemplare unico per lo splendido apparato decorativo tra cui risaltano 294 miniature in campo aperto – e una straordinaria miscellanea di testi medici e fisiatrici, prodotta a Bisanzio nel X secolo, appartenuta alla collezione medicea e per un certo periodo trasferita a Roma per volere di Papa Clemente VII. Dalla Grecia, invece, sono concessi in prestito un incredibile Lezionario miniato della metà dell’XI secolo (dall’Eforato di Antichità delle Cicladi) conservato ad Amorgos, e un Rotolo con la divina liturgia di S. Giovanni Crisostomo (XII/XIII sec) dal Museo Cristiano e Bizantino di Atene.
M.C.S.
Uffici Stampa, 21 dicembre 2022
Immagine di copertina: Histamenon di Basilio II
Zecca di Costantinopoli (1005-1025), oro Napoli, MANN
I BIZANTINI A NAPOLI
21 dicembre 2022 – 13 febbraio 2023 (prorogata fino al 10 aprile)
MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Piazza Museo 18/19 – 80135 Napoli
man-na@cultura.gov.it
www.mann-napoli.it