All’inizio c’era il nulla. Un posto dove tutto era ammassato, una voragine nera. Poi comparve Gea. Era meravigliosa, scelse come sposo il cielo stellato, Urano, e presero a generare. Nacquero l’oceano e gli astri, il sonno e il profumo dell’erba, le guerre e le battaglie d’amore e anche il più prezioso di tutti i mali: l’errore. Vennero alla luce i Titani, alti alti, e il più piccolo tra loro era Crono, il narratore in prima persona di questa storia millenaria. Per far cessare il caos separò la madre dal padre, pensando fosse la fine del mondo, invece era l’inizio di uno nuovo. Il progresso nel campo del sapere consentì di scoprire che la Terra non è piatta e che i pianeti non girano attorno a essa ma al sole. Si è poi capito che ci sono infiniti pianeti e altri soli, perché la grande culla cosmica in cui ci troviamo è in continua espansione. La Terra, e con essa l’uomo, non è al centro dell’universo.
Era rivolto al pubblico di bambini di “Segni. New Generations Festival” il monologo di Francesco Niccolini interpretato da Flavio Albanese, magistralmente bravo nel mutare voce ed espressività come se sul palco apparissero molti altri personaggi, e favorendo così la fluidità del ritmo scenico.
Il titolo “L’universo è un materasso (e le stelle un lenzuolo)” costituisce un esempio semplice ed efficace per spiegare la densità dello spazio e la duplice rotazione dei pianeti, su se stessi e attorno al sole, che è analoga a quando ci si rigira nel letto e le lenzuola si arrotolano attorno al corpo. Un paragone la cui correttezza, come quella dell’intero spettacolo, è garantita dalla consulenza scientifica di Marco Giliberti, dell’Università Statale di Milano. La produzione della Compagnia del Sole, che ha vinto l’Eolo Awards 2018, pare il racconto di un nonno ai nipotini assisi attorno al focolare. Crono/Albanese ricorda il suo passato e con leggerezza fa rivivere le credenze e le scoperte attraverso i secoli, iniziando dalla mitologia greca secondo Esiodo, soffermandosi su Aristotele, Tolomeo e Copernico infine, senza disdegnare pizzichi di pensiero filosofico e di ironia, approda nientepopodimeno che ad Einstein, del quale rende comprensibile la meccanica dei quanti e la teoria della relatività. Una proposta affascinante per i bambini – trattati da persone intelligenti meritevoli di spettacoli intelligenti – che fornisce loro le nozioni di base, e rinfresca la memoria agli adulti, sulla vita e sui corpi celesti. Arrivando a spiegare che il tempo, che non scorre con la stessa velocità in pianura come in montagna, è selettivo e la realtà non è come sembra. Più che ucciso da suo figlio Zeus, Crono è stato detronizzato dall’uomo quando ha compreso che il tempo è un’invenzione, una convenzione terrestre.
La conclusione è scientifica ma apre riflessioni filosofiche: le cose esistono solo se noi le facciamo esistere, e si vedono solo se le illuminiamo, proprio come accade in teatro. Un solo assunto è inconfutabile: questo universo, che forse non sussiste, è bellissimo.
Recensione di Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Ariston di Mantova – Segni New Generations Festival, il 28 ottobre 2018
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