A Palazzo Roverella, indagine sul periodo italiano del pittore e sull’allontanamento dall’impressionismo, dagli anni 80 del XIX secolo.

È una mostra davvero originale quella dedicata a “Renoir: l’alba di un nuovo classicismo”, curata da Paolo Bolpagni, che la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo annuncia in Palazzo Roverella dal 25 febbraio al 25 giugno del ’23.

Di Pierre-Auguste Renoir (Limoges, 1841 – Cagnes-sur-Mer, 1919), uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo, è messo a fuoco il momento successivo alla breve esperienza impressionista, quando l’artista, spinto da una profonda inquietudine creativa, decise di intraprendere, nel 1881, un viaggio in Italia.

[Pierre-Auguste Renoir, Portrait d’Adèle Besson, 1918. Centre Pompidou, Paris Musée national d’art moderne / Centre de création industrielle – en dépôt chez Musée des Beaux-Arts Besançon]

IL VIAGGIO IN ITALIA DI RENOIR
Il tour ebbe inizio a Venezia, dove a colpirlo furono soprattutto Carpaccio e Tiepolo (mentre già conosceva bene Tiziano e Veronese, studiati al Louvre); seguirono brevi tappe a Padova e a Firenze, e una meta fondamentale fu Roma. Qui Renoir fu travolto dalla forza della luce mediterranea e sviluppò l’ammirazione per i maestri rinascimentali.

Nel golfo di Napoli Renoir scoprì le pitture pompeiane, fu rapito dalla bellezza dell’isola di Capri e quasi soggiogato dai capolavori antichi esposti nel museo archeologico. Infine andò a Palermo, dove incontrò Richard Wagner e lo ritrasse in un’opera divenuta famosa.

Il viaggio in Italia, più che suscitare opere di particolare rilievo, fu foriero di una sorta di rivoluzione creativa per l’artista, riverberandosi sul prosieguo della sua produzione che culminò, di fatto, nell’abbandono della tecnica e della poetica impressioniste, prima dell’ufficiale scioglimento del sodalizio nel 1886.

[Pierre-Auguste Renoir, Femme s’essuyant, 1912-1914. Kunst Museum Winterthur]

Dalla joie de vivre delle scene di divertimento della borghesia parigina degli anni Settanta, Renoir passò quindi a uno stile aigre, aspro. Riprendendo anche la lezione di Jean-Auguste-Dominique Ingres, il pittore, allora poco più che quarantenne, recuperò un tratto nitido e un’attenzione alle volumetrie e alla monumentalità delle figure, nel segno di una sintesi che enucleò una personale forma di classicismo, mentre le tendenze dominanti viravano verso il Postimpressionismo da una parte e il Simbolismo dall’altra.

Nei primi due decenni del Novecento Renoir diede vita a un’arte che, mentre si scatenavano le avanguardie, costituì una precoce avvisaglia della nuova sensibilità che sarebbe divenuta dominante dopo il conflitto mondiale, dipingendo in un possente stile neo-rinascimentale, mutuando i toni caldi e scintillanti da Tiziano e da Rubens.

Quella che superficialmente è apparsa a non pochi come un’involuzione era, in realtà, una premonizione di molta della pittura e della scultura che si sarebbero sviluppate tra le due guerre.

[Pierre-Auguste Renoir, Après le bain, 1876. Belvedere, Vienna]

LA MOSTRA
La mostra si concentra soprattutto su questa seconda fase della carriera di Renoir, a partire dal ritorno dal viaggio in Italia sino alle opere della vecchiaia, dapprima evidenziando vicinanze e tangenze con Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi, Giovanni Boldini e Medardo Rosso, italiani attivi a Parigi.

E poi, ponendo in risalto l’originalità di una produzione che costituì uno dei primi casi quella “moderna classicità” che sarebbe stata perseguita da numerosi artisti degli anni Venti e Trenta, come è evidenziato dai confronti istituiti in mostra. Per esempio con le sculture di Marino Marini e Antonietta Raphaël (affiancate alla Venus victrix di Renoir del 1916), e con i dipinti di Armando Spadini, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Arturo Tosi, Filippo de Pisis, Luigi Bartolini, Enrico Paulucci. La mostra segue poi l’evoluzione della sua pittura, dalla monumentalità classicheggiante e “neorinascimentale” delle figure ai paesaggi della Provenza e della Costa Azzurra.

Non manca il racconto delle vicende personali dell’artista, anche sulla falsariga della biografia che il figlio Jean, celebre regista, dedicò al padre all’inizio degli anni Sessanta del Novecento, dal titolo Pierre-Auguste Renoir, mon père.

M.C.S.
Ufficio Stampa, febbraio 2023
Immagine di copertina: Pierre-Auguste Renoir, La Baigneuse blonde, 1882
Pinacoteca Agnelli, Torino

RENOIR. L’ALBA DI UN NUOVO CLASSICISMO
25 febbraio – 25 giugno 2023

Palazzo Roverella
via Laurenti 8/10, Rovigo
tel 0425 460093
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