Azzurro di cielo e giallo di spighe. Verdi erbe di campo costellate da papaveri rossi e grigio argenteo di rami contorti. Un vortice di colori attraversato da voci e suggestioni visive ha ricostruito l’immaginario di uno dei più grandi Maestri della pittura della seconda metà dell’Ottocento e di tutti i tempi: Vincent Van Gogh. Pittore. Genio. Matto.
Ad aver ideato e poi interpretato questo fortunato spettacolo teatrale è Marco Goldin, il quale ha liberamente trasferito sulle tavole del palcoscenico il suo romanzo “Gli ultimi giorni di Van Gogh. Il diario ritrovato” (Solferino editore). Termine – romanzo – evidentemente non esplicativo di per sé, visto che prima dell’apertura di sipario una voce registrata ha più volte rimarcato essere tutto frutto di finzione letteraria, benché tratta da fatti veri. Le premesse raggelano sempre l’atmosfera, tuttavia la reiterata specifica era necessaria per non indurre fraintendimenti. Goldin è infatti un noto esperto della materia e in particolare ha studiato per venticinque anni questo pittore, accumulando una conoscenza sconfinata anche a seguito delle sei mostre da lui curate solo su Van Gogh e visitate da oltre due milioni di persone, l’ultima delle quali allestita a Padova tra il 2020 e il 2021 (vedi notizia DeArtes qui). Esposizioni che hanno lasciato una variegata eredità. Infatti nella primavera 2022 l’ufficio stampa della sua società ha annunciato un progetto innovativo comprendente un libro, l’attivazione di un canale podcast, la realizzazione di un film documentario e, per l’appunto, una tournée teatrale. La quale ha debuttato nel novembre dello scorso anno e, a grande richiesta, continua ad aggiungere nuove e applaudite date in tutta Italia, tra cui quella al Teatro Sociale di Mantova.
Marco Goldin ha basato su Van Gogh, è innegabile, un successo personale e commerciale, però di sostanza, ossia fondato sulla conoscenza e sul palpabile amore per questo immenso artista. Goldin conosce ogni singola pennellata dell’olandese, al punto da aver azzardato, nello spettacolo, una ideale simbiosi con lui, una sorta di transfert inteso nel significato psicologico freudiano di trasposizione d’analisi dal soggetto analizzato all’analista. In parole semplici, una sovrapposizione affettiva tra i due, profonda e percepibile durante le due ore della messa in scena.
Goldin ha scritto un diario “in prima persona”, come se egli fosse lo stesso Van Gogh, ispirato da avvenimenti reali e vere lettere ma frutto di fantasia da romanziere, supponendo i pensieri, i turbamenti d’animo e i ricordi che presumibilmente accompagnarono il pittore negli ultimi giorni della vita, conclusasi tragicamente. La narrazione in prima persona si è alternata a quella di un osservatore esterno e a qualche inserto didascalico, in un gioco di rimandi. Proprio la giostra di rimandi è stata il punto di forza dello spettacolo.
Da un lato, la costruzione teatrale di Goldin è risultata inevitabilmente mediata dal suo sapere e il racconto, accessibile anche ai non esperti tuttavia preciso e analitico, ragionato ed equilibrato, è risultato difficile da associare a una mente come quella di Van Gogh, caratterizzata dal binomio genio/follia sfociato nel ricovero in una clinica per malattie mentali. Dall’altro lato Goldin ha saputo splendidamente indirizzare gli spettatori verso una visione autenticamente vangoghiana della natura, spingendo i presenti vedere al di là di quanto percepisca l’occhio umano.
Van Gogh, come pochi altri, dalle sue tele ha saputo parlare all’animo prima ancora che agli occhi, arrivando a colpire tutti i sensi dell’osservatore e a suscitare, con la sua pittura, stupore e meraviglia, a scatenare reazioni emotive viscerali, diverse per ciascuno. L’affabulatore Goldin ha espresso le proprie, ha condiviso con il pubblico il “suo” Van Gogh, incarnando così il senso più vero e significativo dell’arte del Maestro: ha aperto metaforici varchi attraverso i quali l’immaginazione di ognuno potesse spaziare, alla maniera del pittore.
In ciò, coadiuvato dalle musiche di Franco Battiato (tra gli altri, stralci da Gilgamesh, da Telesio e da quell’album innovativo che fu Joe Patti’s experimental group), mai svilite a base sonora ma anch’esse evocative, sempre integrate alla pari con il dipanarsi scenico, al quale hanno conferito slancio spirituale oltre che un poetico senso di sospensione del tempo.
Soprattutto Goldin, questa volta in veste di regista, ha irretito il pubblico con una sequenza a perdifiato di scatti (ripresi in Olanda, Belgio e Francia da Luca Attilii e Fabio Massimo Iaquone) e con le animazioni video (di Alessandro Trettenero) di enorme suggestione. Il palcoscenico era occupato da due schermi. Il più piccolo era una proiezione mentale dell’abbaino della stanza nella locanda di Auvers dove Van Gogh aveva abitato negli ultimi giorni; finestrino dal quale entravano luci, stelle e cieli. Invece uno schermo più grande era spalancato come una porta sul paesaggio circostante, sulle campagne rigogliose, sulle dolci colline e sui volti degli abitanti.
Fotografie e riprese filmate hanno magistralmente ricreato il sogno di Van Gogh, rinforzando il gioco di specchi e di rimandi già affidato alla voce narrante. E accostando, fianco a fianco, iris veri e iris dipinti, case di mattoni e altre di vernice, paesaggi da cartolina e panorami generati da pennellate dense di colore e frenetiche di movimento, che, passando dalle tele agli schermi, hanno preso letteralmente vita grazie alle animazioni.
Gli aloni rotondi emanati dalle stelle hanno iniziato a espandersi, le corone solari dai raggi concentrici hanno preso a roteare, i cieli a ondeggiare, i cipressi a spettinarsi nel vento e le nuvole ad aggrovigliarsi. Il pubblico è stato così condotto in uno stupefacente viaggio emozionale, materializzazione dell’universo onirico eppure reale del pittore. Un mondo di incanto che, avendo superato la finzione dell’escamotage teatrale, ha restituito la cifra vera e autentica di Van Gogh. Il racconto di un’anima triste e malinconia, ma anche «lo scoppio di felicità, quando dipingo in mezzo a un campo di grano».
Recensione Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova il 25 marzo 2023
Immagini tratte dal trailer e dal sito www.lineadombra.it