Quelli di Giovanni Sollima non sono mai semplici concerti ma percorsi emozionali. Prendono vita dalla simbiosi, dalla “fusione a caldo” con lo strumento – un Francesco Ruggeri (Cremona 1679) – sul quale la star internazionale del violoncello nonché prolifico compositore (è il maestro italiano più eseguito al mondo) innesta il proprio genio creativo effervescente ed esternato con esuberanza. Sollima vive di musica, con la musica e per la musica e la comunica con vividezza espressiva, accompagnata dai tratti eloquenti del viso e del corpo: spunti fisici che diventano prosecuzione dell’archetto delle corde e del legno, oltre che essere anch’essi mezzi di comunicazione emotiva. Certo, Sollima gioca un poco su questi aspetti, in un concetto illuminato e d’estrema naturalità di rappresentazione globale. Sollima riserva eguale importanza a doti quali l’inventiva, la maestria tecnica e il sentimento che infonde a piene mani nella musica, dopo averlo attinto dalla musica stessa. Infatti l’elemento caratterizzante i suoi concerti è questo percorso circolare: un do ut des osmotico alla Musa.

Giovanni Sollima è amico di lunga data di Oficina OCM, e più volte i mantovani e il pubblico che per lui giunge numeroso da fuori lo hanno potuto apprezzare nella rassegna estiva Trame Sonore come in quella invernale Tempo d’Orchestra, della quale in questa occasione ha infiammato la serata conclusiva al Teatro Sociale di Mantova, donando il suo sguardo egualmente vivace sia nei confronti della tradizione che verso l’innovazione, sia nelle citazioni sia nell’improvvisazione, in un flusso sonoro sconfinato che in lui sgorga con spontaneità più unica che rara.

L’inizio è stato a effetto, con il violoncellista impegnato nel primo Natural songbook, composizione da lui scritta nel 1962 sfociata senza soluzione di continuità nel Concerto n.2 che Haydn forgiò nel 1783 e nel quale dette rilievo a uno strumento al tempo ancora poco esplorato nelle sue potenzialità solistiche. Haydn affidò al violoncello la funzione di “canto”: una premessa a dir poco intrigante per Sollima, così come per i musicisti dell’Orchestra da Camera di Mantova entrati silenziosamente ad attorniare il solista mentre stava suonando la sua composizione, per poi impiantare, sull’autore moderno, l’esponente del classicismo viennese. Un brano magicamente rispettoso di Haydn tuttavia fedele a Sollima, il quale si è concesso incisive personalizzazioni sulle pagine virtuosistiche. Una pratica in uso fin dai tempi più antichi, quella di lasciare margine all’esecutore, di cui la storia della musica ci riporta infiniti esempi. Nulla di nuovo, quindi? No, il contrario, perché ciò che in Sollima strabilia è la capacità, tutta nuova e tutta sua, di inserire la propria visione figlia del gusto contemporaneo, anzi proiettata nel futuro, su un classico di repertorio, senza creare stridori, con gusto aggraziatamente ludico e con esiti nulla meno che entusiasmanti.

È seguita la Sinfonia n.25 in sol minore KV 183 di Mozart, che ha visto impegnata la formazione dell’OCM con violino concertatore il direttore artistico Carlo Fabiano. Brano in cui Mozart vira verso una scrittura più consapevole e matura (l’enfant prodige aveva allora già “ben” diciassette anni) e che ha visto l’orchestra impegnata, con sensibilità, in una meditazione sulla costruzione sonora del salisburghese.

In conclusione, di nuovo riuniti OCM e Sollima per Fecit neap 17, per violoncello archi e continuo. Strumento quest’ultimo aggiuntosi all’ensemble cameristico e rivelatore della fervida vena compositiva di Sollima, il quale si ispira e ripensa, con la sua capacità di immaginazione che non conosce confini, le musiche popolari meridionali e in particolare partenopee del Sei-Settecento. A ribadire una linea creativa, oltre che stilistica ed esecutiva, in cui l’antico si ingloba nel nuovo, in un vortice continuo sublime e travolgente.

Due i bis, annunciati e spiegati a voce, durante i quali Sollima ha agguantato l’archetto fra i denti suonando il violoncello come fosse una chitarra, e dimostrando one more time le infinite possibilità d’approccio che presenta lo strumento. Dapprima il Seicento rivisitato di Strike the viol di Purcell, poi, a chiudere il concerto circolarmente, un omaggio al padre Eliodoro, il quale aveva scritto Aria dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Un pezzo simbolico, ulteriore sottolineatura della sovrapponibilità della storia al presente.

La stagione Tempo d’Orchestra si è così conclusa. L’appuntamento è con Trame Sonore Chamber Music Festival: la maratona musicale di cinque giorni che si pone al vertice delle proposte italiane ed europee, e che dà appuntamento a Mantova dal 31 maggio al 4 giugno 2023.

Recensione Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova per Tempo d’Orchestra il 4 aprile 2023
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes