La Madonna del Baldacchino di Raffaello esposta a Pescia; un dipinto di Francesco Hayez in trasferta a Pontremoli; progetto per il Palazzo Ducale di Massa.
UFFIZI DIFFUSI: LA MADONNA DEL BALDACCHINO DI RAFFAELLO TORNA A PESCIA PER LA PRIMA VOLTA DOPO TRECENTO ANNI ‘IN TRASFERTA’ DA PALAZZO PITTI AL DUOMO DELLA CITTÀ TOSCANA
La grande pala realizzata dall’Urbinate nei primi anni del Cinquecento fu acquisita dopo la sua morte dall’amico Baldassarre Turini: rimase nella chiesa fino alla fine del Seicento, quando Ferdinando de’ Medici la volle di nuovo nella sua reggia
La Madonna del Baldacchino, grande pala d’altare realizzata da Raffaello alla fine del suo periodo fiorentino e ordinariamente esposta nella Galleria Palatina in Palazzo Pitti, da Firenze è tornata a Pescia (PT), nella chiesa che l’aveva accolta per oltre un secolo e mezzo tra Cinquecento e Seicento. L’opera è in mostra nella Cattedrale della città toscana dal 7 maggio al 30 luglio 2023 (proroga fino al 1 ottobre), posta a confronto con la copia commissionata al pittore fiorentino Pier Dandini, alla fine del XVII secolo, proprio per sostituirla al momento del suo ritorno a Firenze.
Dopo oltre trecentoventi anni, dunque, la Madonna del Baldacchino si riaffaccia per la prima volta a Pescia. L’evento, di portata storica, è il risultato di un progetto speciale messo in atto nell’ambito del programma Uffizi Diffusi; a sostenere l’ambiziosa operazione è la Fondazione Caript.
In vista della sua ‘trasferta’, la Madonna del Baldacchino è stata sottoposta a un leggerissimo intervento di consolidamento nella porzione più alta del supporto ligneo e ad accurate indagini diagnostiche da parte dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze che ne hanno determinato lo stato di salute. Il responso degli specialisti ha stabilito che l’opera sta bene, può essere spostata a Pescia ed essere esposta in Duomo senza problemi.
UN PO’ DI STORIA
Realizzata da Raffaello tra il 1506 e il 1508 su commissione della famiglia Dei, la grande pala era stata concepita per la Chiesa di Santo Spirito a Firenze, dove però non andò mai. Ne venne in possesso, non molti anni dopo, il suo amico ed esecutore testamentario Baldassarre Turini (1481-1543), alto prelato della Santa Sede nel primo Cinquecento nonché esponente di spicco della comunità pesciatina. Arrivato nella città della Valdinievole, il dipinto fu posto in Duomo, sull’altare della cappella-mausoleo dei Turini che lo stesso Baldassarre aveva fatto erigere tra gli anni ’30 e ’40 del XVI secolo anche per accogliere degnamente la pala dell’Urbinate. La Madonna del Baldacchino vi rimase per un secolo e mezzo, fino al 1697: in quell’anno fu acquistata dal Gran Principe Ferdinando de’ Medici, che la riportò a Firenze nella reggia di Palazzo Pitti, sua attuale sede, dove è esposta tra i capolavori della Galleria Palatina. Nel Duomo di Pescia fu collocata la copia dipinta da Pier Dandini: anche questo dipinto è stato nei mesi scorsi sottoposto a controllo e restauro, in preparazione alla mostra che lo vede ora a confronto con l’originale di Raffaello.
INFO VISITA
La mostra è accessibile, a partire dal 7 maggio, tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00. Per motivi di sicurezza, l’ingresso alla Cappella Turini è consentito a un massimo di 20 persone ogni 20 minuti. La prenotazione è quindi consigliata e può essere effettuata accedendo al sito www.madonnadelbaldacchino.it . Il costo del biglietto intero è di 12 euro.
A partire dall’11 maggio, con il biglietto d’ingresso, è possibile visitare anche il Museo Civico di Palazzo Galeotti, la Gipsoteca Libero Andreotti e la chiesa di Sant’Antonio Abate, aperti dal lunedì alla domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 15.00 alle 19.00. Per informazioni inviare una mail a info@madonnadelbaldacchino.it
SCHEDA STORICO-ARTISTICA
Raffaello Sanzio. Madonna del Baldacchino 1506-1508
Olio su tela cm 248×216 (dimensioni originali della tavola) – cm 280×216 (con l’ampliamento del 1697)
Questa pala è l’unica, a oggi nota, fra quelle di grandi dimensioni e di destinazione pubblica appartenenti al periodo fiorentino di Raffaello. Della sua storia sappiamo molto grazie alla testimonianza di Giorgio Vasari che ricorda come Raffaello avesse ricevuto la commissione del dipinto dalla famiglia Dei, titolare di una cappella nella chiesa fiorentina di Santo Spirito. Chiamato a Roma nell’autunno del 1508 da papa Giulio II che gli affidò la decorazione dei suoi appartamenti in Vaticano (oggi noti universalmente come Stanze di Raffaello), l’Urbinate lasciò incompiuta la pala per i Dei che dunque non raggiunse mai la chiesa e fu rimpiazzata nel 1522 dalla Sacra Conversazione di Rosso Fiorentino, anch’essa oggi esposta nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti.
Dopo la morte di Raffaello (o forse anche prima), laMadonna del Baldacchino fu acquistata da Baldassarre Turini, potente segretario di Leone X e datario apostolico, grande amico di Raffaello dicui fu pure esecutore testamentario, rampollo di una delle famiglie piùin vista di Pescia, che la destinò alla cappella della sua famiglia nellaCattedrale della sua città natale. Qui rimase fino al 1697, anno nelquale fu comprata dal Gran Principe Ferdinando de’ Medici, figlio del granduca Cosimo III ed erede al trono granducale. La vendita scatenòviolente reazioni da parte dei pesciatini, profondamente legati al cultodella Vergine e al quadro di Raffaello, tanto che fu necessario spostarladi notte per poterla trasportare a Firenze, sostituendola con una copiaeseguita dal fiorentino Pier Dandini.
Giunta a Palazzo Pitti, la pala fu appesa nell’appartamento di Ferdinando, nell’ala meridionale del primo piano. Per adattarla al contesto della collezione principesca e alla cornice lignea intagliata e dorata che ancora possiede, la pittura fu ampliata nella parte superiore dal pittore di corte Niccolò Cassana; si spiegano così il coronamento del baldacchino a forma di cono e la calotta a lacunari che ricalca quella del Pantheon a Roma.
L’invenzione di Raffaello è una delle sue più memorabili per l’armonia delle figure, la delicatezza delle espressioni e la capacità di costruzione dello spazio, arioso e monumentale ma al tempo stesso misuratissimo, elementi che provano quanto Raffaello padroneggiasse con autonomia i modelli appresi a Firenze da Fra Bartolomeo, Leonardo e Michelangelo.
Il restauro compiuto nei laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure tra il 1987 e il 1991, e le recenti indagini effettuate dallo stesso istituto in occasione della iniziativa di Uffizi Diffusi hanno stabilito che la pittura ha gradi diversi di avanzamento nell’esecuzione, ma in nessun punto è del tutto completa, confermando così l’antica testimonianza vasariana.
www.cattedralepescia.it
C.S. 6 maggio 2023
UN CAPOLAVORO DELLA PITTURA DELL’OTTOCENTO OSPITE D’ONORE A PONTREMOLI: È IL “RITRATTO DEL COLONNELLO ARESE LUCINI IN CARCERE” DI FRANCESCO HAYEZ.
Un capolavoro della pittura dell’Ottocento arriva in mostra a Pontremoli (MS). È il grande ritratto raffigurante il Conte Arese Lucini in carcere, dipinto dal celebre pittore romantico Francesco Hayez (Venezia 1791 – Milano 1882) e recentemente acquistato dalle Gallerie degli Uffizi, dove è stato esposto temporaneamente dal primo gennaio di quest’anno (vedi notizia DeArtes qui). La sua destinazione naturale nel prossimo futuro è la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, ma intanto è partito alla volta di Pontremoli, dove è ospite d’onore nel Palazzo Comunale fino al 31 agosto 2023.
L’opera descrive il momento più tragico nella vita dell’ex colonnello napoleonico Francesco Teodoro Arese Lucini, che aveva partecipato ai moti risorgimentali del 1820-21, finendo sotto processo e subendo due anni più tardi una condanna a morte. La pena fu però convertita in tre anni di detenzione nel penitenziario austriaco dello Spielberg dopo che, durante il processo, il colonnello aveva riferito alla corte i nomi degli altri accusati.
Il quadro si caratterizza per la sua originalissima storia: fu lo stesso Arese Lucini (su cui pesava il marchio di traditore dei compagni per aver salva la vita, ma che rivendicava l’impossibilità di mentire come dovere morale) a chiedere ad Hayez di farsi dipingere in cella e in catene, per riscattare il proprio onore. Al momento in cui l’opera fu eseguita la pena si era effettivamente già conclusa; ma la grande efficacia comunicativa della trovata, unitamente allo straordinario talento pittorico di Hayez, colpirono l’opinione pubblica mostrando l’immagine prostrata del Conte nella sua condizione di prigionia: questo contribuì a fugare i non pochi dubbi sul suo comportamento processuale e lo aiutò persino a proporsi con successo quale eroe risorgimentale.
HAYEZ E PONTREMOLI
Il legame tra Hayez e Pontremoli nasce con il dipinto storicista Pietro Rossi signore di Parma assediato nel Castello di Pontremoli (1818-1820) oggi conservato nella Pinacoteca di Brera, con il quale il pittore diede inizio alla sua svolta romantica. I Rossi di Parma erano diventati signori di Pontremoli nel 1329. Il 13 giugno 1336, gli Scaligeri, che avevano occupato quasi tutti i domini dei Rossi, assediarono Pontremoli e il suo castello, dove risiedeva Pietro Rossi con i suoi familiari qui ritiratisi. In questo frangente, Pietro ricevette una lettera del doge Dandolo con cui il Senato veneziano gli proponeva di assumere il comando dell’esercito della Repubblica di Venezia per sconfiggere gli Scaligeri, dai quali anche la Serenissima era minacciata.
Accolta la proposta, nonostante le suppliche e le lacrime della moglie, Ginetta de’ Fieschi, e delle figlie, Pietro, travestito, fuggì di notte e si recò a Firenze dove giunse il 23 agosto per assumere l’incarico unendo le truppe veneziane, lì giunte, con quelle fiorentine. Dopo qualche mese di resistenza, i Rossi rimasti in Pontremoli cedettero questo importante borgo fortificato agli Scaligeri che lo tennero fino al 1341 quando iniziò la dominazione dei Visconti.
https://www.terredilunigiana.com/ville/pontremolipalazzocomunale.php
C.S. 5 maggio 2024
UFFIZI DIFFUSI A MASSA: IL PREFETTO GUIDO APREA E IL DIRETTORE DEGLI UFFIZI EIKE SCHMIDT ANNUNCIANO PER IL 2024 IL PROGETTO PER PALAZZO DUCALE CHE RIPORTERÀ A PONTREMOLI I DIPINTI SPOSTATI DOPO IL TERREMOTO DEL 2013.
Gli Uffizi Diffusi arriveranno anche a Massa. A dare l’annuncio sono stati, durante un incontro avvenuto a Palazzo Ducale, il prefetto di Massa-Carrara Guido Aprea e il direttore delle Gallerie Eike Schmidt. Ed è proprio in Palazzo Ducale, negli appartamenti monumentali della Prefettura, che, la prossima primavera 2024, avrà luogo la tappa massese degli Uffizi Diffusi: in questi spazi, che verranno per l’occasione aperti alle visite del pubblico, torneranno infatti una decina di dipinti della collezione delle Gallerie, ma che sono stati accolti in parte dal 1931, in parte dal 1939 in questi spazi. I quadri, quando nel 2013 il terremoto colpì Massa, furono riportati agli Uffizi per metterli in sicurezza; adesso, grazie all’accordo, verranno restaurati a cura del museo, quindi saranno pronti per tornare in Palazzo Ducale.
Vi sono paesaggi e nature morte, tra le quali due bellissimi lavori del settecentesco Francesco Corsi, e anche una coppia di opere della bottega di Carlo Dolci (1616-1686).
www.comune.massa.ms.it/pagina/palazzo-ducale
C.S. 5 maggio 2024