Sequestrati migliaia di reperti da scavi clandestini nel Casertano. Scoperta nave romana nel mare di Civitavecchia. Restituita Croce Zaratina alla Croazia. Recuperata anfora del Gruppo di Leagros.

CARABINIERI TPC
SEQUESTRATI MIGLIAIA DI REPERTI ARCHEOLOGICI DA SCAVI CLANDESTINI NEL CASERTANO: VALORE 3 MILIONI DI EURO
Avrebbero generato un giro di affari complessivamente stimato in circa 3 milioni di euro nel “mercato”, le migliaia di reperti archeologici provenienti da scavi clandestini effettuati nella Provincia di Caserta. I reperti, risalenti a un arco temporale compreso tra l’VIII sec. a.C. e il II sec. d.C., sono stati recentemente sequestrati dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, nell’ambito delle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (Quarta Sezione di indagini, specializzata anche nella materia dei reati contro il patrimonio culturale).

Nel corso delle 22 perquisizioni eseguite su disposizione della Procura tra la Campania, la Basilicata e la Puglia, i Carabinieri hanno rinvenuto, fra l’altro, 95 vasi antichi giudicati di inestimabile valore; 20 reperti archeologici in marmo e 300 reperti di varia natura come vetri, bronzi, etc., tutti di provenienza archeologica e di interesse culturale, frutto di scavi archeologici abusivi effettuati, prevalentemente, nell’area dell’alto casertano e in particolare nella zona anticamente denominata Cales.

Rilevante è il quantitativo di monete archeologiche rivenute – oltre 1700 –  databili tra il VI sec. a.C. e l’VIII sec. d.C., fra le quali alcune in oro e argento. Ciascuna di esse avrebbe potuto raggiungere, sul mercato illecito dei reperti archeologici, un valore che si aggira attorno ai 70-80 mila euro.

Rinvenuti e sottoposti a sequestro anche numerosi strumenti da scavo e 15 metal detector utilizzati, verosimilmente, per la ricerca di monete e metalli antichi.

All’esito delle perquisizioni, numerose persone sono state denunciate per i reati di ricettazione e furto di beni culturali. Nel medesimo contesto investigativo, nei mesi scorsi, sono stati tratti in arresto due soggetti sorpresi ad effettuare scavi all’interno di una necropoli, mentre un terzo soggetto è stato tratto in arresto in flagranza, al confine con la Svizzera, per il reato di esportazione illecita di beni culturali, essendo stato trovato in possesso di un ingente quantitativo di monete archeologiche destinato ad essere immesso sul mercato tramite canali di ricettazione estera, avvalendosi, in qualche caso di una nota casa d’asta. Si trattò, in quella circostanza, del primo arresto in flagranza eseguito sul territorio nazionale per il reato di cui all’art. 518-undecies c.p., norma incriminatrice introdotta nel mese di marzo del 2022.

Sempre nell’ambito delle medesime indagini coordinate dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, nel settembre del 2022, i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli hanno tratto in arresto, per il reato di ricettazione di beni culturali, il Soprintendente per le Province di Caserta e Benevento. Il sovrintendente è stato rinviato a giudizio e il relativo processo si sta celebrando, in stato libertà, davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Le perquisizioni, eseguite presso gli immobili nella disponibilità di quest’ultimo e presso gli uffici della Soprintendenza, hanno consentito di recuperare oltre 700 reperti archeologici (provento di scavi clandestini); oltre 300 beni bibliografici e archivistici (provento di furti commessi ai danni di enti pubblici e religiosi); alcuni dipinti (provento di furti); nonché oltre 50 beni di interesse artistico in avorio; il tutto per un valore complessivo stimato attorno ai due milioni di euro.

I destinatari dei provvedimenti cautelari adottati nel contesto investigativo illustrato sono da ritenersi presunti innocenti sino a sentenza definitiva e, in ogni caso, le misure precautelari sono state assunte senza il contraddittorio con le parti e le difese; contraddittorio che avverrà o sta avvenendo, per alcuni imputati, davanti al giudice terzo, che potrà valutare anche l’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli indagati ovvero imputati.

M.C. 27 luglio 2023
(Notizia tratta dal comunicato controfirmato da Dott. Antonio D’Amato,

Procuratore Aggiunto di S. Maria Capua Vetere, dirigente della Quarta Sezione della stessa Procura,
che ha coordinato le attività del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli,
unitamente ai P.M., Dott. Armando Bosso, Dott.ssa Iolanda Gaudino e Dott. Giacomo Urbano)

CARABINIERI TPC – CARABINIERI SUBACQUEI DI GENOVA E ROMA – SERVIZIO NAVALE CARABINIERI CIVITAVECCHIA
INDIVIDUATO RELITTO NAVE ROMANA ADAGIATA SUL FONDALE MARINO PRESSO CIVITAVECCHIA
È stata rilevata la presenza di un antico relitto di nave oneraria romana, risalente al II-I secolo. a.C., adagiato a circa 160 metri di profondità sul fondale sabbioso, con un carico di centinaia di anfore romane tipo “Dressel 1 B”, la maggior parte integre, che hanno formato un giacimento delle dimensioni di mt. 12 di larghezza per mt. 17 di lunghezza, da cui si può ipotizzare che la nave potesse superare le dimensioni di 20 metri.

La scoperta rappresenta l’importante esempio del naufragio di una nave romana che affrontava le insidie del mare nel tentativo di raggiungere la costa e costituisce testimonianza delle antiche tratte commerciali marittime.

L’eccezionale rinvenimento è il frutto di un’attività investigativa della Sezione Archeologia del Reparto Operativo del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, coordinata dalla Procura della Repubblica di Civitavecchia, in collaborazione con la Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturale Subacqueo di Taranto.

Le operazioni di ricerca e rinvenimento si sono svolte con l’impiego di avanzate attrezzature tecniche in dotazione al Centro Carabinieri Subacquei di Genova e al Nucleo Carabinieri Subacquei di Roma, con l’ausilio della motovedetta d’altura del Servizio Navale della Compagnia Carabinieri di Civitavecchia.

In particolare, è stato impiegato il robot sistema ROV (Remotely Operated Vehicle) comprensivo di sonar ed ecoscandaglio, che, unitamente alle performanti caratteristiche della modernissima motovedetta d’altura classe N 802 “Frau”, hanno consentito l’importante rinvenimento e la mappatura completa del sito archeologico sommerso, determinando l’ulteriore individuazione, nell’immediato perimetro del relitto, di due ceppi d’ancora romani in metallo, appartenenti all’antica nave.

Lo straordinario rinvenimento è il frutto della sinergia e delle competenze tecniche e investigative dei comparti di specialità dell’Arma dei Carabinieri, in cooperazione con le conoscenze storico-scientifiche del Ministero della Cultura, rivestendo notevole rilevanza archeologica, artistica e storica, e mettendo in evidenza ancora una volta il valore che lega l’attività di archeologia subacquea con quella tipica degli organismi investigativi.

La Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturale Subacqueo di Taranto, previa autorizzazione della competente Autorità Giudiziaria, ha avviato le procedure necessarie per censire e salvaguardare l’area archeologica sommersa individuata dai Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale.

C.S.M. Roma, 28 luglio 2023

CARABINIERI TPC
CONSEGNATA ALLA CROAZIA UNA CROCE DEL SEC. XIV, ORAFO ZARATINO
La famosa Croce Zaratina, una croce astile in lamina d’argento del XIV secolo, testimonianza preziosa della grande fioritura dell’oreficeria dalmata medioevale, era stata trafugata a metà degli anni 70 dal monastero di S. Francesco a Zara. Su di essa, che è universalmente considerata dagli esperti uno degli esempi più significativi del patrimonio culturale croato, sono raffigurati, tra gli altri, i protettori della città, S. Crisogono e S. Anastasia.

Gli eredi di una rinomata famiglia ligure erano entrati in possesso legittimamente e in buona fede dell’importante bene storico culturale, acquistato in asta presso una nota Casa londinese. L’opera era stata conferita dai proprietari in comodato all’Amministrazione comunale della città di La Spezia ed era esposta in un noto museo civico cittadino, nella sezione dedicata alla famiglia donante. Gli approfonditi accertamenti svolti dai Carabinieri dell’Arte hanno consentito di confermare che il bene esibito nel polo museale spezino era esattamente quello trafugato circa cinquant’anni fa dalla Croazia.

Attraverso la delicata opera di diplomazia culturale svolta dai Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e dall’Ufficio del Consigliere diplomatico del MiC, nonché sostenuta dal sindaco di La Spezia, a seguito dell’interessamento delle autorità croate, l’opera potrà finalmente ritornare nel suo luogo d’origine grazie alla disponibilità della famiglia donante, a cui sono stati rivolti i più sinceri e sentiti ringraziamenti per il nobile gesto.

La consegna è avvenuta a Roma, il 26 luglio 2023, durante una breve ma significativa cerimonia svoltasi presso la Rappresentanza Diplomatica di Croazia, alla presenza, tra gli altri, del Consigliere diplomatico del Ministro della Cultura, Clemente Contestabile, del Comandante dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale Gen. B. Vincenzo Molinese e del Comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Genova, Magg. Alessandro Caprio.

Durante la cerimonia S.E. l’Ambasciatore di Croazia in Italia, Jasen Mesic, ha ricevuto, nelle sue mani e in dono al suo Paese, il prezioso manufatto dagli eredi della famiglia ligure, proprietari del prezioso manufatto.

C.S.M. Roma, 27 luglio 2023

CARABINIERI TPC DI VENEZIA
RECUPERATA ANFORA ATTICA DEL ‘GRUPPO DI LEAGROS’, APPARTENENTE AL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO DELLO STATO ITALIANO
Si tratta di un’anfora attica a figure nere, databile attorno al 500 a.C. e attribuibile al cd. ‘Gruppo di Leagros’. Con questa denominazione si fa convenzionalmente riferimento, nelle Scienze Archeologiche, a un insieme di ceramografi attivi ad Atene, tra il 525 e il 500 a.C. Tali artigiani erano specializzati nella tecnica ‘a figure nere’, della quale rappresentano l’ultimo grande momento, prima del definitivo sorpasso da parte della tecnica ‘a figure rosse’.

Assieme all’hidria e al cratere, l’anfora è tra le forme predilette dal Gruppo di Leagros, al quale si attribuiscono vasi prevalentemente caratterizzati da figurazioni di carattere eroico, spesso tratte dai poemi omerici. I temi derivano generalmente dalle imprese di Eracle e dalla guerra di Troia.

A parte un unicum in Turchia, tutti i ritrovamenti delle anfore del ‘Gruppo di Leagros’ ricadono in primis in Italia, soprattutto nell’antica Etruria (luogo di destinazione commerciale), poi in Grecia, in particolar modo in Attica.

L’anfora recuperata presenta sul lato principale la raffigurazione di Apollo citaredo stante, tra due Muse. Il lato opposto ritrae al centro un guerriero stante, munito di elmo e scudo rotondo, fiancheggiato da due arcieri. Sul fondo esterno è presente un segno alfabetico (Σ) graffito post-cottura. Si tratta di un dettaglio raro, verosimilmente connesso alla fase di commercializzazione del prodotto.

L’anfora è stata sequestrata nel settembre 2022 dai Carabinieri TPC di Venezia, nell’ambito dell’operazione internazionale di polizia ‘Pandora VII’, e a seguito di una richiesta per il rilascio dell’Attestato di Libera Circolazione, presentata dal detentore all’Ufficio Esportazione di Venezia, ovvero a un ufficio del Ministero della Cultura (MiC) che si occupa della circolazione internazionale dei beni culturali. La normativa vigente, infatti, prevede sui beni archeologici provenienti certamente o presumibilmente dal territorio italiano una presunzione di appartenenza allo Stato. Il privato è tenuto a fornire la prova di essere in regolare possesso del bene archeologico.

In materia di compravendita di beni perfezionatasi all’estero, alla luce della Convenzione Unesco di Parigi del 1970, ratificata dall’Italia, il contratto di acquisto di un bene avente natura storico – culturale stipulato in base a una normativa nazionale, contrastante con il divieto di esportazione illegale di detti beni, non costituisce idoneo titolo di proprietà.

L’anfora era stata acquistata dall’ultimo detentore nel 2016 in un’asta londinese. Precedentemente apparteneva a una collezione privata belga, che nel 1935 fu data in deposito al Museo Reale di Arte e Storia di Bruxelles. Non sono invece stati individuati informazioni certe più antiche. Per tali accertamenti è stato di fondamentale importanza il coinvolgimento del Servizio di Cooperazione Internazionale di polizia e del Ministero della Cultura e dello Sport greco.

L’azione investigativa si è avvalsa di esami tecnici e storico – artistici sul bene, anche in relazione alla sua provenienza, effettuati dai funzionari archeologi della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna; nonché della collaborazione strutturale del predetto Ufficio Esportazione di Venezia.

Il contrasto al traffico illecito dei reperti archeologici rappresenta una delle direttrici investigative che il Nucleo CC TPC di Venezia persegue, attraverso verifiche costanti presso gli esercizi commerciali di settore, mediante l’attenta raccolta di segnalazioni da parte di studiosi e appassionati, grazie alla collaborazione degli uffici centrali e periferici del Mic. La restituzione al patrimonio pubblico di questi beni, testimonianze materiali aventi valore di civiltà, riporta alla fruizione collettiva oggetti che narrano la storia di territori e di comunità.

Presso il Museo Archeologico Nazionale di Venezia, lo scorso 27 luglio 2023, l’anfora è stata consegnata al Direttore Regionale Musei del Veneto, Daniele Ferrara, dal Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia, Magg. Emanuele Meleleo. La consegna è avvenuta alla presenza dell’Assessore al turismo della Città Metropolitana di Venezia Simone Venturini, della Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Adria Alberta Facchi, di funzionari del MiC e rappresentanti di istituti universitari e di ricerca.

C.S.M. 27 luglio 2023