“Non un CD, ma un oggetto culturale con alle spalle un’idea musicologica, particolarmente significativo per gli appassionati di musica sinfonica”. Entra subito nel vivo, il critico musicale Mario Tede-schi Turco, intervenuto a laFeltrinelli di Verona per presentare l’incisio-ne, edita da Deutsche Grammophon, che vede Nicola Guerini sul podio della PKF – Prague Philarmonia, con Ilya Gringolts solista al violino. Ascoltando, si vive quella che l’interlocutore definisce “esperienza di forma organica”. Il direttore Guerini infatti, andando oltre i parametri universali, le conoscenze antropologiche e storiche che l’interprete deve padroneggiare, realizza una pagina poetica raffinata, nella quale cesella con empatia la fantasia e lo spirito melodico dell’universo coloristico dvorakaino.
“A Bohemian Rhapsody” presenta uno spaccato di Antonín Dvořák che colpisce per l’intento divulgativo riguardante il compositore ceco, nonché per la forza e per la qualità del suono. Guerini rievoca l’emozione vissuta nel gennaio 2016 in una Praga freddissima, quando entrò per la prima volta nella sala del Forum Karlìn, dall’acustica straordinaria. “Ilya Gringolts è un fantastico solista. Abbiamo subito discusso della Romanza (Romance in F minor, op.11 B 39), il cui iniziale torpore sfocia in un delta luminosissimo”. È tangibile la continua ricerca di intimità, se ne percepisce la liquidità, ad esempio nel pianissimo iniziale cui risponde l’orchestra, quasi fosse una pagina impressionista. Ricorda Guerini: “Io parlavo a Gringolts, anche in italiano giacché lo capisce perfettamente, e lui mi ascoltava in silenzio. Alla fine ha risposto solo: I like. Ho creato un pannello come fondale, che lo lasciasse libero in primo piano (Violin Concerto in A minor, op.53 B 108 e Mazurek, op.49 B 90) anche se lui non si atteggia mai a divo, ma si pone sempre al servizio della concertazione.
Caratteristica molto rara, soprattutto in artisti di questo calibro … Ho seguito la voce del violino quasi fosse un cantante e trattato questo brano come una romanza d’opera”. Specificità che, nella dizione della frase musicale e nella comunione d’intenti instauratasi tra i protagonisti e tra questi e l’autore, risulta di primaria importanza.
Una soddisfazione, confida Guerini, aver lavorato con un’Orchestra di grande esperienza in questo specifico repertorio. Nel susseguirsi delle tracce del CD, l’immediatezza armonica e ritmica del tessuto musicale coinvolge, arriva come si trattasse di un ascolto dal vivo. Il programma è pensato per analizzare la dialettica di Dvořák, la sua intuizione timbrica, e trovare le sue alchimie, non in quanto figlio di una Scuola, bensì intendendolo come un artigiano che riesce a fissare le intuizioni nella partitura. “A ciò si aggiunge lo studio – prosegue a spiegare Guerini – che non mira solo a un impatto formale. È come leggere una poesia che usa una forma, ma la scardina nell’attimo in cui la comunica”. Ritmo, melodia e armonia sono i grandi parametri delle Overture (Othello Overture, op. 93 e Carnival Overture, op.92), che Dvořák gestisce in maniera straordinaria, senza indulgere alla retorica folklorica che si riscontra in altri suoi lavori. In Othello, il pezzo più notturno del disco, Dvořák dichiara amore a Wagner e si creano delle oasi sonore difficili da rendere, nella loro vastità, in fase di registrazione. Guerini colloca questa musica nella giusta, fondamentale, spazialità, e si protende alla ricerca del suono identificativo del compositore. Inoltre, non considera il suono come un canone fine a se stesso, ma come qualcosa che succede, che si leva dall’orchestra.
La conversazione vira con spontaneità verso una lectio magistralis sulla direzione orchestrale che, come qualsivoglia forma artistica, non può prescindere da studio, conoscenza e tecnica, mediate dalla sensibilità e dall’amore. Gli occhi blu del Maestro si accendono di gioia, il tono di voce si fa al contempo dolce e incisivo, le mani iniziano a muoversi nell’aria, a dirigere i pensieri che sgorgano fluidi come note, melodiosi nel rivivere il fremito emozionale del podio. Le parole si rincorrono rapide in un compenetrarsi di leitmotiv concettuali, dai contorni netti come spot luminosi. Se non c’è il respiro, il direttore non serve a niente, può andare a dirigere il traffico e per certi autori è una condizione inaccettabile. Ci vuole attenzione ai tempi di metronomo, ma se all’interno di questi manca il respiro, la musica rischia di creare una dimensione verticale; invece bisogna partire dal concetto di concertare da dentro verso fuori: si deve iniziare dal cuore. Questa musica necessita di un respiro, prima. È indispensabile preparare una pulsazione che poi generi un determinato suono e il gesto direttoriale è fondamentale: tutto nasce dalle mani. L’Orchestra possiede già una propria sonorità, ma l’attacco, l’accensione della macchina, spetta al conductor. Nel levare, c’è la totalità del suo pensiero, c’è la sua pulsazione, che lo tramuta quasi in un druido. Un’orchestra, anche senza guida va comunque “a tempo”; con il direttore va “in tempo”, ed è una situazione differente. Nicola Guerini si abbandona infine a un’appassionata esternazione: “Ciò che nasce con la compagine è un’esperienza incredibile che si vive assieme … Dall’espressione di chi suona capisci che è come aver amato per un’ora quelle persone che ti hanno seguito, che hanno scambiato con te un’energia. Il direttore dà e riceve. E questo è fare l’amore”.