Mantova, Teatro Sociale: il capolavoro di Orff nella proposta qualitativa, non quantitativa, de I Pomeriggi Musicali e As.Li.Co.
La nuova stagione al Teatro Sociale di Mantova, che unisce diversi cartelloni, si è inaugurata in una festosa cornice di pubblico con i Carmina Burana. Una proposta musicale inserita nella sezione “eventi speciali” per la quale si è tessuta una rete collaborativa importante e di qualità: oltre a Comune di Mantova e Fondazione “Artioli”, sinergie prestigiose con il Teatro Fraschini di Pavia e il Teatro Sociale di Como (sede della celeberrima fucina di As.Li.Co.), luoghi che già avevano ospitato la produzione prima della tappa mantovana.
Il titolo è stato affidato alle sapienti mani dell’Orchestra milanese “I Pomeriggi Musicali”, che tanta importanza riveste nel panorama italiano e non solo, e al direttore Riccardo Bianchi, giovane talento che, oltre agli studi musicali, vanta una laurea in filosofia, la quale ovviamente contribuisce alla sua capacità di approfondimento interpretativo, fattore emerso chiaramente nella sua conduzione.
Le premesse di un alto profilo artistico c’erano tutte e non sono andate disattese. Tuttavia non possiamo esimerci da una considerazione strettamente numerica. In musica, non sempre qualità e quantità sono elementi disgiunti. Ci sono brani (il più celebre avente questa caratteristica è l’Inno alla Gioia della Nona di Beethoven) che non solo traggono giovamento da organici imponenti, ma ne hanno necessità sostanziale, vitale. È il caso dei Carmina Burana che, se da un lato sono stati tratti da canti popolari medievali, figli del contesto esecutivo del tempo, d’altro lato fanno riferimento alla riscrittura stilata nel 1935-36 dal compositore tedesco Carl Orff, che con la sua “cantata scenica” creò un capolavoro assoluto, di fama planetaria.
La genesi è nota: Orff selezionò 24 canti del XI e XII sec. tatti dal Codex Latinus Monacensis 4660, dell’abbazia di Benediktbeuren (in latino Bura Sancti Benedicti, da cui il nome). I movimenti vengono solitamente proposti all’ascolto suddivisi in 5 sezioni. Orff fu all’epoca criticato per il suo scarso lavoro sulla polifonia, in quanto scelse di conservare la semplicità della struttura armonica, tuttavia è un dato di fatto che egli avesse previsto un organico a dir poco mastodontico. Lo stesso musicista, consapevole delle difficoltà organizzative e dei costi, ne autorizzò e approvò una versione ridotta, per rendere la sua composizione più facilmente “circuitabile”, come diremmo oggi. Ridotta per modo di dire, perché comprende, ad esempio, due pianoforti e sei percussioni, oltre a due formazioni corali, una delle quali di voci bianche.
A Mantova abbiamo assistito a una riduzione della riduzione. La versione di Anders Högstedt ha presentato il pregio d’aver mantenuta inalterata la struttura di Orff, ma è innegabile che l’orecchio abbia colto i tagli di organico, pur formato da un centinaio di elementi in totale, di grande valore ma pochi, per i Carmina Burana.
Se l’Orchestra de I Pomeriggi Musicali ha onorevolmente sopperito a talune ristrettezze di organico intervenendo con incisività sulle dinamiche, incolpevoli ridimensionamenti in termini di volumi e pienezza di suono sono emersi nel Coro As.Li.Co. formato da cantanti di primissimo livello, la cui prestazione è stata ineccepibile. Parimenti, le voci bianche del Teatro Sociale di Como erano sete in tutto: un numero talmente esiguo da non potersi definire Coro, pur essendo i piccoli artisti di già evidente valore, d’intonazione accurata e di spiccata musicalità. Di entrambe le formazioni si è apprezzato l’ottimo grado di preparazione, affinata sotto la guida di Massimo Fiocchi Malaspina.
In tale situazione petit si è abilmente destreggiato il direttore Riccardo Bianchi, con gesto ampio proteso a dare il massimo risalto possibile alle varie sezioni strumentali e ai diversi registri vocali. Il direttore si è focalizzato sulle scelte dinamiche, senza trascurare le agogiche, privilegiando una lettura che ha posto in risalto l’architettura di Orff nel suo complesso, e ha mantenuto la promessa di unire le sonorità medievali alla modernità del ritmo, quest’ultima soprattutto emersa nettamente nella sua direzione. Bianchi, con tempi generalmente larghi, ha puntato a dare unitarietà e solidità all’insieme, che, ricordiamo, è formato da canti morali o anticlericali, da pagine dedicate alla purezza della donna, all’amore e alla bellezza rasserenante della primavera, fino alle colorite lodi a Bacco e al gioco. Una pletora di argomenti diversi accomunati dallo spirito goliardico, da un’anima ribelle e trasgressiva attinta al paganesimo, dal linguaggio franco e schietto che va dal latino al franco-tedesco, al provenzale, fino a testi maccheronici. Il tutto, preceduto e concluso con l’iconico inno alla “Fortuna imperatrix mundi”, entrato nell’immaginario collettivo dell’orbe terracqueo, e al quale il direttoreha conferito la massima corposità possibile.
Tre, erano le voci soliste. Il tenore Giacomo Leone ha affrontato con scioltezza e padronanza tecnica una tessitura a dir poco impervia, che Orff ha voluto quasi tutta in falsetto, tanto che oggigiorno viene solitamente affidata a un controtenore o a un sopranista. Il soprano Erika Tanaka, dalla voce morbida e ben impostata, ha brillato per il timbro aggraziato. Il baritono Guido Dazzini, a fronte di mezzi vocali notevoli, ha guarnito la sua linea interpretativa con enfasi, parzialmente giustificabile nel movimento riferito alla taverna e al bere.
A conclusione è sorta spontanea la domanda sul perché di tale operazione. Il catalogo musicale non offre che l’imbarazzo della scelta, quindi perché proprio l’elefantiaco Orff, in versione mignon? La risposta è venuta dal pubblico, dall’entusiasmo con cui ha affollato una sala notoriamente ostica da riempire, e dal gradimento esternato al termine. E anche durante, visto che l’esecuzione è stata interrotta nel mezzo da uno scroscio incontenibile di applausi, replicati a ogni ingresso in scena dei cantanti come apprezzamento preventivo. Ciò è stato sintomo di spettatori prevalentemente non esperti: proprio in questo ha consistito il merito della proposta, riuscita a espandere la cerchia dei fruitori, accostando al meraviglioso mondo della musica palati esigenti e anche nuovi pubblici. A tale intento pienamente realizzato, oltre che alla qualità, va il nostro maggiore applauso.
Recensione di Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova il 4 ottobre 2023
Foto: Francesco Consolini