Mantova, Tempo d’Orchestra: recital del soprano belcantista, accompagnata da Philippe Cassard al pianoforte.
Oficina OCM costella raramente la sua stagione invernale con recital vocali e quando lo fa si tratta sempre di serate memorabili, affidate a interpreti di primissimo piano. Per certo non dimenticheremo la classe straordinaria di Natalie Dessay, stella del belcanto dalla carriera internazionale, acclamata nei maggiori templi della lirica purtroppo più frequentemente all’estero che non in Italia. Dopo aver esordito come soprano leggero di coloratura, la cantante e attrice francese ha poi progressivamente esteso il suo repertorio fino ad affrontare anche ruoli drammatici.
Ha chiuso con il contesto operistico pochi anni or sono per dedicarsi in via esclusiva ai recital, e il tour iniziato la scorsa primavera è stato annunciato come quello d’addio, con pochissime centellinate date italiane, tra cui quella a Mantova nella stagione Tempo d’Orchestra. Solo i più grandi tra i grandi sanno ritirarsi quando la voce è ancora perfetta. E quella di Dessay lo è, a dispetto non tanto degli anni anagrafici che non sono poi molti, quanto dei gravi problemi alle corde vocali che l’hanno afflitta. La voce è ancora incredibilmente fresca e rilucente, aggraziata e salda, senza traccia di fastidiosi vibrati, e maggiormente consapevole dal punto di vista interpretativo.
Ad accompagnarla al pianoforte Philippe Cassard, un valente concertista che avrebbe meritato maggiore spazio solistico, qui limitato al breve inserto della Romanza op. 21 di Clara Schumann. Con lui, il soprano vanta un lungo affiatamento artistico, sfociato in una tangibile condivisione d’intenti.
Il programma, non a caso racchiuso sotto al titolo “Paroles de femmes”, è esordito con una serie di lieder scritti da compositrici donne: Fanny Hensel Mendelssohn (sorella di Felix e sposata al pittore Wilhelm), Clara Wieck Schumann (moglie di Robert), Alma Schindler Mahler (moglie di Gustav). Corre l’obbligo di aprire una parentesi: noi per prime siamo stupite dall’aver sentito il bisogno di scrivere siffatte specifiche, per abitudine. Oggigiorno le donne artiste godono di particolare risalto in ogni campo, soprattutto in quello delle mostre: non se ne inaugura una senza che venga evidenziata la presenza femminile. Tuttavia si ricade sempre (la scrivente per prima) nell’errore di sottolineare il rapporto di sudditanza con “uomini tutor”. Figure, è vero, un tempo indispensabili per superare le barriere imposte dalla società ma che oggi ci lasciano un debito di menzione anacronistico, tuttavia difficile da sradicare. Per fortuna l’arte è bastevole a parlare di se stessa: i lieder eseguiti al Teatro Bibiena, gremito per l’occasione, sono testimonianza di importanti produzioni musicali al femminile che, anche se non raggiungono vette compositive stratosferiche, sono indiscutibilmente di alto valore qualitativo.
Nella selezione eseguita a Mantova, i tre lieder di Fanny Mendelssohn, di cui uno su testo di Goethe, sono accomunati dalla soavità della musica declinata in temi spazianti dalla natura con le sue luci crepuscolari o le suggestioni lunari, al vento che porta messaggi amorosi giunti da lontano, fino alla malinconia che pervade l’animo alla fine di un amore. Parlano sempre d’amore, ma questa volta incrollabile ed eterno nonostante le avversità, i cinque lieder di Clara Schumann, mentre nei tre di Alma Mahler torna il rapporto dell’uomo con la natura, fra atmosfere notturne e oscure.
Natalie Dessay, in questa prima parte di concerto, ha giostrato la voce su fremiti e sussurri, sulla fluidità dell’emissione ben proiettata, sui legati ampi e morbidi. Frutti di un palpabile lavoro che si è esteso al testo, alla parola indagata sia nel suo suono sia nel suo significato. Una interpretazione vivida in cui la narrazione si è arricchita, nel canto, di tutte le emozioni sottintese dalla musica.
Dopo il primo tempo in tedesco, la sensibilità espressiva del soprano è esplosa nella seconda parte interamente in francese, esordita con due brani di Chausson e Poulenc a far da “passaggio” verso alcuni stralci dalle produzioni operistiche di Debussy (da Pelléas et Mélisande), Massenet (da Le Cid), Gounod (da Faust).
Al di là di alcuni tecnicismi strabilianti, come la corona di una nota (ne La Dame de Monte Carlo di Poulenc) tenuta tra il brusio del pubblico per un tempo più che infinito, apparentemente impossibile, Dessay ha stupito per la capacità di trasformismo della voce, sempre ben timbrata ma fattasi in questo repertorio più corposa, più piena nei volumi, mantenendo sempre la delicatezza come filo conduttore. Il pubblico si è quindi potuto deliziare della leggerezza con cui il soprano ha spiccato il volo verso le note acute (testimonianza viva dei vertiginosi sovracuti di un tempo), della ricchezza varietà e preziosità dei colori, notturni o luminosi, malinconici o gioiosi, esternazione di sentimenti e stati d’animo, infine di una classe interpretativa che ha proiettato nell’ambito dell’estetica la linea stilistica. Un vero incanto.
Recensione di Maria Luisa Abate
Visto a Mantova, Tempo d’Orchestra, Teatro Bibiena 24 ottobre 2023
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes