Al MAO – Museo d’Arte Orientale, residenze d’artista e nuove installazioni site-specific di Marzia Migliora, Lee Mingwei, Kengo Kuma, Francesco Simeti.
Sotto la direzione di Davide Quadrio, il MAO ha inaugurato dal 2022 un programma di residenze d’artista e commissioni site-specific che individua nell’arte contemporanea il mezzo per favorire la nascita di nuove interpretazioni e narrazioni plurali, oltre che il motore di valorizzazione del patrimonio museale, in un dialogo virtuoso capace di generare connessioni inattese.
In occasione di Artissima 2023 (vedi notizia DeArtes qui), il MAO ha presentare al pubblico quattro nuove prestigiose commissioni frutto di questo progetto pluriennale: Il rituale del serpente di Marzia Migliora, Le son de la pierre di Lee Mingwei (entrambi in residenza al Museo per il biennio 2022-2023), Flying kodama di Kengo Kuma e Gigli, cinghiali, qualche carpa e poi conigli, galline e asini in gran quantità di Francesco Simeti, in residenza al MAO a partire da ottobre 2023.
Tutte le opere sono visibili dal 4 novembre 2023 fino al 2 giugno 2024 acquistando il biglietto di ingresso alle collezioni permanenti.
APPROFONDIMENTO: I PROGETTI
IL RITUALE DEL SERPENTE | MARZIA MIGLIORA
In occasione del progetto di residenza #MAOTempoPresente l’artista Marzia Migliora (Alessandria, Italia, 1972) ha lavorato al MAO per alcuni mesi fra il 2022 e il 2023, confrontandosi con le opere custodite nei deposti, assimilando oggetti, stilemi, immagini della collezione museali e trasformandoli in un composito alfabeto utilizzato per comporre Il rituale del serpente.
L’opera trae il titolo dall’omonimo libro dello storico dell’arte tedesco Aby Warburg (1866-1929) che descrive i cerimoniali degli indiani Pueblo, osservati nel corso del viaggio nel sud-ovest degli Stati Uniti del 1895-96.
Procedendo secondo il metodo warburghiano, strumento pionieristico di connessione della storia dell’arte con altre discipline storico-scientifiche, Migliora seleziona e analizza le opere delle collezioni avvicinandole al suo gesto creativo, che si genera per assonanze e intuizioni legate a contesti antropologici e di natura sociale anche molto distanti fra loro.
Gli arazzi dal titolo Il Rituale del serpente (2023), che impegnano parzialmente lo scalone monumentale d’ingresso del MAO, hanno origine da un grande rotolo di carta disegnato con tecnica mista – collage, frottage e disegno – realizzato dall’artista partendo da alcuni oggetti rituali e sculture della collezione, invisibili al pubblico perché attualmente non esposti nel percorso di visita del MAO.
In questo grande disegno i soggetti di diversa natura, epoca e cultura (opere della collezione, riferimenti alla storia umana post industriale, alla natura e alla simbologia dei naga /serpenti) si incrociano e interferiscono tra di loro creando una narrazione per immagini in cui ogni elemento possa convivere con gli altri in un unico ambiente parossistico e astorico.
Partendo dal disegno originale Migliora ha elaborato con Giovanni Bonotto (A Collection) cinque arazzi, via metaforica alla tessitura del tempo e della storia, appesa davanti ai nostri occhi come sudario di una realtà antropica contemporanea e sofferente. Il tema della produzione tessile e le conseguenze sociali che tale processo ha provocato costituiscono la base tematica del lavoro.
L’opera traccia un ponte simbolico e percorribile da diverse direzioni tra le collezioni conservate al Museo d’Arte Orientale di Torino e il tempo contemporaneo, nel tentativo di portare all’interno del Museo un’opera che, metaforicamente, unisca spazio-tempo e trama e ordito in un crescendo emotivo, storico ed esperienziale.
L’opera su carta dal titolo Paradossi dell’abbondanza #54, Il Rituale del serpente sarà esposta in anteprima nella mostra Green Snake: women-centred ecologies a cura di Kathryn Weir e Xue Tan (19 dicembre 2023 – 1 aprile 2024) al Tai Kwun Contemporary, Hong Kong, in dialogo con la prima installazione tessile al MAO a novembre 2023.
FLYING KODAMA | KENGO KUMA
Flying Kodama è la nuova installazione pensata da Kengo Kuma per l’ingresso del MAO. Una sorta di sfera di 120 cm di diametro, composta da tessere di frassino massello chiaro che si incastrano fra loro e mettono il legno e la sua effimera geometria in contrasto con la fisicità della volta storica del museo.
Kodama, che in lingua giapponese significa “lo spirito dell’albero” o “spirito della foresta”, è il frutto di una ricerca plastico/strutturale su cui Kuma lavora da alcuni anni. Il progetto inizia nel 2018 ad Arte Sella e porta alla produzione di un’opera del diametro di quasi 6 metri, che inserisce geometria e porosità nel bosco di Casa Strobele; prosegue poi nel 2019 a Taiwan con un’opera gemella, collocata questa volta in un contesto urbano; nel 2023, in occasione della Biennale di Architettura, viene invece esposta a Palazzo Franchetti a Venezia una versione in scala ridotta 1:5, dove un modello di Kodama in rovere è esibito come una vera e propria scultura.
Per il MAO Kuma ha concepito un pezzo che deriva dalle stesse riflessioni, ma conduce a un esito differente: per la prima volta l’architetto giapponese presenta una sfera completa, destinata a essere appesa e fluttuante, definita da un unico elemento in legno massello che si ripete in continui incastri, come in un giocattolo-rompicapo giapponese.
Grazie a una serie di strisce led invisibili che la illuminano dall’interno, Flying kodama disegna un gioco di luci e penombre, dando vita a uno spazio misterioso e onirico che trova numerosi rimandi nella cultura giapponese, in particolare nel saggio Libro d’Ombra di Junichiro Tanizaki.
Se in Occidente i principi filosofici cardinali sono da sempre terra, aria, acqua e fuoco, in Asia – e in particolare in Giappone e nel pensiero Zen – vi è un quinto elemento, fondamentale: il Vuoto. In Flying kodama Kuma amplifica questo vuoto secondo tre livelli diversi e concomitanti: la concavità interna, la convessità esterna e lo spazio ineffabile che sta nel mezzo, ovvero la porosità. Proprio in questa porosità penetra la luce, come un’illuminazione che per il buddismo è Bodhi, risveglio, saggezza e libertà.
La luce si libera dall’interno verso l’esterno ed esalta Kodama, il cui kanji è composto da Ko (albero) e Dama, che ha il duplice significato di anima ed eco. Con Flying kodama Kuma ha quindi creato una “Eco di luce”, un’illuminazione buddhista che si genera dal cuore ligneo, si spande nell’androne storico e guida il visitatore, con i suoi raggi, verso le sale espositive.
Flying kodama è prodotta per il museo dal laboratorio D3Wood di Lecco, grazie al supporto economico e tecnologico dell’azienda SCM Group (fornitrice delle macchine per la realizzazione dell’opera) e alla collaborazione scientifica del Professor Marco Imperadori, docente al Politecnico di Milano e Responsabile scientifico Arte Sella Architettura.
LE SON DE LA PIERRE | LEE MINGWEI
L’artista Lee Mingwei (Taichung, Taiwan, 1964) torna al MAO dopo l’esperienza di Sonic blossom e presenta l’opera Le son de la pierre.
L’installazione utilizza un disco di ceramica, un sasso e un supporto di granito come metafore dell’inerzia umana e del potenziale di cambiamento. L’atto di rompere e successivamente riparare il disco usando la tecnica giapponese del Kintsugi funziona sia come gesto fisico che metaforico, sottolineando il potere trasformativo dell’imperfezione e della resilienza.
«Ho immaginato un progetto che potesse prendere forma attraverso l’uso di un disco di ceramica, una pietra e un supporto di granito. Questi oggetti, semplici ma simbolici, sarebbero stati usati per creare un’esperienza potente e trasformativa. Il disco di ceramica rappresenta l’immobilità della nostra vita. La piccola pietra rappresenta il potenziale di cambiamento. Quando ci si rende conto che la propria vita è in stallo, è il momento di agire. Con una mano vigorosa, il disco di ceramica viene rotto in una miriade di pezzi, liberando le emozioni stagnanti. Questo punto di rottura è un momento di lucidità, un’occasione per liberarsi dal bozzolo dell’austerità che ci ha trattenuto».
Come una presenza ermetica, eloquente nel suo silenzio, Le son de la pierre contiene il suono immaginifico della frattura e della sua successiva sutura.
GIGLI, CINGHIALI, QUALCHE CARPA E POI CONIGLI, GALLINE E ASINI IN GRAN QUANTITÀ | FRANCESCO SIMETI
L’artista Francesco Simeti (Palermo, 1968) presenta Gigli, cinghiali, qualche carpa e poi conigli, galline e asini in gran quantità, un wallpaper destinato alla zona di accoglienza del museo, checostituisce la prima tappa di un progetto che si svilupperà al MAO nel biennio di residenza2023/24.
Con questo intervento il MAO crea un ponte con un’importante realtà sociale sita nel cuore del centro storico, a pochi passi dalla propria sede. L’opera è infatti frutto di un prestito che ne ha consentito la riformulazione al MAO, e nasce per Casa Giglio, dov’è tuttora allestita in forma permanente, su commissione di Giglio Onlus, associazione che dal 2002 offre ospitalità gratuita alle famiglie prive di mezzi con bambini ricoverati all’ospedale Regina Margherita, affinché possano rimanere accanto ai figli durante la degenza.
Grazie al programma di produzione artistica Nuovi Committenti, a cura di a.titolo, l’associazione ha commissionato una nuova opera a Francesco Simeti in occasione dell’apertura nel 2019 di Casa Giglio, nuovo spazio solidale allestito all’ultimo piano del cinquecentesco Seminario Metropolitano per accogliere undici famiglie. All’artista è stato chiesto un progetto che potesse qualificare l’ingresso della propria sede, come un messaggio di benvenuto rivolto alle famiglie invitate a convivere nei suoi spazi e, al contempo, espressione di un’offerta di attività culturali e ricreative aperta a tutta la comunità urbana.
Il titolo Gigli, cinghiali, qualche carpa e poi conigli, galline e asini in gran quantità suona come una filastrocca rivolta agli ospiti più piccoli di Casa Giglio, per i quali l’opera è stata concepita, una sorta di scenario fantastico nel quale immergersi.
Basato su una ricerca d’archivio e un esercizio di ars combinatoria, quest’opera fa incontrare tradizioni iconografiche di culture ed epoche diverse, specie vegetali e animali appartenenti a geografie distanti tra loro.
L’opera viene ripresentata al MAO per essere collocata nello spazio che segna la cesura fra il dentro e il fuori, fra la dimensione urbana e quella protetta delle gallerie, per offrire un benvenuto ai visitatori e introdurli all’esperienza del museo.
C.S.m.
Ufficio Stampa, 30 ottobre 2023
DECLINAZIONI CONTEMPORANEE
RESIDENZE D’ARTISTA E NUOVE INSTALLAZIONI SITE-SPECIFIC
4 novembre 2023 – 2 giugno 2024
MAO Museo d’Arte Orientale
Via San Domenico 11, Torino
www.maotorino.it