Alla Galleria Naz. d’Arte Moderna e Contemporanea, una grande mostra omaggia lo scrittore inglese creatore de Lo Hobbit e ispiratore del ‘Signore degli Anelli’.  

“In un buco nel terreno viveva uno Hobbit”. Con queste parole l’autore ha dato inizio alla bellissima avventura di Bilbo Baggins e acceso una fervida scintilla in generazioni di lettori, svelando la Terra di Mezzo e i suoi abitanti: Hobbit ed Elfi, Nani e Uomini. Gli stessi che non hanno mai smesso di accompagnarci in quella storia che è diventata leggenda e si è poi trasformata in mito.

La celebre epopea della Terra di Mezzo ha plasmato una nuova mitologia per il mondo contemporaneo e lo ha reso uno degli autori più letti del pianeta. A cinquant’anni dalla scomparsa dell’Autore e dalla prima edizione italiana de Lo Hobbit, Roma ospita, dal 16 novembre all’11 febbraio 2024 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, la grande mostra dedicata a John Ronald Reuel Tolkien (1892 – 1973).

“Tolkien. Uomo, professore, autore” ne racconta il percorso umano, il lavoro accademico, la potenza narrativa, la forza poetica: un viaggio senza eguali che permette di comprendere quanto la sua vita e la straordinaria conoscenza del mondo antico siano alla base del suo processo creativo.

Grazie al MiC, la mostra è visibile senza alcun costo aggiuntivo, compresa nel biglietto d’ingresso alla GNAM.

[Conferenza Stampa (c) MiC]

LA MOSTRA
E’ la prima esposizione di queste dimensioni mai dedicata in Italia allo scrittore. Rispetto alle grandi mostre allestite a Oxford (2018), Parigi (2020) e Milwaukee (2022), che hanno esaltato particolari aspetti delle opere letterarie, quella di Roma pone Tolkien al centro di tutto. Per la prima volta viene raccontato l’uomo, padre e amico; l’accademico, autore di studi e pubblicazioni ancora oggi fondamentali nello studio della letteratura in antico e medio inglese. C’è anche spazio per tutto ciò che ha ispirato nell’arte, nella musica e nel mondo dei fumetti.

Il percorso espositivo si snoda tra manoscritti autografi, lettere, memorabilia, fotografie e opere d’arte ispirate alle visioni letterarie di un autore unico e poliedrico. Uomo del suo tempo, romanziere, linguista e filologo, il Professore di Oxford viene raccontato nella sua complessità artistica e umana.

Particolare rilevanza viene data al suo rapporto con l’Italia: «Sono innamorato dell’italiano, e mi sento alquanto sperduto senza la possibilità di provare a parlarlo», si legge in una sua lettera. Nella rassegna non mancano le testimonianze del viaggio a Venezia e Assisi nel 1955, così come i tanti contatti, diretti e indiretti, con studiosi e intellettuali del nostro Paese.

Spazio anche agli adattamenti cinematografici vecchi e nuovi, dal film d’animazione di Ralph Bakshi alla trilogia de Il Signore degli Anelli del regista Peter Jackson, capace di rappresentare sul grande schermo una delle saghe più ambiziose e popolari della letteratura mondiale conquistando 17 premi Oscar.

Ideata e promossa dal Ministero della Cultura con la collaborazione dell’Università di Oxford, è realizzata daC.O.R. Creare Organizzare Realizzare con la curatela di Oronzo Cilli e la co-curatela e l’organizzazione di Alessandro Nicosia.

[John Ronald Reuel Tolkien. Museum Bodleian Library, Oxford. Alamy Stock Photo]

“Tolkien. Uomo, professore, autore” è la più importante retrospettiva del suo genere in Italia per spettacolarità, dimensioni, materiali inediti esposti e autorevolezza delle istituzioni internazionali coinvolte: l’Archivio Apostolico Vaticano, la Bibliothèque Alpha dell’Università di Liegi, l’Università di Reading, l’Oratorio di San Filippo Neri di Birmingham, il Venerabile Collegio Inglese di Roma, la Tolkien Society, la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce, la Biblioteca civica di Biella, le case editrici Astrolabio-Ubaldini e Bompiani, il Greisinger Museum di Jenins e la Warner Bros Discovery.

Il catalogo che accompagna la mostra si avvale dei contributi di Adriano Monti Buzzetti Colella, Giuseppe Pezzini, Emma Giammattei, Francesco Nepitello, Chiara Bertoglio, Gianluca Comastri, padre Guglielmo Spirito, Fabio Celoni, Davide Martini, Roberta Tosi, Salvatore Santangelo, Stefano Giuliano, Claudio Mattia Serafin, Gianfranco de Turris, Paolo Paron e Domenico Dimichino.

NAPOLI: PRIMA TAPPA DOPO ROMA
La Capitale è la prima tappa di un percorso che proseguirà nel 2024 in altre città italiane.
La prima tappa dell’itinerario nazionale sarà a Napoli, nella prestigiosa sede di Palazzo Reale, nei nuovi spazi espositivi delle Sale Belvedere, dove l’inaugurazione è prevista il 15 marzo 2024 per rimanere aperta fino al 30 giugno 2024.

M.C.S.
Ufficio Stampa 8 novembre 2023

TOLKIEN. UOMO, PROFESSORE, AUTORE
16 novembre 2023 – 11 febbraio 2024
(mostra compresa nel biglietto di ingresso alla GNAM)

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Viale delle Belle Arti, 131, 00197 Roma
Info T +39 06 322 98 1
e-mail: gan-amc@cultura.gov.it
Biglietteria T +39 06 322 98 225
https://lagallerianazionale.com

YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=WrIYe_xKXaU&ab_channel=MiC_Italia

[Conferenza stampa (c) MiC]

APPROFONDIMENTO:
LA NOTA INTEGRALE DEL MINISTRO DELLA CULTURA GENNARO SANGIULIANO

Un po’ come avviene nell’ampliarsi dei cerchi concentrici sulla superficie dell’acqua colpita da un sasso, il tempo che via via ci allontana dalla parabola terrena di John Ronald Reuel Tolkien, dilata progressivamente anche la portata del suo lascito alla cultura contemporanea, divenuto ormai così interdisciplinare da travalicare ampiamente i limiti della letteratura strictu sensu.

La mostra “Tolkien. Uomo, professore, autore”, fortemente voluta dal Ministero della Cultura, è la prima del suo genere in Italia per dimensioni e autorevolezza delle istituzioni internazionali coinvolte. Nella narrazione visiva e testuale offerta al visitatore, essa si propone di illustrare le diverse anime di questa straordinaria e poliedrica figura di accademico, uomo di lettere, romanziere, linguista, filologo e mitopoieta. La sua ricchezza culturale e umana viene accuratamente ricostruita in un inedito itinerario espositivo che si snoda tra manoscritti autografi, immagini rare, memorabilia e opere d’arte ispirate alle sue visioni letterarie; un risultato reso possibile dalla prestigiosa collaborazione con l’Università di Oxford, alma mater dello scrittore.

Il riferimento nel titolo della rassegna alle tre principali direttrici del “fenomeno” Tolkien, da tempo divenuto crossmediale e addirittura di costume, ci fa implicitamente capire che le ragioni del suo ascendente su almeno cinque generazioni di lettori d’ogni latitudine risiedono anche nella variegata natura delle fascinazioni generate dal suo immaginario sulla platea, sempre più estesa, dei suoi estimatori.

Tra i punti di forza c’è anzitutto l’intrinseca vitalità del racconto e dell’intero Mondo Secondario partorito dalla fantasia dell’Autore, i cui rivolgimenti ora luminosi e ora oscuri vengono mirabilmente descritti e narrati con la forza evocativa di un aedo moderno; ma c’è anche l’acume introspettivo del Professore, il Tolkien pensatore e saggista che in un originalissimo orizzonte insieme teologico e teleologico diede dignità alla fiaba e alla letteratura fantastica quali forme di “sub-creazione” – termine coniato da lui – nel solco fondativo della Legge divina. Infine, c’è l’Uomo, cioè il personaggio e il suo itinerario biografico, entrambi sostanzialmente privi di elementi avventurosi o intriganti e tuttavia capaci, nella loro apparente ordinarietà borghese, di ispirare e coinvolgere.

Dall’unione di queste diverse fisionomie tolkieniane origina una notorietà di dimensioni mondiali, che a ben vedere si fonda su ingredienti all’apparenza casuali e un po’ bizzarri: un tranquillo e riservato docente di letteratura presso la più austera e prestigiosa università inglese si realizza scrivendo in età contemporanea e per la propria intima soddisfazione una saga epica di millecinquecento pagine (senza contare gli altri innumerevoli testi a essa connessi) e mediante ciò riesce a offrire una mitologia nuova non solo alla sua natia Inghilterra – come era sua esplicita intenzione, visto che ne era priva – ma al mondo intero.

E ciò si spiega con la sua teoria di base che spesso si dimentica, o si vuol dimenticare: la sua non era una “fuga del disertore”, come già allora certi intellettuali accusavano, bensì la legittima “evasione del prigioniero” dal carcere di una Realtà che lo segregava e opprimeva. Il che spiega molto, se non tutto.

Insieme l’Uomo, il Professore e l’Autore, a dimostrazione del profondo potere simbolico ma anche dell’intrinseca “vita” del suo mondo letterario, hanno seminato ispirazioni feconde in campi che spaziano dalla cinematografia alle arti visive, dall’industria dell’intrattenimento alla saggistica, dalla riflessione filosofica al fiorente mercato degli accessori commerciali.

Come si è detto – e con l’eccezione della terribile esperienza del soldato Tolkien nelle fangose trincee della Somme, durante la più sanguinosa battaglia della Grande Guerra – quella del mite accademico di Oxford fu una vita senza scosse, definita da pochi e semplici riferimenti: gli affetti familiari e le amicizie, la fede, gli studi e naturalmente la feconda interiorità profusa nella lenta ed elaborata edificazione del suouniverso meta-reale. Nulla di conturbante o bohémien avvicinò neppure lontanamente quella sua ordinata e tranquilla esistenza di uomo di cultura, medievista e filologo con il “vizio segreto” di inventare dapprima lingue e in seguito geografie e culture dove collocarle (se ci sono delle lingue, si chiese pressappoco, ci sarà anche chi le parlerà e dove), alle sregolatezze e trasgressioni pubbliche e private di tanti personaggi odierni che pure riempiono le platee e gli stadi con decine di migliaia di fan scatenati; e tuttavia come e forse più durevolmente di tanti di loro, Tolkien e la sua opera sono oggi a buon diritto icone del nostro tempo, i suoi libri tra i più letti in assoluto dopo la Bibbia e tradotti nelle principali lingue del pianeta.

Ciò probabilmente anche perché, al di là del pur stratosferico successo editoriale, le saghe e il legendarium del “Professore che amava i draghi” – secondo una felice definizione di qualche decennio fa – hanno avuto il pregio incontestabile di rinnovellare quasi per gemmazione dal fusto dell’antica tradizione epica i suoi ideali archetipici eterni, restituendo allo spirito immemore della modernità il retaggio universale del Mito. Eredità atemporale, antica come l’uomo stesso, che dal Gilgamesh sumero agli immortali versi omerici, dal Beowulf sassone (che Tolkien amava particolarmente) fino al ciclo arturiano e alla chanson de geste carolingia, ha accompagnato gli aneliti e le aspirazioni più elevate di popoli e culture.

Molti di questi topoi ancestrali si ritrovano iscritti nell’ontologia stessa del mondo tolkieniano: la queste della Compagnia dell’Anello ricalca (con la differenza che non c’è un oggetto magico da ritrovare, ma uno di cui al contrario sbarazzarsi a ogni costo) quella delle saghe nordiche e dei cicli cavallereschi altomedievali, le migliori motivazioni dei protagonisti sono in gran parte sovrapponibili al sostrato etico dei romanzi cortesi. Inoltre con ogni evidenza quello dell’eroe e dei suoi comprimari è anche un cammino spirituale ed iniziatico, un alchemico solve et coagula che porta ognuno di loro a riconfigurarsi in un nuovo sé congruente con il proprio destino: il quieto e provinciale Frodo chiamato a sobbarcarsi il ruolo di salvatore di un mondo, il guerriero Aragorn a diventare sovrano portatore di pace e ritrovata unità, il mago Gandalf il Grigio a morire in battaglia e risorgere come Gandalf il Bianco in una trasmutazione esistenziale che ne accresce facoltà e consapevolezza.

Il tutto permeato, è necessario aggiungere, da valori personali ma anche collettivi che all’epoca e ancor più oggi in Occidente si sono dimenticati o addirittura si disconoscono: il senso della comunità e della natura, la tradizione, l’opposizione agli aspetti più controversi e disumanizzanti della modernità, il sacrificio di sé, il vincolo dell’amicizia, il coraggio, la dedizione, il senso dell’onore. Tratti tipici di tutti i personaggi positivi dell’opera tolkieniana. Fin qui i legami con le radici, cioè con il passato.

Guardando invece alle ultime propaggini dell’albero, ovvero alla società contemporanea e ai suoi mutamenti, si può dire che la testimonianza controcorrente del Professore di Oxford sia giunta al momento giusto per rimettere in qualche modo la barra a dritta, riaffermando il valore spirituale e salvifico della fantasia, della creatività e più in generale delle migliori qualità umane in un’epoca la cui Weltanschauung, sembrava averle declassate al rango di orpello desueto, addirittura da dimenticare.

Merito questo non solo di una prosa capace di rivitalizzare felicemente – e soprattutto in maniera credibile per il lettore moderno – gli accenti alti e solenni dell’epos delle saghe celtiche, scandinave o mediterranee, ma anche di quella sua inimitabile, suggestiva e coinvolgente “arte di sognare”: talento innato che sposandosi a una sensibilità culturale profonda ed eclettica riuscì a distillare dall’orizzonte delle suggestioni folklorico-leggendarie preesistenti una realtà letteraria “altra”, originale e intrinsecamente coerente fin nei più minuti dettagli.

Anche in questo sta la distanza fra Tolkien e i suoi spesso inadeguati epigoni nel moderno genere fantasy, dove talora il fondale storico- culturale e ambientale diventa mero supporto per sostenere un qualche più o meno esile canovaccio di cappa e spada. Questo anche perché la struttura narrativa della Terra di Mezzo tolkieniana si è imposta – pur non essendo questa l’intenzione del suo creatore – come una specie di “canone” che si tende magari inconsciamente a ricalcare e dai cui è difficile svincolarsi proponendo ambienti, personaggi e trame totalmente inediti.

Più significativi ancora, però, sono i valori di perenne freschezza e attualità che percorrono, illuminandola, la sua saga. Tolkien, intellettuale innamorato delle fairy- stories ma anche testimone partecipe degli eventi della propria epoca, nemico dei totalitarismi, intimamente conservatore nella sensibilità seppur incline a guardare non tanto a “destra” e a “sinistra” quanto piuttosto “in alto”, era notoriamente avverso a letture semplicistiche, omologanti o addirittura “politiche” della sua creazione. Respinse infatti sempre con garbo al mittente non solo i tentativi della critica di ridurre la Terra di Mezzo a una grande allegoria dell’attuale geopolitica, ma anche quelli di operare sterili dissezioni filologiche della sua opera per rintracciarvi echi e influenze presuntive, invitando con una celebre metafora ad accontentarsi della zuppa offerta «e non desiderare di vedere le ossa del bue da cui è stata bollita».

Al netto di ciò è facile leggere in controluce nelle trame che intrecciano gli annali di Elfi, Uomini, Nani e Hobbit, esseri semidivini e creature dell’oscurità, una grande e composita lezione esistenziale. Non è infatti solo l’immanente dicotomia tra il faticoso e impervio sentiero del Bene e la parallela, seducente scorciatoia del Male che troviamo incastonata nel suo grande affresco di storia alternativa.

Le pagine tolkieniane parlano anche di scelta e responsabilità, di amicizia e di amore, dell’auctoritas giusta di un sovrano predestinato, Aragorn, in contrapposizione alla sfrenata volontà di potenza dell’Oscuro Signore, contro il quale l’altruismo e lo spirito di sacrificio del piccolo, fragile e indifeso antieroe Frodo Baggins potranno a conti fatti più di interi eserciti e convenzionali paladini dalle scintillanti armature. A ben vedere è proprio questa prospettiva a rendere Il Signore degli Anelli, come affermava lo stesso Tolkien, «un’opera religiosa e profondamente cattolica», seppure ambientata in un universo avulso dalla Rivelazione cristiana (anzi a ben vedere con molte contaminazioni “pagane”) e che l’autore ribadiva tetragono a «valenze allegoriche, morali, religiose o politiche».

Lungi, pertanto, dal potersi definire il terminale simbolico di un lungo (e noioso) sermone o parabola edificante a misura di romanzo, l’Anello che catalizza su di sé bramosie e bassezze dei suoi adepti di ogni ordine e grado, dall’infimo e strisciante Gollum al sovrumano Sauron, ma anche le parallele speranze dei virtuosi impegnati a distruggerlo diventa monito perenne sulle insidie un Potere corrotto e corruttore capace di schiavizzare e distruggere non solo gli altri, ma anche se stessi.

Rispettosi delle intenzioni del Professore, non tenteremo anche noi assonanze spericolate tra gli accadimenti descritti nelle cronache della Terra di Mezzo e i travagli della nostra realtà. Tuttavia, uno dei motivi del consenso trasversale e consolidato nei decenni di un’opera che un tempo venne bollata grossolanamente come “roba da bambini”, è forse anche questo: che dalle pagine de Il Signore degli Anelli e delle altre opere tolkieniane affiorano non solo indizi di alcuni grandi mali del nostro tempo, ma anche della loro possibile cura. In quelle pagine dallo stile aulico e apparentemente desueto, ambientate in terre remote della fantasia, noi e il nostro vivere ci rispecchiamo: anche in ciò sta il perenne valore di quella che fu definita, senza troppo sminuirla, «la fiaba più lunga del mondo».

Gennaro Sangiuliano
Ministro della Cultura