Mantova: tutto Beethoven con Alessandro Taverna al pianoforte e Diego Ceretta sul podio dell’Orchestra della Toscana.
Nel panorama concertistico attuale si riscontra una netta predilezione per programmi alla ricerca di brani desueti, di riscoperte, di abbinamenti arditi. Ben vengano, sia chiaro. Ma particolarmente apprezzabile, in quanto divenuta poco frequente, è l’esecuzione dei massimi capolavori della musica di tutti i tempi. Perché, diciamolo apertamente, se talune composizioni hanno avuto nei secoli più fortuna di altre, molto semplicemente è perché sono le più geniali e le più belle. Lapalissiano!
Ha costituito quindi un’occasione succulenta la proposta della stagione Tempo d’Orchestra di Oficina OCM, che ha portato al Teatro Sociale di Mantova due capisaldi iconici di Ludwig van Beethoven: il concerto n.5 “Imperatore” e la Sinfonia n.5. La serata nella città lombarda era sorella non gemella di quella ospitata la sera prima al Verdi di Firenze (dove è stata eseguita la Sinfonia n.3) ed entrambe hanno riscosso entusiastici consensi. Protagonisti, l’Orchestra della Toscana, formazione che da sempre annovera un notevole numero di musicisti giovani, guidata dall’altrettanto giovane Diego Ceretta che dalla scorsa primavera ne è diventato direttore principale. Al gran coda si è seduto Alessandro Taverna, tra i pianisti più quotati nel panorama internazionale odierno. Le premesse quindi c’erano tutte per un esito di successo.
Beethoven, è scontato dirlo, è stato un genio assoluto e un innovatore. L’“Imperatore” è il più monumentale dei suoi concerti ed è l’ultimo suo lavoro dedicato a orchestra e strumento solista. Racchiude pertanto in sé l’apice del pensiero beethoveniano riguardo al protagonismo dato allo strumento e al dialogo con la formazione orchestrale. Come hanno ricordato le note nel libretto di sala a firma di Arrigo Quattrocchi, il quinto Concerto è figlio anche dell’evoluzione tecnologica raggiunta dal pianoforte, le cui caratteristiche tecniche erano state affinate dalle case costruttrici e, oltre a offrire sonorità più vaste rispetto al passato, permettevano all’esecutore virtuosismi prima irrealizzabili. Uno strumento quindi sotto certi aspetti nuovo, che Beethoven ha saputo sfruttare al meglio per dare sfogo al proprio estro compositivo avveniristico, per l’epoca sperimentale.
Tocco fluido, delicato e leggerissimo a esaltare il lirismo beethoveniano, sia nei passaggi pacati sia nelle screziature drammatiche, Alessandro Taverna, sempre soffuso nei volumi, ha snocciolato note limpide e sgranate negli arpeggi, vertiginose scale, trilli argentini. Un virtuosismo di disarmante naturalezza, di apparente facilità nell’affrontare l’anima sublime che pervade la composizione, cesellando con eleganza ogni particolare e raggiungendo il vertice della propria espressività nella parte centrale del Concerto n.5, dai risvolti di sereno intimismo e dalla gamma coloristica sfumata con gusto e sensibilità. Stesse caratteristiche emerse nel bis, riservato a un preludio di Rachmaninov. E con l’occhio costantemente rivolto all’orchestra, al dialogo.
Analogamente Diego Ceretta, con gesto preciso, ha assecondato la sensibilità interpretativa del pianista con dinamiche attentamente tarate e precisione negli attacchi. Nella seconda parte dedicata alla Sinfonia n.5, il direttore ha abbinato la vivacità ritmica al gioco dinamico: incisivo l’attacco; di gaia cantabilità l’allegro con brio iniziale con i suoi sfoggi di variazioni; rasserenante l’andante con moto; lieve ma dai sottintesi appropriatamente cupi l’allegro; luminoso l’allegro-presto finale. Il direttore ha dato una lettura lucida del genio di Bonn, giostrata sui contrasti dinamici e sulla grande intesa raggiunta con l’Orchestra della Toscana, destreggiandosi ottimamente nell’affrontare con equilibrio e visione nitida questa partitura impegnativa e i suoi molteplici dettagli.
Recensione Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova – Tempo d’Orchestra, il 2 dicembre 2023
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes