Al MAO, novità nella mostra che ripercorre 2000 anni di cultura visiva e materiale tra Mediterraneo e Asia Orientale. Riallestita la galleria dei Paesi islamici dell’Asia.

Nuove letture della complessa e affascinante storia che da secoli si dipana lungo le vie della Seta. Il MAO – Museo d’Arte Orientale di Torino celebra i 700 anni dalla morte di Marco Polo con il riallestimento della mostra “Tradu/izioni d’Eurasia reloaded”. Fra le novità più rilevanti si segnalano numerosi prestiti prestigiosi dagli Uffizi, dalla Biblioteca Laurenziana di Firenze, dai Musei Civici di Bologna, dal Museo della Ceramica Duca di Martina di Napoli, e le opere site specific dell’artista franco-marocchina Yto Barrada.

[Tappeto a fiori (blossom) “Schürmann”. Regione del Karabagh, Caucaso sud-occidentale, 1600-1650. Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica, Genova]

Il MAO quindi, svela al pubblico il riallestimento della mostra (mostra ottobre 2023, con diversa galleria fotografica, vedi qui), aperto al pubblico dal 12 aprile al 1 settembre 2024, che racconta attraverso una rinnovata e puntuale selezione di ceramiche, tessuti, metalli e manoscritti, l’affascinante storia del viaggio dell’arte, della cultura, delle tradizioni, della lingua dall’Asia Orientale al bacino mediterraneo (e ritorno), a cura di Nicoletta Fazio, Veronica Prestini, Elisabetta Raffo e Laura Vigo.

Come Marco Polo, per migliaia di anni, lungo le vie carovaniere che univano Asia ed Europa, gli esseri umani si sono spostati. Insieme a loro hanno viaggiato idee, motivi, conoscenze, un intero patrimonio migrante – materiale e immateriale – che, in ogni luogo, ha saputo mettere radici attraverso un costante processo di adattamento.

Una Storia fatta di storie, di innesti, di contaminazioni e di tradimenti: è la nostra storia, una narrazione che accomuna angoli lontani del continente eurasiatico più di quanto siamo disposti a credere e che dimostra quanto il concetto di confine sia sempre stato un’idea illusoria e arbitraria.

Il racconto procede attraverso nuclei tematici precisi alternati ad ampie incursioni nel contemporaneo e uniti da una nuova versione di Distilled, installazione sonora site-specific di Chiara Lee e freddie Murphy che, da ottobre 2023, si è sviluppata e arricchita di nuovi elementi.

Parallelamente, viene proposto un public program di appuntamenti musicali e performativi, e un ciclo di conferenze e incontri di approfondimento. Il booklet con testi di approfondimento è distribuito gratuitamente in museo. Grazie alla convenzione con l’Istituto dei Sordi di Torino, i contenuti della mostra sono disponibili in LIS Lingua dei Segni italiana e in versione audio.
In mostra è presente anche una installazione olfattiva del profumiere Luca Maffei (Atelier Fragranze Milano).

APPROFONDIMENTI

[Giovanna Garzoni. Vaso con fiori1650-1655 ca. Tempera su pergamena. Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe]

LE NOVITÀ NELLA MOSTRA
Nel nuovo allestimento, che si apre con una installazione dello studio berlinese Zeitguised, esplode il tema del blu, spesso accostato al bianco: accanto ad alcuni preziosi vasi, piatti e ciotole dalla provenienza più diversa, dalla Cina a Delft, passando per l’Iran, (in prestito dal Museo delle Civiltà di Roma, dal Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza e dal Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina di Napoli), trovano spazio due capolavori della pittrice seicentesca Giovanna Garzoni (dalla collezione delle Gallerie degli Uffizi di Firenze).

I dipinti, due nature morte di potente vitalità, includono un vaso e una tazza cinesi dai caratteristici motivi bianchi e blu e costituiscono una testimonianza inequivocabile della fluidità con cui oggetti e temi iconografici hanno sempre circolato attraverso l’Eurasia, portati in dono o venduti lungo le numerose vie commerciali. Attraverso la pittura, Garzoni racconta dei legami esistenti fra l’Asia e l’Europa e della potente fascinazione per l’esotico che ha ammaliato le corti europee, in particolare la corte medicea di Firenze, sin dal Quattrocento.

[Piatto con grappoli d’uva Turchia, Iznik, circa 1530-35. Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica, Genova]

Al tema dell’uva e per estensione al vino è dedicata la sezione successiva: importantissimo per i Sogdiani, il vino era utilizzato non solo per libagioni e durante la celebrazione dei rituali zoroastriani, ma anche come merce di scambio. L’elemento decorativo del grappolo d’uva è presentato in mostra attraverso una selezione di ceramiche provenienti da Cina, Turchia e Iran – a testimonianza della sua diffusione – e attraverso uno straordinario obi giapponese del maestro Yamaguchi Genbei, un tessuto di quasi 5 metri di lunghezza dove ritorna il motivo beneaugurale dei grappoli.

Il cuore del reload è dedicato alle opere site specific dell’artista franco-marocchina Yto Barrada, ospite d’onore del progetto espositivo. Traendo ispirazione dal testo Color problems: a practical manual for the lay student of color di Emily Noyes Vanderpoel, per l’esposizione torinese Barrada ha prodotto una serie di otto tele di medie dimensioni che, con un approccio al contempo archivistico e poetico, affrontano la questione del colore e dei suoi significati nelle opere delle collezioni del MAO. Il lavoro è un omaggio alla figura di Emily Noyes Vanderpoel (1842-1939) studiosa, attivista, artista e mecenate nella New York di inizio Novecento, ma è soprattutto la narrazione di storie sotterranee e subalterne legate al tema della diaspora e della contaminazione culturale. Il progetto di Yto Barrada è realizzato in collaborazione con la Fondazione Merz, dove l’artista – vincitrice della quarta edizione del Mario Merz Prize – realizzerà una mostra personale nell’autunno 2024.

In dialogo, sono posti alcuni tessuti e ceramiche (in prestito dalla Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica). La nuova selezione in mostra propone raffinati esemplari di produzione ottomana decorati con il simbolo del cintamani, un antico motivo religioso di origine buddhista che, rielaborato e reinterpretato, finirà per diventare un simbolo di regalità, potere e buon auspicio soprattutto in Iran e Turchia e, più in generale, in ambito islamico.

A questi manufatti è accostato il prezioso manoscritto illustrato dell’XVI secolo Shanameh, Il libro dei re, opera del poeta persiano Ferdowsi (proveniente dalla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze): in alcune delle sue numerose e finissime illustrazioni si può osservare l’eroe persiano Rustam vestito con un manto decorato con motivo a cintamani. Grazie al contributo del MAO e dell’Istituto per l’Oriente Nallino di Roma, Il libro dei re è stato restaurato e digitalizzato, e sarà anche oggetto di una giornata di studi nel mese di giugno.

[Bottiglia. Iran, forni di Kashan, Dinastia Ilkhanite Fine XIII- Inizio XIV sec. Ceramica tipo ladjvardina.Museo delle Civiltà,Roma]

Il motivo delle squame trova spazio nella sezione successiva, dove è esposto vasellame in metallo e ceramica proveniente da India, Turchia, Iran, Cina e Italia (dai Musei Civici di Bologna e da alcune importanti collezioni private). Il tema iconografico delle squame, legato alla buona salute e alla ricchezza, è frutto di molteplici incontri culturali e artistici e può essere considerato emblema dei “mondi in connessione” a cui la mostra è dedicata: esso ritorna, tradotto e riadattato, nel simbolo del dragone e in quello della carpa, così come ritorna il tema della fiasca del pellegrino, con uno splendido esempio di maiolica di Pesaro del XV secolo.

Accanto alla sala dei metalli della Aron Collection è collocata una rinnovata selezione di sciamiti del VII e VIII secolo, drappi di seta anticamente utilizzati per paramenti e abiti lussuosi e caratterizzati da una decorazione con motivi ad animali – come leoni e tori inseriti in nicchie e uccelli entro rote perlate –  che riverbera in un dipinto giapponese del XVII secolo raffigurante un monaco Zen avvolto in un kesa, il classico manto buddhista, riccamente ornato, così come nel tessuto che riveste la sedia sulla quale è seduto.

La mostra si chiude con la poetica installazione immersiva Shimmering Mirage (Black), 2018, di Anila Quayyum Agha, che trasporta il pubblico in un altrove immaginario, e con la sala di consultazione affidata alla curatela di Reading Room, dove è collocata anche un’opera video dell’artista libanese Ali Cherri, The watchman (2023): una versione post moderna de Il deserto dei Tartari. Una riflessione potente sull’idea di confine e di morte, sull’intrinseca violenza della frontiera e sull’assurdità della retorica bellica.

LA STRAORDINARIA STORIA DI UN TAPPETO CAUCASICO DEL XVII SECOLO
Ultimo tassello dell’esposizione, l’installazione luminosa Mosadegh (2023) dell’artista iraniana Shadi Harouni, che invita alla riflessione su temi quali democrazia e speranza attraverso il racconto poetico e feroce della complessa storia dell’Iran moderno, in dialogo con uno dei 100 frammenti della copia di un tappeto caucasico prodotto per il Pergamon Museum di Berlino nell’ambito di “Culturalxcollabs – Weaving the future”, progetto di arte partecipativa che supera i confini museali per aprirsi alla collettività. Il progetto prende avvio dalla straordinaria storia di un tappeto a draghi caucasico del XVII secolo. Entrato nei musei berlinesi nel 1881; durante la Seconda Guerra Mondiale il tappeto è stato parzialmente distrutto da una bomba incendiaria, che ne ha risparmiato solo alcuni frammenti.

A partire da questi ultimi, nel 2004, è stato eseguito un articolato intervento di restauro che ha conferito al tappeto un aspetto di puzzle quasi grafico. Nel 2022, per Culturalxcollabs – Weaving the future, una copia del tappeto è stato realizzato a mano in India e successivamente tagliato in 100 frammenti uguali che hanno cominciato a girare per il mondo, creando un collegamento tangibile fra il museo, attualmente chiuso per restauri, e le persone, con l’intento di dare vita, alla conclusione del progetto prevista per il 2027, a una narrazione collettiva e condivisa.

Il frammento-copia è affiancato da due preziosi tappeti caucasici del XVII secolo: un tappeto di grandi dimensioni a motivi floreali e due frammenti di un tappeto con decorazione a draghi (dalla collezione Bruschettini). Le decorazioni, legate a simbologie tradizionali cinesi e di ambito persiano, richiamano i miti cosmologici della contrapposizione fra luce e oscurità, della fertilità e dell’origine della vita, e sono simbolo di potere e spiritualità.

[Frammento di tappeto a vasi “Kelekian”. Kerman, Persia meridionale, circa 1600–1635. Vello in lana su struttura in cotone, lana e seta. Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica, Genova]

IL RIALLESTIMENTO DELLA GALLERIA DEI PAESI ISLAMICI DELL’ASIA
E IL PROGETTO FLOWERS IN WOOL
È esposto uno straordinario gruppo di tappeti Kerman, una particolare produzione di tappeti di epoca safavide (1501-1722) detti “a vasi”: 12 preziosi frammenti (appartenenti alla Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica) e un raro esemplare di grandi dimensioni (dal MITA, il Museo Internazionale del Tappeto Antico di Brescia).

Provenienti dall’omonima città del sud dell’Iran, i Kerman identificano una categoria di tappeti persiani di particolare raffinatezza tecnica e di gusto innovativo, caratterizzati da un’ampia varietà di disegni, da una gamma cromatica particolarmente ricca e da una grande resistenza.

L’esposizione di questi tappeti rappresenta una nuova tappa del progetto Flowers in Wool, avviato a Genova nel 2022 con la mostra “I magnifici tappeti Sanguszko” (vedi qui), e anticipa una prossima grande mostra sui tappeti Kerman dalle collezioni italiane.





M.C.S.
Fonte: comunicato stampa del 21 marzo 2024
Immagine di copertina: Sciamito in seta a cinque trame, con tori e leoni
Asia centrale, VII sec. Civiltà Sogdiana, VII-VIII sec.
Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica

TRADU/IZIONI D’EURASIA RELOADED
FRONTIERE LIQUIDE E MONDI IN CONNESSIONE
DUEMILA ANNI DI CULTURA VISIVA E MATERIALE TRA MEDITERRANEO E ASIA ORIENTALE
12 aprile – 1 settembre 2024

MAO Museo d’Arte Orientale
Via San Domenico, 11, Torino
www.maotorino.it