A Ca’ Foscari Esposizioni e a Palazzo Pitti, l’arte dell’Uzbekistan. 100 opere (4 di Kandinskij) dell’8-900 dai Musei di Tashkent e di Nukus.
L’Avanguardia nel deserto: una storia mai raccontata. Viene presentata per la prima volta al pubblico italiano e del mondo occidentale una pagina straordinaria e ancora poco nota dell’arte della prima metà del XX sec.
La mostra “Uzbekistan. L’Avanguardia nel deserto. La forma e il simbolo” è un progetto unitario che si sviluppa su due sedi: Palazzo Pitti a Firenze dal 16 aprile al 30 giugno, negli spazi dell’Andito degli Angiolini, e Ca’ Foscari Esposizioni a Venezia dal 17 aprile al 29 settembre 2024, a ingresso libero. Gli spazi espositivi veneziani occupano il piano terra e il primo piano di Ca’ Giustinian dei Vescovi e fanno parte del complesso cafoscarino che si affaccia sul Canal Grande.
La mostra è promossa e sostenuta dalla Fondazione Uzbekistan Cultura ed è curata da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, direttori del Centro Studi sull’Arte Russa dell’Università Ca’ Foscari Venezia, coadiuvati da un prestigioso comitato scientifico internazionale.
A VENEZIA
L’esposizione mette insieme, in un arco cronologico dalla fine dell’Ottocento al 1945, circa 100 opere – soprattutto dipinti su tela e su carta, cui si aggiungono emblematici reperti della tradizione tessile uzbeka – provenienti dal Museo Nazionale di Tashkent e dal Museo Savitsky di Nukus, che la stampa internazionale indica da qualche anno, non impropriamente, come “il Louvre del deserto”. È la prima esposizione nella storia a stabilire delle precise relazioni tra le due più importanti raccolte d’arte del Novecento presenti in Uzbekistan.
AVANGUARDIA ORIENTALIS
Finora si era pensato alle opere e agli artisti anche più innovativi che lavorarono in Centro Asia nel terzo e quarto decennio del Novecento come a una declinazione periferica e marginale della grande svolta operata nelle capitali russe dal 1898 al 1922 da una straordinaria generazione di artisti (Fal’k, Kandinskij, Ekster, Lentulov, Rodčenko ecc.). Ciò che invece si può osservare è la genesi e il successivo sviluppo di una autentica scuola nazionale, di una “Avanguardia Orientalis” affascinante e unica.
Un risultato straordinario, che è stato possibile ottenere solo affiancando la raccolta del Museo Nazionale di Tashkent (dove già all’inizio degli anni ’20 erano presenti importanti capolavori dell’Avanguardia russa, tra cui 4 opere di Kandinskij) con quella di Nukus: da una parte l’anticipata ricezione di una matrice di grande modernità, che riprende e diffonde anche tutte le esperienze dell’Europa occidentale, dall’altra la sua trasformazione in un linguaggio totalmente originale, multietnico e interdisciplinare.
LA MOSTRA
La mostra presenta come sottotitolo “La forma e il simbolo”. Il primo termine rinvia all’influenza esercitata sulla pittura del Centro Asia dall’Avanguardia storica russa mediante le opere in parte inviate a Tashkent, in altra parte raccolte da Savickij a Nukus: una selezione di segni di straordinaria qualità, mai in precedenza inviati fuori dei confini dell’Uzbekistan, tra cui 4 opere di Kandinskij (due olii e due disegni su carta): Lentulov, Maškov, Popova, Rodčenko, Rozanova sono solo alcuni dei protagonisti di uno scenario, quello della nascita dell’astrattismo, da tempo riconosciuto come uno dei fondamenti dell’arte mondiale del Novecento.
Si aggiunge un’ampia selezione di opere dell’Avanguardia Orientalis. Sono l’esito di un dialogo culturale e artistico profondo: da una parte le secolari tradizioni delle sete sfavillanti e la raffinata palette delle decorazioni architettoniche che riprendono i colori del cielo e degli scenari naturali, l’incedere degli animali e i suoni di una lunga vicenda musicale; dall’altra l’esigenza non più rinviabile di un codice pittorico nuovo, mai in precedenza sperimentato nell’Oriente islamico.
Si tratta di un dialogo interculturale che mette insieme artisti uzbeki, kazaki, armeni, russi d’Oriente, siberiani, quasi tutti formatisi a Mosca e a Pietrogrado, ma tutti radicati in una terra che scoprono e in cui scelgono di vivere e lavorare. L’Avanguardia Orientalis è pertanto un’Avanguardia inclusiva, di confronto e collaborazioni, di incontri e di comuni ascendenze.
FOCUS SU IGOR’ SAVICKIJ
La rassegna di Ca’ Foscari è anche l’occasione per richiamare l’attenzione internazionale sulla figura e l’opera di Igor’ Vital’evič Savickij (Kiev, 1915 – Mosca, 1984).
La leggendaria figura di Savickij è la base del percorso, che ha tra i suoi obiettivi anche quello di far conoscere una personalità essenziale per preservare e tramandare molti aspetti, non solo dell’arte del XX sec., ma del complessivo Cultural Heritage dell’Uzbekistan. A lui si deve, nel bel mezzo del deserto nel Karakalpakstan, nella parte nord-occidentale dell’Uzbekistan, la costituzione di una delle più grandi collezioni di arte d’Avanguardia russa nel mondo, seconda in termini di quantità solo a quella del Museo Russo di San Pietroburgo, e pressoché unica testimonianza di uno dei più importanti movimenti artistici della storia russa del XX sec.
Archeologo di formazione, pittore per diletto e talento, collezionista per felice ossessione, dalla fine degli anni ’50 e fino agli anni ’70 del ‘900 Savickij ha raccolto a Nukus migliaia di reperti archeologici e manufatti di artigianato e arte popolare della regione, affiancandoli col tempo ad altre molte migliaia di dipinti e di fogli di grafica provenienti dall’Uzbekistan e dall’Unione Sovietica, in una concezione attualissima di “museo sintetico”, che la mostra riprende e ragiona nell’ampio catalogo Electa, come pure nell’originale allestimento multimediale veneziano.
Savickij ha viaggiato senza sosta per raccogliere migliaia di opere d’arte che nel frattempo erano ormai scomparse anche dall’orizzonte e dalla memoria degli studi: le ha rintracciate negli atelier degli artisti o le ha acquistate da vedove ed eredi, nei “deserti” del rifiuto staliniano e post staliniano per la modernità dell’Avanguardia di inizio Novecento. Ha mantenuto al centro dei suoi interessi le opere degli artisti che avevano vissuto a lavorato nel Turkestan, dove lui stesso era stato evacuato negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Ha fatto rivivere nel deserto di Nukus le radici dell’arte moderna in Uzbekistan.
A Savickij si deve anche la comprensione e la raccolta di un importante, e pressoché inedito, gruppo di opere, pittoriche e grafiche, del Gruppo Amaravella (il termine, sanscrito, di etimologia incerta, probabilmente relativo a “spazio in espansione”), impegnato, in un breve volgere di anni, tra 1923 e 1928, a tradurre visivamente, nel solco della lezione di Nikolaj Roerich, i nodi cruciali delle teorie cosmiste all’epoca diffuse nel mondo russo. Il Museo di Nukus è il principale contenitore (e tra i pochissimi al mondo) di opere del Gruppo, che sono esposte per la prima volta a Ca’ Foscari.
A FIRENZE
La sezione del progetto espositivo di Firenze si intitola “La luce e il colore”. Il sottotitolo deriva idealmente da un passo illuminante dell’Autobiografia di Igor’ Savickij: «Questi luoghi sono caratterizzati da un colorito sottile, dove il colore – in un’infinita varietà di combinazioni e di armonie – ti forza ad arricchire la tua percezione ed ammaestra l’occhio a essere particolarmente sensibile a queste variazioni raffinatissime e al contempo intense e pittoresche che non solo rendono i luoghi particolarmente attraenti, ma li trasformano anche in un’originale scuola che sviluppala percezione del colore e della luce e conferisce particolare vivacità alla visione cromatica».
Nelle opere, realizzate negli anni Venti e Trenta da Volkov, Tansykbaev, Karachan, Nikolaev (Usto Mumin), Elena Korovaj, Nadežda Kašina e molti altri, indipendentemente dal fatto che si tratti di dipinti su tela o su carta o che siano stati creati a Samarcanda, Bukhara o Tashkent, si entra in un mondo incantato, pieno di colori, luce, osservazioni vivide e connotazioni simboliche, che derivano da tradizioni occidentali, russe e orientali: un mondo che esisteva ben prima che gli artisti lo raffigurassero nei loro segni. Si può in qualche modo percepire una affinità con le opere di artisti come Paul Gauguin, armonizzando la tradizione e la strada all’innovazione.
C.S.M.
Fonte: comunicati stampa di aprile 2024
UZBEKISTAN: L’AVANGUARDIA NEL DESERTO. LA FORMA E IL SIMBOLO
Venezia 17 aprile 2024 – 29 settembre 2024 Ingresso libero
Firenze 16 aprile – 30 giugno 2024
Ca’ Foscari Esposizioni
Dorsoduro 3246 – 30123 Venezia
eventi@unive.it
https://www.unive.it/pag/27314/
Palazzo Pitti
Piazza de’ Pitti, 1 – 50125 Firenze
Tel. 055 294883
https://www.uffizi.it/palazzo-pitti