«Credo molto nel destino …. Sono arrivata alla conclusione che il mio destino sia cantare».

Il soprano Eunhee Maggio è impegnata in questi giorni al Maggio Musicale Fiorentino, dove è chiamata a interpretare (in alternanza) il ruolo di Turandot. Coreana, residente in Italia, vanta una carriera in costante ascesa. Il suo debutto sui palcoscenici italiani è avvenuto in Mimì ne La Bohème di Puccini, prima a Verona poi a Firenze. Già in quella occasione, come nella successiva Madama Butterfly a Catania, la sua voce colpì pubblico e critica per le doti espressive unite all’abilità tecnica nel coniugare morbidezza e incisività, per la capacità di sfumare il canto in mezze voci eleganti, per il fraseggio curato, per il gusto nello sfoggiare una vasta tavolozza coloristica, per il timbro naturalmente scuro e affascinante.

Signora Eunhee Maggio, lei, come molti artisti coreani, vanta una preparazione solida, poi affinata all’estero grazie a insegnanti qualificati, che l’ha portata a vincere numerosi premi in concorsi importanti. Come sono stati i suoi esordi? Come ha iniziato a “costruire” la sua voce?
Ho cominciato a cantare seriamente quando avevo 14 anni. Sinceramente non pensavo di fare di questa passione il mestiere della mia vita. Ma ho avuto la fortuna di incontrare grandi maestri sulla mia strada.

Quando sono entrata a Seoul National University ho incontrato la mia maestra He-ion Seo, che ha studiato in Italia e ha fatto la carriera in Europa. Lei mi ha dato un input molto importante riguardo lo stile dell’opera, avendo cantato anche Turandot alla Wiener Volksoper.

Mi ha detto di venire in Italia a studiare e ho seguito i suoi consigli. Quindi quando avevo 25 anni sono venuta a Milano a seguire il corso del Biennio di canto lirico al conservatorio di Milano. Studiando a Milano ho incontrato il mio maestro, il grande basso Bonaldo Giaiotti. Ho studiato con lui sei anni. Mi ha insegnato il fiato, la qualità del suono, l’eleganza del canto, lo stile di vita di un cantante, la mentalità e il modo di vivere. Anche se non ero capace di capire tutto quanto, questi insegnamenti mi sono rimasti nel cuore e ora capisco meglio, ricordando le sue parole.

Nel 2018, il maestro Giaiotti è mancato ed è stato il momento più difficile nella mia vita, perché lui era il mio “nonno” italiano, la mia famiglia italiana. Fino all’ultimo giorno sono stata accanto a lui. Quindi non ho potuto evitare l’immensa tristezza dalla sua perdita. Appena aprivo la bocca per cantare scoppiavo a piangere. Piano piano mi sono ricordata che mi aveva detto di andare dalla signora Raina Kabaivanska a studiare e così sono andata.

Ho imparato tanto da lei: il fiato, apertura della gola. Ma la cosa più importante è come esprimere il carattere con tutto il corpo. Mi faceva molti esempi e mi faceva sentire come arrivare al cuore.

[Eunhee Maggio. Foto Foto Jiseok Jo]

Ancora molto giovane, si è trasferita in Italia per perfezionare il canto, la tecnica, la respirazione. Qui è emersa appieno la sua vocalità da soprano lirico spinto, ossia volume, tenuta, estensione. È stato un percorso impegnativo? Cosa le ha insegnato la “scuola italiana”?
Quello che ho imparato dai miei maestri che sono simboli della tradizionale scuola italiana, è cantare con la mia voce. Noi giovani tendiamo sempre a ingrandire il suono e fare oltre le possibilità della nostra vocalità. Le prime parole che mi ricordo del maestro Giaiotti sono state: «non fare il soprano, canta solo con la tua voce». Per me è stato uno shock perché pensavo di scurire la voce per far vedere quanto fosse bello il mio colore scuro. Invece, ero già un soprano lirico e non dovevo inventarmi un’altra voce.

Da lì in poi, ho cominciato a costruire la base e la cosa più importante: il fiato. Non sono ancora perfetta ma faccio sempre attenzione a non sbagliare spingendo e forzando. Essendo giovane, con la forza, verrebbe naturale cantare da soprano lirico spinto, ma non sarebbe un canto fatto di tecnica. Ora me ne rendo conto.

La sua prima audizione come è andata?
Malissimo. La mia prima audizione è stata alla Royal Opera House di Londra per lo Young Artist Program. Era ovviamente anche la mia prima audizione all’estero e non mi ricordo neanche cosa ho fatto. Dopo due anni di studio in Italia l’ho rifatta nuovamente e sono arrivata in finale. Anche se non mi hanno preso è stata una grande soddisfazione.

Cosa ricorda dell’emozione del primo debutto in un ruolo protagonistico?
Il mio debutto ufficiale è stato con Mimì ne La bohème al Teatro Filarmonico di Verona diretta dal Mº Francesco Ivan Ciampa. È stata un’esperienza meravigliosa. L’ultima recita era il 31 dicembre e abbiamo trascorso il capodanno insieme con tutto il pubblico.

Mimì è un ruolo che sembra molto fragile ma in realtà è un personaggio molto forte. Quello che mi piace è che prende lei tutte le decisioni. È una donna molto forte dentro. Anche la sua musica sembra molto “dolce” ma se la canti con l’orchestra, ti rendi conto che ha bisogno di un’energia immensa.

Sono seguiti altri ruoli, sempre protagonistici: Leonora, Manon, Tosca … tutti congeniali alla sua vocalità. Quale ha sentito più suo dal punto di vista del personaggio, di conseguenza sotto l’aspetto emozionale?
Turandot. Ho cantato tante donne di Puccini ma mi sento molto più vicino a Turandot e non solo perché sono orientale, ma proprio per il suo carattere e la sua paura che sento molto “mia”. In qualche modo anche io avevo paura dell’amore prima di incontrare mio marito. Il mio obiettivo era cantare bene sul palco e avevo paura che, lasciandomi prendere dall’amore, avrei perso quello che stavo costruendo. Ero una persona e un’artista ancora in formazione e avevo paura di quella che consideravo soltanto una distrazione. Ora so che erano idee sbagliate.

Però per questo capisco bene la paura che prova Turandot e il motivo per il quale si “scioglie” con Calaf. Turandot aveva bisogno di una persona che le dicesse “non ti preoccupare, va bene tutto, non succede quello che pensi, ti aspetto”, invece di vincerla solamente.

A un certo punto della sua carriera è avvenuto un cambio nelle locandine. Dagli esordi di Eva Kim Maggio a Eunhee Maggio. Una scelta linguistica, estetica oppure un punto di svolta nel suo percorso di crescita professionale e umana?
Ho usato sempre il mio nome Eunhee Kim. Ma quando sono andata dalla signora Kabaivanska mi ha consigliato di cambiare il nome rendendolo più facile da ricordare e dal momento che ci sono tanti Kim mi ha suggerito di usare il cognome di mio marito: Maggio.  Avevo anche cominciato a utilizzare Eva come primo nome, ma non mi sentivo mio agio, quindi alla fine ho pensato di usare il mio nome, Eunhee, ma con il cognome Maggio.

[Eunhee Maggio, Turandot a Seoul © Seoul Arts Center]

Al Teatro del Maggio ascolteremo dunque Eunhee Maggio. Ci sia perdonato lo stucchevole modo di dire: “un destino nel nome”. Quanto lei crede nel destino? Secondo lei, al di là delle doti e dello studio, quanto influisce nella vita e nella carriera quella che per gli antichi era la dea Fortuna?
Io credo molto nel destino. Nel 2015 ho vissuto un momento in cui dovevo decidere se rimanere in Italia o smettere di cantare e tornare in Corea. Avevo vinto parecchi concorsi ma non erano seguite delle scritture. Quindi mi sono data un limite, che era l’audizione per l’Accademia del Maggio Musical Fiorentino. Mi hanno preso, e lì sono cresciuta grazie al maestro Gianni Tangucci, che chiamo affettuosamente il nostro “babbo”. Ho imparato tante cose, non solo il canto, ma la preparazione della mia carriera di cantante: quanti concerti, quanti masterclass, quanti ruoli piccoli… questi sono diventati la mia terra per far crescere il mio canto e la mia personalità.

Lì ho conosciuto i miei amici di vita e mio marito che era nell’accademia come maestro collaboratore. Per me, Firenze è la città che mi ha dato la famiglia e mi sento a casa quando ci torno. Dopo l’accademia sono tornata a cantare Mimì nel 2019/2020 e adesso Turandot. Mi hanno dato fiducia e non voglio deluderli.

Credo molto destino perché il mio percorso mi ha sempre portato alla conclusione che il mio destino sia cantare. Ho studiato e pianto notte e giorno per avere l’opportunità di cantare e il destino mi ha aiutato. Forse in verità il destino non solo mi ha spinto a farmi cantare ma mi ha resa più forte e solida come cantante.

E quanto, invece, nel complicato mondo dell’opera, influisce la capacità di autogestirsi da un punto di vista quasi imprenditoriale?  
Forse, come ho detto sopra, autogestirsi è molto importante, perché lo strumento del cantante è il proprio il corpo. Non possiamo studiare cantando “in voce” dodici ore come i pianisti. Dobbiamo studiare in maniera diversa coinvolgendo anche aspetti come l’alimentazione, per avere una condizione vocale e fisica migliore. Ognuno ha un diverso strumento e anche la cura è diversa. Noi cantanti giovani crediamo di essere forti ma non così. Il canto e la voce, come insegna la “vecchia” scuola, è una cosa molto delicata e va curata con molta attenzione e anche questo si deve studiare e praticare in base allo strumento.

Veniamo a Turandot. Un ruolo impervio che viene affrontato da voci di grande maturità, spesso anche anagrafica. Lei invece possiede il meraviglioso dono di avere, ancora giovane, una voce piena, solida, potente, incisiva, espressiva. Al ruolo non è nuova, perché lo aveva debuttato lo scorso anno al Seoul Art Center. Come si è preparata a questa parte allora?
Quando mi hanno offerto Turandot ho avuto un po’ di paura perché tutti mi dicevano che era il “mio” ruolo, ma un ruolo d’arrivo: arrivo, non di partenza. Però, dopo che è nato mio figlio non avevo davanti tante opportunità, ho cominciato a studiare e ho capito di poter affrontare questo ruolo. Ho cominciato a studiare con mio marito e lui mi ha corretto musicalmente, facendo attenzione a tutti i suoni.

Abbiamo fatto molto attenzione a non “ingrandire” e “ingrossare” il suono, ma a tenerlo sempre sano e pulito. Ho sentito tantissime Turandot che possiedono in natura una grande voce: Dimitrova, Casolla, Marton, Nilsson, Guleghina, Lindstrom, Jones…eccetera e ho imparato tanto da ognuna di loro e dal mondo in cui ciascuna cantava con la propria tecnica e la musicalità.

E come invece oggi, per il Maggio Musicale Fiorentino? Ritiene che avere per nascita un (apparente) physique du rôle sia un vantaggio o una limitazione, in questi anni in cui le regie hanno sempre maggior peso?
Tutti mi dicono che sono un Turandot ideale grazie al mio viso orientale, ma anche alla mia fisicità quasi “mediterranea”. Io però non ho mai pensato ai limiti del mio aspetto nell’esprimere un ruolo. C’è chi mi guarda con pregiudizio per il mio essere coreana, non caucasica, ma loro vedono solo il mio viso e non vedono il carattere. Fortunatamente il pubblico non dà attenzione a questi aspetti e ha sempre dimostrato di apprezzarmi per “come” esprimo i miei ruoli, senza pensare al mio aspetto fisico.

Questa produzione di Firenze è un sogno per me. Mi sento molto più tranquilla e si vede che ogni cosa ha una cura speciale nelle mani del maestro Zubin Mehta e del regista Zhang Yimou. Mi aiutano molto a entrare nel personaggio. Ho avuto grande fortuna di fare una prova musicale da sola con il maestro Mehta, che mi ha fatto una vera e propria lezione. Ho imparato tante cose e mi faceva sentire a mio agio come se mi stesse dando le chiavi per aprire le porte. Mi sento molto più sicura di prima per affrontare questo ruolo. 

[Eunhee Maggio. Foto Foto Jiseok Jo]

Turandot è la “principessa di gelo” che manda a morte tutti i suoi pretendenti. Così vorrebbe fare anche con Calaf, ma poi si innamora di lui improvvisamente e inaspettatamente. Eunhee Maggio crede nei colpi di fulmine? Parliamo in generale, della scintilla che scocca tra persone ma anche, ad esempio, verso la musica…
Io credo nei colpi di fulmine, nell’amore, l’amicizia, la musica, tutto. Sono innamorata cotta della musica…soprattutto l’opera: sono stata colpita da quel fulmine all’Arena di Verona. Sono venuta in Italia quando avevo 14 anni e ho assistito all’Aida in Arena. Sono rimasta a bocca aperta e mi sono innamorata, e ho cominciato sognare di cantare in teatro. Da quel momento non mi sono mai fermata.

Lei quali altre passioni coltiva, quali scintille mantiene accese?
Oltre al canto che è tutta la mia vita, ho due passioni. Una è scrivere con le penne stilografiche e l’altra è insegnare. Durante il covid, le produzioni che avevo sono state cancellate e i teatri erano chiusi. Quindi con la mia famiglia abbiamo deciso di andare in Corea per riposarci. Lì mio marito ha trovato lavoro all’Università e anche io ho cominciato a insegnare ai ragazzi.

Prima temevo di insegnare a qualcuno, pensando che nemmeno io sono perfetta, ma incontrando gli studenti avevo tante cose da raccontare e ho capito di poterli aiutare. Dal momento che ho lavorato molto su di me come cantante posso capire quale sia il problema e come risolverlo. Insegnando ai giovani è nata in me la passione nel farlo e mi diverto nell’assistere al loro sviluppo e miglioramento. Sono un’insegnante molto severa, ma rido e piango con loro, così andiamo avanti senza deluderci. Dopo le lezioni scrivo a ogni ragazzo che ha cantato dando la mia opinione, rigorosamente a mano con le mie penne stilografiche adorate. Scrivendo sento che i miei pensieri si mettono in ordine e diventano più chiari. Tengo anche un diario per me e per mio bambino. Scrivere è il metodo più efficace per ricordare. Per me le memorie, i pensieri sono cose molto preziose e non voglio perderle.

Proseguendo il parallelo tra Turandot ed Eunhee, quanto conta la freddezza mentale dell’approccio al palcoscenico? E quanto invece il calore, il sentimento che viene dal cuore e si trasmette al pubblico? Lei come bilancia le due cose?
Quando studio un ruolo, ci sono vari processi. Prima studio il testo, le note e il ritmo, poi comincio a cantare pensando alla tecnica. Infine vengono le emozioni. Se comincio ad abbandonarmi prima alle emozioni a volte la voce non risponde. La voce, la tecnica è la base per cantare. Se la tecnica non è a posto tutte le emozioni, le espressioni non saranno sincere e non arriveranno al pubblico. Quindi la procedura sarebbe di mettere bene “in gola” un ruolo e poi finalmente “viverlo”. Quando entri nel personaggio le espressioni diventano naturali.

Sul podio fiorentino sale un immenso musicista: il Maestro Zubin Metha. Durante le prove, cosa ha imparato da lui su Puccini e su Turandot?
Posso aggiungere che lavorare con il maestro Zubin Mehta è un grandissimo onore. Lui respira con i cantanti e controlla sempre il volume dell’orchestra, ti fa sentire molto a tuo agio. Dà molti suggerimenti per tirare fuori l’espressione o il suono che rende tutto molto più bello. Per esempio, quando Turandot dice “è l’alba” nel 3° atto, il M° Mehta mi ha detto «guarda l’alba, che è un tuo nemico». Mi ha fatto provare un’altra emozione e così la voce esprime una sensazione diversa.

Abbiamo fatto più prove musicali, come si usava giustamente una volta. Partecipando a questa produzione ho imparato tante cose. Il successo che sta raccogliendo è una dimostrazione del fatto che il pubblico è assetato di vedere l’opera con un allestimento ben curato, assolutamente storico: cinque recite tutto esaurito appena si è aperta la vendita dei biglietti. Vedere il teatro pieno a ogni recita è una gioia immensa.  

Per chiudere, le due domande immancabili. Quali sono i suoi impegni futuri?
A novembre debutto Desdemona in Otello di Verdi e a dicembre debutto Minnie nella Fanciulla del West di Puccini in Corea. Tutti e due ruoli che amo da tanto tempo e non vedo l’ora di cantarli. 

E quali i suoi sogni, i ruoli che vorrebbe rivestire e perché si sente pronta per essi?
Il mio sogno è cantare bene fino all’ultimo respiro. Per questo sogno, non smetterò mai di studiare e cantare. Spero di poter aiutare anche i ragazzi per qualsiasi cosa.

I ruoli che vorrei fare sono tanti: Elisabetta di Don Carlo, Abigaille di Nabucco, Tosca, Maddalena di Andrea Chenier, Leonora della Forza del Destino, eccetera Tutti ruoli che stanno bene con la mia voce. Per qualsiasi ruolo, sarò pronta a mettermi in gioco e a impegnarmi con tutte le mie forze.

Ringraziamo la signora Eunhee Maggio per il tempo che ci ha gentilmente e generosamente dedicato, con i migliori in bocca al lupo per il futuro vicino e lontano.

Intervista di Maria Luisa Abate per DeArtes
22 aprile 2024
Immagine di copertina: Eunhee Maggio, Turandot a Seoul © Seoul Arts Center


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