L’Archivio del celebre regista Gianfranco de Bosio consegnato alla Fondazione Giorgio Cini.
Ha segnato il teatro, l’opera, il cinema e la tivù del Novecento. In occasione del centenario della nascita del celebre regista, l’Istituto per il Teatro e il Melodramma da oggi custodisce l’archivio che documenta la sua lunga e ricca carriera.
Si celebrano quest’anno i cento anni dalla nascita di Gianfranco de Bosio (Verona, 1924 – Milano, 2022) e per l’occasione il suo archivio personale arriva alla Fondazione Giorgio Cini a Venezia, entrando a far parte del patrimonio documentale dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma.
Regista di prosa e lirica, per il cinema e la televisione, oltre che scrittore e sceneggiatore di grande prestigio, Gianfranco de Bosio ha collaborato nel corso della sua lunga carriera con alcuni degli artisti di cui la Fondazione Giorgio Cini già custodisce gli archivi: il regista e drammaturgo Luigi Squarzina (Livorno, 1922 – Roma, 2010), il regista Giovanni Poli (Crosara di Marostica, 1917 – Venezia, 1979), lo scenografo Mischa Scandella (Venezia, 1921 – Roma, 1983) e la scenografa e costumista Santuzza Calì (Pulfero, 1934).
Con le carte e i materiali di de Bosio, «l’Istituto per il Teatro e il Melodramma può vantare un corpus di documenti unico nel suo genere – spiega la direttrice Maria Ida Biggi – Qui sono conservati la memoria e il lavoro di un’intera generazione di artisti: gli studiosi e gli appassionati hanno a disposizione la più completa documentazione per poter ricostruire e raccontare un pezzo fondamentale del teatro e del cinema del secondo Novecento italiano».
La direttrice dell’Istituto, che presiede anche il Comitato nazionale del centenario, ricorda il fitto programma di iniziative che nel giro di tre anni celebrerà il maestro: «i convegni a Torino, Padova e Verona, le borse di studio, gli spettacoli, oltre a a pubblicazioni e audivisivi».
L’archivio di Gianfranco de Bosio, sottolinea Maria Ida Biggi, «testimonia un grande lavoro di ricerca, nella riscoperta di autori italiani e stranieri, da Ruzante a Goldoni, da Testori a Betti, da Brecht che mette in scena per primo in Italia a Shaw, Strindberg, Gorkij e Sartre.
De Bosio è stato all’avanguardia nella creazione del Teatro universitario di Padova, parallelo a quello di Giovanni Poli all’università di Venezia nell’immediato secondo dopoguerra e, più tardi, nella straordinaria gestione del Teatro Stabile di Torino di cui ha plasmato davvero l’identità negli anni ’50 e ’60». Il legame con il mondo culturale veneto è sempre stato intenso e fertile, come dimostra la sua lunga direzione dell’Ente Lirico di Verona.
Particolarmente interessante e originale anche il lavoro di de Bosio per il grande e piccolo schermo: lo testimoniano il film Il terrorista scritto con Luigi Squarzina (recentemente restaurato e presentato a febbraio al Cinema Rossini di Venezia, per iniziativa de la Biennale) e per la televisione il Mosè interpretato da Burt Lancaster e prodotto dalla RAI nel 1974.
L’ARCHIVIO DE BOSIO
L’archivio de Bosio si compone di una grande quantità di materiali: note di regia e appunti, copioni e sceneggiature, rassegna stampa, bozzetti di scena e figurini per costumi.
La documentazione è stata dapprima suddivisa per ambiti di appartenenza quali regie di prosa, regie liriche, regie cinematografiche e progetti televisivi, per poi essere riordinata in faldoni specifici relativi ai titoli di repertorio.
La studiosa Maria Rita Simone ha lavorato personalmente sull’archivio, a stretto contatto con il regista. Racconta che «il suo piccolo regno domestico era il suo studio, al centro un grande tavolo dove erano disposti tutti i documenti. Il materiale raccolto nel corso della sua lunga vita testimonia l’intera carriera, dalle prime esperienze di regie teatrali a partire dai primi anni Quaranta, fino agli ultimi anni di direzione artistica di eventi culturali, costituendosi come uno strumento di rilevante importanza per l’approfondimento della sua lunga biografia artistica».
I documenti riguardano principalmente la messinscena di testi di autori quali Ruzante, Molière, Goldoni, Brecht, Shakespeare, Sartre, Shaw, Svevo, Levi, Testori e Kezich per quanto riguarda la prosa e di compositori quali Mozart, Handel, Rossini, Donizetti, Verdi, Boito, Gounod, Wagner, Strauss, Stravinskij, Malipiero, Ghedini, Corghi per il melodramma.
Completano l’archivio, i copioni e alcune sceneggiature cinematografiche, tra cui i lavori de Il Terrorista e Mosè, e i materiali relativi all’impegno per l’Istituto Internazionale per l’Opera e la Poesia (IIOP).
IL RICORDO DEL FIGLIO E DI ILLUSTRI COLLEGHI
Il figlio del grande regista, Stefano de Bosio, ricorda come «la decisione di lasciare l’archivio personale alla Fondazione Giorgio Cini è stata concorde tra mio padre e mia madre, Marta Egri. Quando siamo venuti qui a Venezia nel 2021, in occasione della consegna dell’archivio di Santuzza Calì, la grande costumista, non abbiamo avuto dubbi. Oggi sono felice di rispettare le loro volontà».
La stessa Santuzza Calì, che da poco ha festeggiato il suoi novant’anni, ha mandato per l’occasione un messaggio felicitandosi per la scelta e ricordando «come Gianfranco de Bosio fosse abituato a sorridere per approvare i progetti» che lei gli sottoponeva per le messinscene, nei lunghi anni di lavoro comune.
«Un lavoratore infaticabile e con un vivace senso dell’umorismo», lo definisce Pierluigi Pizzi, ricordando come il loro primo incontro, «da cui subito è nata una grande intesa, è stato nel 1951, l’anno del mio debutto: mi ha voluto per un progetto stravagante e bellissimo, il Loyal Circus o Voulez-vous jouer avec moâ? Di Marcel Achard, che mettemmo in scena al Lido. Mi ha sempre insegnato che il teatro è da fare senza prendersi troppo sul serio».
Più recente e comunque intensissimo l’incontro de Bosio con Nanà Cecchi, una delle più importanti costumiste italiane che ricorda il lavoro gomito a gomito nel 2010 per una nuova produzione del Don Giovanni all’Opera di Budapest: di lui mi è rimasto il suo amore per il testo, la sua viscerale e modernissima capacità di comprendere il testo come un archeologo».
Di Gianfranco de Bosio resta «l’idea di un teatro come movimento – ha ricordato Susanna Egri, coreografa che da poco ha festeggiato i novantotto anni – L’ho incontrato al Teatro Stabile di Torino a metà degli anni Cinquanta, dove già lavoravo, in un’epoca in cui la danza non era neanche vissuta come arte ed era sottovalutata dalla critica musicale. Lui invece ci ha creduto».
Perché, sottolinea, Carmelo Alberti, docente di Teoria e Storia del teatro e dello spettacolo all’Università Ca’ Foscari, «il metodo de Bosio era quello straordinario intreccio di grande umanità, tessitore instancabile di relazioni umane e intellettuale impegnato, rigoroso. Attorno a questo suo ‘metodo’ ha saputo costruire comunità».
C.S.m.
Fonte: comunicato stampa dell’8 maggio 2024
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