Il dottor Danilo Craveia racconta “a puntate” Oropa, con il suo Santuario e i Sacri Monti. Prima parte di una serie di approfondimenti su questo luogo unico.

Al Santuario e Sacro Monte di Oropa l’architettura si integra con la natura, la storia con la contemporaneità, la devozione con la laicità. Non si tratta di paradossi ma di un luogo dai contorni unici, come ci spiega il dottor Danilo Craveia, coordinatore scientifico degli archivi Zegna e Oropa, quest’ultimo da lui seguito da ventidue anni.

DeArtes dà il via a una serie di interviste / conversazioni che porteranno a scoprire, poco per volta, l’immenso patrimonio artistico, architettonico, storico, religioso, turistico, naturalistico che Oropa, vicino Biella, racchiude. Un racconto a puntate non didascalico, anche se proviene da esperti. Una chiacchierata tra amici, come tante ne nascono estemporanee su questi Sacri monti, con quella spontaneità e vividezza di quanti questo luogo straordinario lo vivono quotidianamente, amandolo e sentendosene parte.

Dottor Craveia, iniziamo da una premessa significativa: il riconoscimento di Oropa come patrimonio dell’umanità Unesco, avvenuto nel 2003.
Questo è tra i più antichi santuari di culto mariano delle alpi. Va sottolineato che non è il santuario (o i santuari) a essere Patrimonio Unesco, bensì il complesso dei “Sacri monti”, che sono otto, di cui sette in Piemonte (Varallo, che è il più antico, Domodossola, Belmonte, Crea, Ghiffa, Orta, oltre ad Oropa) e due in Lombardia (Ossuccio e Varese). Il Sacro monte di Oropa è stato costruito tra il 1620 e l’inizio del Settecento.

Cosa si intende per “Sacro monte”?
È una situazione architettonica e devozionale. Il Sacro monte è un insieme di cappelle più o meno numerose – quelle di Oropa sono principalmente dodici, più altre a corredo – che raccontano una particolare tipologia di devozione, attraverso immagini pittoriche e plastiche, in special modo riferite alla vita della Madonna, nel caso di Oropa. Il santuario e il Sacro monte sono due realtà distinte e sganciate, anche se concretamente si sovrappongono. A dimostrazione di ciò, l’epigrafe che indica il riconoscimento Unesco non è stata collocata vicino alle cappelle ma all’interno del santuario. In parole povere, non si può pensare a un Sacro monte senza santuario, ma esistono santuari che non hanno Sacri monti.

La motivazione del riconoscimento Unesco, oltre a citare i valori spirituali, si sofferma sulla «riuscita integrazione tra architettura e belle arti in un paesaggio di notevole bellezza». Una caratteristica che a Oropa appare in tutto il suo splendore e che è anch’essa motivo di attrazione turistica.
Sicuramente uno dei grandi temi di Oropa è il rapporto tra cultura e natura; architettura costruita dall’uomo in un contesto naturale bellissimo, suggestivo. La gente viene qui anche per la magnificenza della natura. Il santuario ha sempre attirato le persone perché è un luogo eccezionale dal punto di vista paesaggistico. I pellegrini salgono a Oropa fin dal medioevo.

La grande chiesa nuova, come viene chiamata la basilica superiore, è di notevoli dimensioni ma appare piccola rispetto alle montagne che le sono intorno. Fino a prima della sua costruzione, il complesso si mimetizzava con il paesaggio. Ora invece la cupola si vede da grande distanza, anche da chi transita sull’autostrada.

E viceversa: il santuario si vede da lontano e dal santuario lo sguardo si può spingere lontano. Poche settimane fa è entrato in funzione un nuovo ascensore per rendere più agevole la salita alla cupola e ammirare il panorama.
Sì, quello che secondo me è interessante è che i biellesi e i turisti possono vivere questa struttura nella sua interezza. Mentre fino a qualche anno fa i visitatori privilegiavano il nucleo antico, negli ultimi anni c’è stata una riappropriazione della chiesa nuova, ossia della basilica superiore. La sua costruzione è iniziata quando c’erano i Savoia. La prima pietra fu posata nel 1885 e i lavori sono proseguiti durante le due guerre mondiali. Il recente ascensore è un tassello che si aggiunge a un grande piano di restauri iniziato qualche anno fa. Non va dimenticato che l’edificio, pur essendo “nuovo”, si trova a 1200 metri di altezza, con i problemi conseguenti alla durezza della situazione meteorologica che c’è in quota. È impensabile non fare frequenti manutenzioni e ammodernamenti. La struttura è enorme e tutto si moltiplica in proporzione.

[Basilica Superiore cupola interno. Foto Eventi&Progetti]

Quali caratteristiche presenta la cupola?
Oltre all’altezza di 80 metri, è di dimensioni molto grandi, con una caratteristica architettonica strutturale che ricorda il sistema di costruzione del Pantheon a Roma. Per l’edificazione, avvenuta tra le due guerre, è stata utilizzata una quantità notevole di cemento armato, usato in modo tale da rendere la cupola il più leggera possibile ed evitare un sovraccarico delle fondazioni, perché la chiesa è stata costruita sull’antico alveo del torrente.

Un grande sforzo che quindi è iniziato deviando il corso di un fiume?
Era l’unico posto dove ci fosse spazio e anche era l’unico posto per evitare una collocazione che non fosse in asse prospettico col resto del santuario. Hanno dovuto creare un nuovo alveo deviando il torrente, che si chiama anch’esso Oropa, e che ora scorre a un centinaio di metri di distanza, anch’esso parte integrante della bellezza del paesaggio circostante.

Un’impresa che fin dagli esordi ha richiesto grandi sforzi umani, di ingegno e di braccia, oltre che logistici. Come si è avuta la disponibilità del terreno necessario alla nuova costruzione? 
Si è fatto tutto “in proprio”. Il terreno era, ed è, di proprietà del santuario. Se si guarda verso la montagna, tutto quello che si vede è pertinenza del santuario. Una situazione che è andata strutturandosi fin dal medioevo e fu formalizzata tra il Sei e Settecento. Il santuario di Oropa ha una struttura di governo che è un unicum giuridico. La corretta dicitura è “ente autonomo laicale di culto”. Accostare le parole “laicale” e “culto” pare un paradosso, ma questa situazione perdura di fatto dal 1614.

[Oropa Basilica Superiore foto Pusceddu]

Come si diceva, la cupola è un punto di riferimento anche visivo. Una specie di faro che indica la via: quale?
La chiesa nuova è un grande tempio, si vede da lontano, è distintivo del luogo, rende riconoscibile il segno dell’uomo in un contesto naturale, senza deturparlo. La cupola si inserisce bene nel paesaggio. E poi la chiesa nuova, secondo il mio punto di vista, chiude un progetto architettonico che premia la ricerca della maestosità. È maestosa pur mantenendo una dimensione molto intima. Tutto infatti ha inizio dal sacello dove è custodita la statua della Madonna, che è una specie di chiesetta dentro la basilica antica, quindi è molto piccolo, molto raccolto, molto “presepe”. Poi si esce all’aperto e ci si ritrova in un contesto veramente maestoso. La chiesa nuova, dedicata alla Regina del Monte di Oropa, conclude questo significato.

La basilica superiore è quindi stata collocata nel complesso architettonico con un gusto che si potrebbe definire, con gergo teatrale, scenografico.
Un effetto secondo me cercato e voluto.

Ma “dietro le quinte” di Oropa c’è molto di più: ci sono le persone. Non solo pellegrini e turisti. Cosa può dirci, dottor Craveia, delle persone che l’hanno progettata e edificata?
La chiesa nuova ha una storia artistica e anche umana. Il discorso umano nasce dal fatto che, a un certo punto, l’enorme devozione che c’era, e c’è tuttora, nei confronti della Madonna nera, ha reso il vecchio santuario troppo piccolo per pellegrini, devoti, curiosi, turisti, visitatori. Troppo angusto per tante categorie di fruitori. Si è per forza dovuto costruire un tempio nuovo e più grande, le cui linee architettoniche ovviamente rispondono al gusto di fine Ottocento. Il manufatto è molto diverso dal resto del santuario e dalla basilica antica, che sono sei-sette-ottocenteschi. I lavori della chiesa nuova sono durati una settantina d’anni e in questo lasso di tempo si sono modificati la percezione e il gusto architettonico.  

[V Incoronazione Madonna Oropa foto A. Taglier]

Tanto che si è arrivati a includere elementi moderni, in un susseguirsi e integrarsi di stili…
Partiamo dall’inizio. Il primo nucleo, il più antico dell’odierno complesso, nacque attorno al sacello medievale, una chiesetta devozionale dove la leggenda narra che Sant’Eusebio avesse portato la statua della Madonna nera dall’oriente. Attorno si formò un nucleo di alpeggi: oggi si direbbero baite o seconde case, e iniziò a svilupparsi un discorso di culto giunto fino ai Savoia, che cominciarono a investire in questo luogo. C’è quindi inizialmente stata una committenza particolare. Il santuario è stato sì edificato in ambito ecclesiastico, ma anche grazie al contributo dei Savoia, della nobiltà biellese e delle comunità del territorio. Similmente, la chiesa nuova è stata costruita ovviamente su un forte impulso ecclesiastico, ma sono stati gli industriali che l’hanno portata a conclusione, i grandi imprenditori tessili del biellese. E anche la gente ha donato.

Non solo arte e natura ma anche una fede che, nella sua pratica, è stata alimentata dall’industria come parte integrante dalla vita quotidiana. Possiamo dire che si sia costruito per abbattere le distanze tra spiritualità e quotidianità?
I biellesi a Oropa si sentono a casa: la quotidianità è importante. C’è un rapporto molto filiale con i biellesi: la Madonna è una madre. C’è una devozione mariana profonda e peculiare, molto familiare, molto intima, che vale anche per i non biellesi. Anche i non credenti riconoscono nella Madonna di Oropa un punto di riferimento che va oltre il semplice credere o non credere. Quando nel 2021 è stata incoronata per la quinta volta, la Madonna è stata confermata nella sua regalità, la si è riconosciuta come Regina. I biellesi si ritengono suoi figli, figli di una regina.

La chiesa nuova è stata pagata in gran parte dagli industriali ma anche dalla povera gente. Tutti i biellesi hanno fatto offerte. Era giusto premiare gli sforzi di chi poteva e anche di chi non poteva: impensabile far scaturire un topolino dalla montagna. Ci voleva qualcosa di imponente, che avesse la capacità di stupire. E Oropa certamente stupisce.

[V Incoronazione Madonna Oropa foto A. Taglier]

Dottor Craveia, torniamo agli elementi architettonici e artistici che caratterizzano la cosiddetta chiesa nuova…
All’interno si trovano molti elementi di interesse. La basilica superiore è anche un grande sacrario ideale. La parte inferiore, la cripta, è stata dedicata ai caduti di tutte le guerre. Poi ci sono le sei cappelle laterali, ognuna identificata con una particolare caratteristica attribuibile alla Madonna. In qualcuna di esse sono state realizzate opere d’arte importanti negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Si aggiunge, ad esempio, il ciborio ideato dal celebre designer Gio Ponti a metà degli anni ‘60 e collocato sopra l’altare maggiore della rotonda minore. Queste opere, ora, ci colpiscono relativamente, perché sono da considerare in prospettiva. Tra 500 anni si dirà: «però, guarda che buona mano aveva quel pittore, o quello scultore». Ora siamo temporalmente troppo vicini, abbiamo una prospettiva distorta.

L’arte è sempre contemporanea. Quella che per noi è arte antica, era moderna quando è stata realizzata.
Certo. Anche ai tempi di Michelangelo, quando fu realizzata la Cappella Sistina, le persone del tempo erano abituate a vedere altro e non quella modernità. Magari guardando la prima volta quel capolavoro le persone di allora sono rimaste spiazzate. Bisogna considerare l’arte in prospettiva futura.

[Foto Archivio Santuario di Oropa]

Spesso l’arte assolve la funzione di testimoniare la storia presente. Ci sono esempi, in tal senso?
Sì. Un’altra caratteristica è che la chiesa nuova, o basilica superiore, racconta se stessa. In special modo i tre portali in bronzo, sotto al pronao, raffigurano la storia di Oropa e anche la storia della costruzione della chiesa. I portali, di due anni posteriori alla consacrazione della chiesa (che avvenne nel 1960, quando ancora era priva di porte) sono opera di tre grandi scultori/incisori esperti nella lavorazione del bronzo, materiale di cui sono fatte le formelle che li adornano: Sergio Vatteroni da Carrara per la porta di sinistra, Vico Consorti da Siena per il portone centrale e Virgilio Audagna di Torino per quello di destra. A Consorti si deve anche, ad esempio, la porta del Giubileo nella basilica di San Pietro a Roma. Una curiosità: in totale i tre portali pesano più di undici tonnellate. Sono delle grandi opere d’arte, soprattutto se osservati con sguardo “futuro”.

Riassumendo, un luogo immerso rispettosamente nella natura, ricco di bellezze artistiche di ogni epoca, dal medioevo al Novecento, dove, assieme all’aria di montagna, si respira la bellezza. Anche il magazine DeArtes, con sguardo futuro, continuerà questa indagine narrativa su Oropa.
Ringraziamo il dottor Danilo Craveia per la generosa e cordiale disponibilità e diamo appuntamento ai lettori alle prossime puntate, dove via via approfondiremo i molti tesori che questo luogo straordinario custodisce.

Intervista di Maria Luisa Abate
20 maggio 2024
Immagine di copertina:
Basilica Superiore – V Incoronazione Madonna Oropa. Foto A. Taglier
Si ringrazia l’Ufficio Stampa del Santuario per l’utilizzo delle immagini

www.santuariodioropa.it
https://artsandculture.google.com/story/RQWR7S-LvTfVJQ?hl=it

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