Di Maria Luisa Abate. Lectio di Riccardo Muti. Parata di stelle internazionali. Artisti dell’Orchestra e del Coro da tutta Italia per la diretta TV mondovisione.
Il rinnovarsi di un ‘rito’: era questa la parola ricorrente. Del resto, ritrovarsi all’Arena di Verona segna l’inizio ufficiale dell’estate. Una tradizione tanto più irrinunciabile quando riveste i caratteri della straordinarietà. Quest’anno infatti, alla serata inaugurale ufficiale del 101° Festival, è stata premessa una festa collettiva di anteprima trasmessa in diretta televisiva in mondovisione, per celebrare “La grande Opera italiana Patrimonio dell’Umanità”. Il riconoscimento UNESCO, avvenuto il 6 dicembre 2023, è stato tanto prestigioso quanto agognato e osiamo aggiungere dovuto (la pizza è stata iscritta fin dal 2017 nel Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity e lunga è la lista delle eccellenze italiane riconosciute).
A gioire dell’importante risultato – nel corso dell’evento promosso dal Ministero della Cultura in collaborazione con RAI Cultura e organizzato dall’Arena di Verona, con la partecipazione di ANFOLS, Teatro alla Scala, Accademia Nazionale di Santa Cecilia – era presente l’Italia delle istituzioni e di settore, oltre al pubblico delle grandi occasioni, italiano e da tutto il mondo dato che l’opera è rappresentata ovunque nell’orbe terracqueo. Nell’anfiteatro, spettatori festanti sia sulle gradinate che nell’elegante parterre: a occhio, stimiamo poco meno di 13mila presenze, più quelle televisive non quantificabili.
Una carrellata di pagine sinfoniche e corali, e di arie d’opera alcune in forma di concerto altre completate da costumi ed elementi scenici, a confezionare un affascinante biglietto da visita di quel meraviglioso e variegato mondo che è l’Opera. Ma anche, intelligentemente, dando piccoli gustosi assaggi della stagione areniana. Per una celebrazione globale in forma di colossal non si sarebbe potuto scegliere location migliore di questa. Un luogo di per sé suggestivo, capace di sprigionare una magia tutta speciale, unica, resa eccezionale da un cast artistico di primissimo ordine. A Verona, la lirica ha celebrato se stessa mostrando la sua veste migliore.
OVAZIONI PER IL PRESIDENTE MATTARELLA
L’Arena ha accolto nella sua antica tribuna le massime autorità dello Stato, iniziando dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla sua seconda presenza veronese, accompagnato dalla figlia e salutato dalle ovazioni festanti della folla. Al suo fianco hanno preso posto la Premier Giorgia Meloni, il Presidente del Senato Ignazio La Russa, il Presidente della Camera Lorenzo Fontana, quattro Ministri fra cui quello alla Cultura Gennaro Sangiuliano, il Sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi, il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, il Sindaco di Verona Damiano Tommasi, tra gli altri.
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In platea erano state preannunciate le presenze di 20 delegazioni Unesco e di 70 Ambasciatori di Paesi nei quali la lirica è amata e rappresentata. Avvistati attori e attrici, campioni dello sport e una nutrita presenza di Sovrintendenti e direttori artistici, capitanati da Cecilia Gasdia che ha fatto gli onori di casa.
LA LECTIO DEL MAESTRO RICCARDO MUTI
L’Opera diventata patrimonio Unesco «non è un punto di arrivo ma di partenza. Un impegno futuro che ci coinvolge tutti». A impartire una lectio il Maestro Riccardo Muti che ha preso il microfono con voce leggermente increspata dagli anni ma granitica nell’esprimere i concetti. Ha iniziato a raccontare di quando si accorge che all’estero i compositori stranieri sono privilegiati rispetto agli italiani: «Io mi batto per la dignità dell’opera. Mi batto contro ogni snobismo… Verdi è il Michelangelo della musica e non bisogna eseguirlo pedissequamente, ma nemmeno stravolgerlo… Dobbiamo insegnare ai nostri figli un ascolto consapevole».
Infine, rivolgendosi con l’autorevolezza della sua persona a «uomini e donne di governo» e prendendosi quelle pause, soffermandosi su quei silenzi che nella musica contano quanto le note: «L’ho detto mille volte ma forse a qualcuno è sfuggito. L’orchestra è sinonimo della società. Ci sono i violini le viole e i contrabbassi, i flauti gli oboi e i tromboni. Ognuno ha parti diverse ma deve concorrere a un unico bene, che è quello dell’armonia di tutti. Chiaro? Non c’è un prevaricatore. Come dico spesso ai miei orchestrali: c’è un solo impedimento alla musica ed è il direttore d’orchestra».
L’ARENA TRA FIORI E LUCI
L’anfiteatro romano vanta il primato di essere il più grande teatro all’aperto al mondo, con una tradizione operistica che continua ininterrottamente dal 1913. Le gradinate alle spalle del palcoscenico erano adornate da grandi vasi, alcuni ricolmi di fiori rosa e bianchi, altri che al calar della notte si sono illuminati, così come si sono accesi i grandi candelabri bronzei a forme femminee, esempio della ricchezza dei depositi scenografici areniani.
Una struttura costruita ad hoc e perfettamente ingrata con le antiche gradinate ha permesso di accogliere e tenere coese le voci dell’imponente compagine corale (scenografia Filippo Tonon, direttore degli allestimenti scenici Michele Olcese).
GLI INNI, IL CORO E L’ORCHESTRA
I due inni, quello italiano (evviva! indicato correttamente in programma con il nome del compositore e il titolo: Michele Novaro “Il canto degli Italiani”) e quello europeo, ossia il cosiddetto Inno alla Gioia, movimento finale della Nona sinfonia di Beethoven, sono stati intonati da Coro (curato in loco da Roberto Gabbiani) e Orchestra in speciali formazioni. Infatti ai complessi areniani si sono aggiunti elementi provenienti dalle fondazioni lirico sinfoniche italiane. In tutto, secondo i dati resi noti dai conduttori, oltre 150 orchestrali e più di 300 coristi.
Gli elenchi sono tediosi ma in questo caso vale la pena di scorrere i nomi dei partecipanti, per avere un’idea della macchina organizzativa che si è messa in piedi e che ha funzionato alla perfezione: Teatro alla Scala di Milano, Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, Petruzzelli e Teatri di Bari, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Lirico di Cagliari, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Massimo di Palermo, Teatro dell’Opera di Roma, Teatro Regio di Torino, Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, Gran Teatro La Fenice di Venezia. Oltre naturalmente all’Arena di Verona e ai teatri di tradizione aderenti all’ATIT. Si è aggiunto per un intervento il valente Coro di voci bianche A.LI.Ve.
IL MAESTRO RICCARDO MUTI SUL PODIO
A salire sul podio per la prima parte di serata, il “leggendario” (così è stato definito dai presentatori) Maestro Riccardo Muti. Anche a lui, dopo il Presidente Mattarella, sono state tributate entusiastiche esternazioni dalla folla. Muti è riuscito a tenere in mano una compagine così vasta imprimendo una lettura fedele al dettato originale dei compositori ma non didascalica. L’attenzione del direttore era protesa alla ricerca della compattezza in questa formazione non solo numericamente imponente ma inedita, in quanto riuniva artisti provenienti da diversi contesti. Fisiologica nel contesto colossal qualche impercettibile sbavatura, minimizzata dal Maestro riuscito nell’impresa di imprimere una linea stilistica rispettosa degli accenti e di ogni minimo segno musicale, meticolosamente curata nel dettaglio: Muti ha sfoderato tutta la sua immensa “arte” e anche il suo gigantesco “mestiere” nel tenere le briglie di una situazione a dir poco complessa.
Abbiamo così ascoltato l’ouverture rossiniana da Guillaume Tell dai colori meravigliosamente vividi; la sinfonia da Norma di Bellini in cui è emersa fulgida la melodia venata da chiaroscuri poetici; l’intermezzo da Manon Lescaut di Puccini carico di sofferenza emotiva. Poi, con il coro e attingendo a Verdi, “Patria oppressa” da Macbeth, che Muti è stupefacentemente riuscito a rendere ricco di rimandi alla situazione che vivono attualmente molti popoli della Terra, e il Preludio e coro da Mefistofele di Boito, di imponente grandiosità.
L’immancabile brivido lungo la schiena è corso fin dalle prime note di quello che viene giudicato l’inno d’Italia alternativo: “Va’ pensiero sull’ali dorate” da Nabucco di Verdi, reso emozionante anche da quella meravigliosa tenuta dell’ultima nota che a Verona è un ‘must have’. Perché nell’anfiteatro, indipendentemente dai microfoni installati per esigenze televisive, la voce si espande, corre lungo i gradoni e resta magicamente sospesa nell’aria. Un momento toccante che anche il pubblico, caso più unico che raro, ha ascoltato rapito e in silenzio fino all’ultimo vibrare del suono prima di esplodere nel boato dell’applauso.
I PRESENTATORI TELEVISIVI
Alla freschezza dell’attrice Cristiana Capotondi particolarmente emozionata, alla cordialità e professionalità di uno dei più grandi attori italiani del teatro e della tv Luca Zingaretti, e ad Alberto Angela, divulgatore e amatissimo volto televisivo accolto da fragore di folla al suo ingresso sulle corsie rosse che attraversavano la platea, sono spettate le introduzioni televisive al programma.
Note comprensibilmente di stampo nazional popolare, farcite da aneddoti e curiosità, a dipingere un quadro della lirica che risultasse affascinante per ogni tipo di pubblico. Del resto, la qualità artistica era ineccepibile e anche i palati più esperti hanno “trovato pane per i loro denti”.
IL MAESTRO CIAMPA
Nella seconda parte della serata, quella riservata ai solisti, è salito sul podio il Maestro Francesco Ivan Ciampa, a guidare la “macchina musicale” con precisione, trasporto emotivo e riuscendo appieno a dare coesione alle grandi formazioni di orchestra e coro attraverso le più famose pagine del melodramma, in una lettura vivida.
Tra tutti i brani, citiamo un Dies Irae dalla Messa da Requiem di Verdi di grande intensità drammatica.
LE ÉTOILE NICOLETTA MANNI E ROBERTO BOLLE
E IL CORPO DI BALLO ARENIANO
Vogliamo iniziare dai momenti dedicati alla danza, per la presenza di due ospiti speciali: le Étoile Roberto Bolle e Nicoletta Manni i quali hanno interpretato due balletti ideati per l’occasione. Il passo a due inedito sulle note del Coro a bocca chiusa da Madama Butterfly di Puccini, in cui Nicoletta Manni ha volteggiato sinuosa più leggera di una piuma sorretta dall’abbraccio appassionato di Bolle, a rappresentare il sogno di Cio-Cio-San di rivedere il suo sposo americano. Sempre tecnicamente ineccepibile e al massimo della potenza espressiva Roberto Bolle, il quale in seguito è tornato per un assolo che lo ha visto vestire i panni di compare Turiddu in Cavalleria Rusticana, storia d’amore e gelosia che Mascagni musicò ispirandosi a Verga. Ci sia permesso un commento: quale differenza poter ammirare Bolle accompagnato da una vera orchestra anziché da una base registrata. Una delizia.
Attivo anche il Corpo di Ballo di Fondazione Arena di Verona coordinato da Gaetano Bouy Petrosino, sulle belle coreografie di Massimiliano Volpini, alcune più accademiche incentrate sulla fisicità dei corpi, altre votate all’intensità del gesto. Tra i momenti stralciati da produzioni areniane, citiamo le movenze meccaniche che caratterizzano la nuova Aida debuttata lo scorso anno e che richiedono precisione assoluta.
LA PARATA DI STELLE DELLA LIRICA
Il fil rouge della serata-evento ha visto alternarsi momenti in forma di concerto a frammenti d’Opera completati da costumi ed elementi scenici che hanno dato il metro della bellezza degli allestimenti areniani. Unico neo l’amplificazione delle voci, eccessiva al punto da essere disturbante e falsante per i presenti nell’anfiteatro. La televisione ha le sue esigenze e l’importanza dell’occasione ha giustificato questo piccolo compromesso.
Grande assente tra i nomi annunciati quello della “diva” Anna Netrebko, si è detto per indisposizione dell’ultima ora. Poco male, dato che il cast era formato da un numero imponente di stelle di primissimo piano del panorama internazionale, che si sono alternate per oltre quattro ore di full immersion nel melodramma.
La carrellata di star è iniziata con il “tenorissimo” Jonas Kaufmann che ha compiuto un capolavoro nell’uso delle mezze voci in “E lucevan le stelle”, canto di addio alla vita e all’amata, nella Tosca di Puccini. Poi la vocalità corposa di Jessica Pratt, bei legati e belle arcate, nella preghiera rivolta alla luna da Norma di Bellini. Con voce dolcissima e luminosa Rosa Feola ha incarnato la schiava Liù in “Tu che di gel sei cinta” da Turandot di Puccini.
Cambio di registro con lo spezzone da Barbiere di Siviglia di Rossini, con costumi e giocose presenze sceniche, in cui Nicola Alaimo ha sfoderato una notevole e tecnicamente impegnativa parlantina velocissima nelle vesti di Figaro. Il tenore Juan Diego Flórez si è presentato sul palcoscenico due volte, con la sua tecnica ineccepibile e una linea di canto per la quale la parola ‘raffinatezza’ risulta riduttiva: dapprima è stato Rodolfo in Bohéme di Puccini, poi, nella seconda parte, il Duca di Mantova nel Rigoletto di Verdi.
A chiudere il primo tempo uno stralcio, completo di costumi, comparse, elementi scenici, trucco e parrucco, da Tosca di Puccini. Luca Salsi ha impersonato il barone Scarpia dandogli voce solida e sontuosa in “Va’ Tosca…”. Sulla processione del Te Deum ci permettiamo avanzare una perplessità riguardante gli scoppi aggiunti alle note pucciniane e che, per ragioni diverse, hanno fatto sobbalzare il pubblico occasionale così come i melomani. Puccini inserisce un colpo di cannone in un altro punto dell’opera, non nella processione religiosa. Stesso ragionamento si può fare per eventuali ma non previsti spari. Ma l’anfiteatro vive anche di una componente spettacolare e ben venga questa specificità.
Il programma in questo punto indicava due interventi esterni, in collegamento TV da Castelvecchio e dalla Casa di Giulietta, di cui nell’anfiteatro non abbiamo avuto sentore, nell’affollamento e nel vociare dell’intervallo: è stato bello godersi lo spettacolo nello spettacolo. Dopo la pausa, la Marcia Trionfale di Aida, con il pubblico rispettoso della musica e abbandonatosi solo brevemente a battere le mani a tempo. La maliziosità seduttiva di Musetta nella Bohéme è stata interpretata con temperamento da Juliana Grigoryan, mentre lo strazio di Canio nei Pagliacci di Leoncavallo, costretto a far ridere il pubblico anche quando il suo cuore è a pezzi, è stato affidato a Brian Jadge.
Il sogno d’amore di Lauretta in Gianni Schicchi di Puccini è stato cantato con trasognato romanticismo da Mariangela Sicilia. Travolgente la seduttività di Carmen di Aigul Akhmetshina, immersa nel crescendo scritto da Bizet e in un vortice di balli tanghèri. Ancora Bohéme, questa volta con “Vecchia zimarra” cantata dal filosofo Colline cui ha dato voce calda e consistente Gianluca Buratto. Il celeberrimo do di petto che Verdi non scrisse ma che è diventato elemento imprescindibile in “Di quella pira” da Trovatore è stato agevolmente sostenuto e ben proiettato da Galeano Salas.
Sfoggio di raffinatezza, di classe, di eleganza per Francesco Meli, Nemorino in “Una furtiva lagrima” dall’Elisir d’amore di Donizetti. Abito giapponese e, nel canto, sontuosi colori e caleidoscopio chiaroscurale per Eleonora Buratto Madama Butterfly. Intenso e potente “Nemico della patria” da Andrea Chénier come proposto da Ludovic Tézier. Non poteva mancare il gran finale di prammatica, ossia il brindisi da La traviata, con di nuovo Rosa Feola e la necessaria spettacolarità assicurata da un a dir poco istrionico Vittorio Grigolo. Sparo di lustrini e stelle filanti.
SI TIRANO LE SOMME
APPUNTAMENTO AL PROSSIMO ANNO A ROMA
L’Arena di Verona ha ancora una volta dispensato la sua magia generosamente, a piene mani. Una serata-evento-concerto-show dalle molte anime, nella quale la spettacolarità e le esigenze di vetrina sono andate di pari passo con la qualità stratosferica degli interpreti. È melenso e stucchevole dirlo, da diabete fulminante, però è la pura e semplice verità: stelle dell’opera sotto un cielo di stelle. Uno spettacolo unico e crediamo irripetibile, almeno in questi termini.
L’Arena ha dato il ‘la’, ha dettato una linea da seguire e imitare. Si sta infatti pensando di riproporre la festa dell’Opera patrimonio Unesco come rendez vous annuale itinerante in Italia, nella stessa data.
L’appuntamento è alle Terme di Caracalla a Roma, il 7 giugno 2025, nell’anno del Giubileo, con una serata dedicata al “Sacro nell’opera”.
Report – recensione di Maria Luisa Abate
Visto all’Arena di Verona il 7 giugno 2024
Foto Ennevi per Fondazione Arena di Verona
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