Di Maria Luisa Abate. Lazise (VR): Uto Ughi e Katia Ricciarelli applauditi protagonisti al Festival ‘Riflessi del Garda’.

«Il suono di uno strumento è come la voce per chi canta. Il suono va adattato alla musica che si esegue al momento». E ancora: «Il suono è la componente principale di una espressione». Le parole di un gigante del violino come Uto Ughi hanno compendiato il senso dell’appuntamento che lo ha visto protagonista, con eccezionale madrina il soprano Katia Ricciarelli, premiata assieme a lui. Un connubio di suoni e voci che ha posto in sequenza due dei più grandi protagonisti della musica del nostro tempo.

I due artisti si sono ritrovati, e salutati come amici di lunga data, nell’ambito di “Riflessi del Garda – International Music and Dance Festival on the Garda Lakeside”, rassegna nata lo scorso anno con l’intento di riportare la cultura alla centralità che merita in un territorio precipuamente votato all’accoglienza turistica. Espressioni artistiche di qualità, specchio dell’eccellenza italiana esportata nel mondo, che in otto tra spettacoli e concerti, più alcuni talk, ha schierato una serie di numeri uno della danza e del cinema, oltre che della musica classica e lirica, accolti in diversi contesti allestiti sulle sponde veronesi del Lago di Garda.

Nella specifica occasione, ha accolto il pubblico la bella struttura della Dogana Veneta di Lazise, un luogo accuratamente restaurato, ricco di storia e le cui vetrate affacciano sulle acque del lago, offrendo i meravigliosi colori del tramonto come suggestivo fondale.

KATIA RICCIARELLI: SPIRITO ARGUTO E TONI AMICHEVOLI
Fin dalle prime battute ha assunto i toni della conversazione tra amici, l’incontro pomeridiano tra il direttore artistico Maximilien Seren-Piccinni e la sua ospite, il soprano Katia Ricciarelli, un concentrato esplosivo di personalità e simpatia. Pochi cenni alla fulgida carriera, acclamata sui più importanti palcoscenici d’opera al mondo. Gli studi di canto che la portarono dalla natia Rovigo a Venezia, in una stanza di due metri per uno «ma lì ero così felice…». Poi l’incontro con Karajan: «Bellissimo. Che emozione!». Il Maestro l’aveva chiamata a Berlino a fare un’audizione per un disco, nel ruolo di Tosca. I vertici della Deutsche Grammophon erano tutti i piedi, per rispetto al direttore già entrato nella leggenda. Il soprano cantò “Vissi d’arte” poi pronunciò la celebra frase “… e avanti a lui tremava tutta Roma”. Karajan commentò che aveva dovuto attendere 40 anni per sentirla dire così. Ossia senza declamare, senza toni stentorei. E qui la signora Ricciarelli ha dato una piccola lezione di interpretazione, strappando anche risate tra il pubblico nel fare esempi concreti di come questa frase venga solitamente enfatizzata, pertanto snaturata.

Si è passati alla vita sentimentale. Un piccolo flirt con Sordi, però i veri amori del soprano sono stati solo due: Pippo (del quale non è mai stato pronunciato il cognome) e il tenore José Carreras, per il quale il ricordo si è fatto particolarmente vivido e affettuoso. «Ma ora non c’è posto per nessuno, se non per lui» ha sottolineato Katia Ricciarelli indicando il dolce cagnolino che la segue ovunque. Per lei, il giorno dopo il loro incontro a Parma, Carreras si tagliò la barba. «La barba sta bene agli uomini maturi. I giovani non dovrebbero coprirsi il viso» ha detto redarguendo spiritosamente un giovanotto barbuto seduto tra il pubblico: «se la tagli!» gli ha intimato tra le risate degli astanti e sancendo definitivamente la natura leggera della chiacchierata. Del resto “la Katia” qui è di casa, visto che, dopo aver abitato in molte città, da qualche tempo risiede in una località vicina a Lazise.  

Non poteva mancare un commento alla carriera cinematografica, prima con Franco Zeffirelli poi, nel 2005, con Pupi Avati per “La seconda notte di nozze” vincendo un Nastro d’Argento come miglior attrice protagonista. «Nell’Otello cinematografico di Zeffirelli dovevo muovermi sul canto in playback. Invece con Pupi Avati ho dovuto recitare», senza avere studiato recitazione e affidandosi alle indicazioni del regista. «Ho fatto quello che mi diceva lui e quello che mi diceva il mio cuore». Tutta questione di «sensibilità. Bisogna essere se stessi. Io la penso così». «Però non voglio fare la carriera cinematografica. Nasco cantante e voglio morire cantante». Bisogna avere talento. «Sì, il talento ci vuole ma non basta. Poi devi studiare, studiare, studiare. E bisogna metterci cuore: io quando canto dò tutta me stessa».

Prima del concerto serale del violinista, Katia Ricciarelli ha ricevuto il neonato Premio Cigno del Garda per il suo costante impegno a sostegno delle arti, ed è stata madrina per la consegna a Uto Ughi del Premio Piccinni – storico e prestigioso riconoscimento istituito dal Fondo Niccolò Piccinni nel 1967 per volontà dei discendenti di Louis Alexandre Piccinni, nipote del compositore settecentesco Niccolò Piccinni.

UTO UGHI: LECTIO SUL SUONO
Tre lauree honoris causa, una nutrita produzione discografica, direzione artistica, pubblicazioni, oltre all’arcinota attività concertistica, il Maestro si è presentato al pubblico concentrato sulla musica più che sul Premio, confermando l’urgenza di suonare come condizione indispensabile alla vita ed elemento caratterizzante l’intera carriera. Un’occasione speciale per poter applaudire uno dei più grandi violinisti dei nostri tempi, la cui attività concertistica ultimamente si è diradata, continuando in ogni occasione a tradursi in immutate standing ovation di pubblico e critica.

Non di una breve esibizione di ringraziamento tipica delle cerimonie di premiazione, ma di un vero e proprio concerto si è trattato, svolto con generosità. Accompagnato al pianoforte da Leonardo Bartelloni, con cui l’affiatamento è consolidato, Uto Ughi ha personalmente introdotto ogni brano con sorprendente affabilità, fornendo mini “lectiones” circa gli autori e i rispettivi contesti, con una incisività da far invidia a un comunicatore di professione e un uso dei tempi tale da far concorrenza a un attore di teatro.  

Il programma, che ha sovvertito la scaletta inizialmente annunciata privilegiando l’istinto del momento, si può riassumere in un abbraccio tra popoli uniti nel nome della musica; un excursus tra aree geografiche intersecantesi, avendo per lo più presentato compositori influenzati da fonti ispiratrici di Paesi diversi da quello di nascita. Iniziando da un nome poco noto del barocco, Tomaso Antonio Vitali nella Ciaccona in sol minore, ossia una danza spagnola scritta da un autore italiano. A seguire il settecento di Gaetano Pugnani, di cui Ughi ha eseguito la revisione ottocentesca a firma dell’austriaco Fritz Kreisler.

Il culmine degli esempi di incroci musicali si è raggiunto in una Fantasy da Carmen di Bizet, compositore francese che ha ambientato la sua opera più celebre in Spagna, qui proposta nella trascrizione ottocentesca dello spagnolo Pablo De Sarasate. La voce del mezzosoprano prevista da Bizet è stata sostituita da quella del violino che ha iniziato a “cantare”, ammantandosi di suggestioni. «Lo strumento in assoluto più bello è la voce umana – ha sottolineato il celebre violinista – ed è per questo che quando uno strumento suona bene si dice che abbia avuto voce, che abbia cantato». Detto, fatto.

Una domanda tra il pubblico ha permesso di focalizzare ciò che è emerso lampante all’ascolto: il suono. La capacità di Uto Ughi, al di là di una intonazione talvolta imprevedibile, di assoggettare il suono al contesto. Dalla gaia briosità delle danze che hanno aperto il programma, alle pagine musicali di gusto pittorico come sono state le canzoni popolari spagnole per le quali Manuel de Falla si ispirò a una serie di tele dipinte. Descrittività che Uto Ughi ha fatto propria creando affreschi sonori vividi e materici. Ha invece aperto una finestra sul lirismo la Méditation dall’opera Thaïs di Massenet.

Un suono ricco, morbido, pastoso in parte favorito dallo strumento. Uto Ughi alterna uno Stradivari e un Guarnieri del Gesù 1744 ed è stato quest’ultimo che ha portato a Lazise, senza mai aver abbandonato la custodia contenente il prezioso violino nemmeno per affacciarsi sulla riva del lago e ammirare il tramonto. Uno strumento dalla voce scura nondimeno luminosa sotto le dita del Maestro, che lo ha impugnato con grazia, come se fosse sospeso nell’aria privo di peso: espressività frutto di dedizione totale alla musica e di quel cuore di cui si era poco prima parlato come elemento indispensabile.

In chiusura, non poteva mancare l’atteso sfoggio virtuosistico, con Introduzione e Rondò Capriccioso di Camille Saint-Saëns, proposto nella popolare versione per violino e pianoforte. Un virtuosismo eseguito senza ostentazione, con quella apparente spontaneità e quella leggerezza che vanno oltre il puro e semplice rigore tecnico per rivelarsi componenti innate. Uno stile improntato alla naturalezza che ha reso famoso il Maestro in tutto il mondo. Un suono di bellezza evergreen a sbugiardare i capelli candidi; un suono avente cuore e anima, passione e pathos, espressività, estro e genio.

Al termine, una buona notizia (o, per come la si voglia vedere, una speranza). Il Maestro è stato ricevuto dal Ministro per l’Istruzione presso il quale ha perorato la causa della musica, assente o sottostimata nei programmi scolastici attuali. «Altrimenti i giovani vengono su sentendo solo … (ha citato una rock band). Nulla contro di loro personalmente – si è affrettato a specificare – anche loro hanno una qualche dignità. Ma la musica è altro, non c’è solo quel tipo di musica».

Il festival Riflessi del Garda dà appuntamento per la serata conclusiva al Santuario della Madonna del Frassino di Peschiera del Garda sabato 20 luglio alle 21.15 con il concerto per voce, organo e tromba Scintillæ Noctis, proposto dall’Organa et Bucinæ Ensemble con il mezzosoprano Marta Pluda, Giulio Bonetto allo storico strumento del Santuario e Roberto Rigo alla tromba. Lo spettacolo è organizzato in collaborazione con il Festival Organi Storici promosso dall’Associazione Musicale di Vigasio e la Società Amici della Musica di Verona.

Report / recensione di Maria Luisa Abate
Visto a Lazise (VR) – Festival Riflessi del Garda, il 14 luglio 2024Foto Tommaso Del Panta

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