Al Mart di Rovereto e alla Galleria Civica di Trento, 4 mostre: Luigi Serafini; da de Chirico a Gaetano Pesce; Annamaria Gelmi; Albino Rossi.
C’è tempo tutta l’estate per visitare le mostre del Mart: le quattro da poco inaugurate – due nella sede di Rovereto e due nel capoluogo – che si aggiungono a quelle ancora in corso.
IL SOGNO DI LUIGI SERAFINI
da un’idea di Vittorio Sgarbi
a cura di Andrea Cortellessa, Denis Isaia, Pietro Nocita
Mart Rovereto, 12 luglio − 20 ottobre 2024
Il Mart di Rovereto dedica un’approfondita mostra antologica a Luigi Serafini (Roma, 1949), tra i più originali artisti contemporanei. In un allestimento vorticoso, eccentrico e colorato, curato dall’artista stesso, convivono oltre 200 opere tra tavole originali, disegni, illustrazioni, pitture, sculture e installazioni: dal celebre Codex Seraphinianus, che entusiasmò personaggi come Italo Calvino o Tim Burton, ai visionari progetti per Memphis.
A cura di Andrea Cortellessa, Denis Isaia, Pietro Nocita, Il sogno di Luigi Serafini nasce dalla profonda amicizia tra Vittorio Sgarbi e Luigi Serafini. Le carriere dei due si sono intrecciate fin dai tempi della prima edizione del Codex Seraphinianus, l’impresa universale di Serafini pubblicata in due tomi da un coraggioso Franco Maria Ricci nel 1981 e presentata in una mostra a Palazzo Grassi a Venezia l’anno successivo.
Stravagante ed enigmatico, il Codex fu fin da subito considerato un capolavoro. «Eravamo davanti a un miracolo che non temeva il confronto con le portentose meraviglie dei grandi miniatori», scrisse Sgarbi anni dopo, in occasione di una delle fortunate ristampe dell’opera.
Oltre 300 pagine scritte in una lingua inesistente, scrittura asemica, e finemente illustrate, costituiscono un’enciclopedia fantastica nota negli ambienti intellettuali e artistici di tutto il mondo. Il libro conta entusiasti e noti sostenitori illustri, tra cui Italo Calvino, Federico Zeri, Umberto Eco, Tim Burton, Roland Barthes, Jean-Michel Jarre, Orhan Pamuk, Philippe Starck e Fernando Arrabal.
La flora, la fauna, le architetture, la botanica e le opere dell’ingegno, creature mitologiche e surreali compongono l’indecifrabile libro di culto che l’artista dichiara gli sia stato dettato dalla gatta accovacciata sulle sue spalle.
Le tavole originali, realizzate negli anni Settanta, sono oggi conservate nel Labirinto della Masone nella Fondazione FMR (Franco Maria Ricci). Il Codex è stato pubblicato in Francia, Germania, Stati Uniti, Spagna, Paesi Bassi e ne esiste perfino una copia “taroccata” pubblicata in Cina. Nel 2021 il quarantesimo anniversario dell’opera è stato festeggiato con un’edizione speciale, per i tipi di Rizzoli.
Allo studio del Codice, nel tentativo di scioglierne il mistero, si applicano da decenni studiosi di lingue antiche o morte, enigmisti, musicisti e persino esperti di algoritmi e intelligenza artificiale. Scritti, articoli, film e opere teatrali hanno contribuito alla popolarità della fantaenciclopedia che oggi è frequentemente ripresa persino nei tatuaggi, nelle canzoni e nelle stories di Instagram. Curiosità: attualmente il Codex è il quindicesimo libro d’artista più venduto su Amazon USA e il sesto su Amazon Italia nella categoria arte.
Nell’esposizione prodotta dal Mart il Codex è rappresentato con 60 tavole originali che sono confluite nella prima edizione a cui si aggiungono una quarantina di tavole meno conosciute e per questo preziose, realizzate successivamente e appartenenti a Serafini stesso.
L’ampia selezione introduce al rapporto tra l’artista e l’oggetto libro, indagato in mostra attraverso le tavole di altre due pubblicazioni: Pulcinellopaedia Seraphiniana, fantastica interpretazione del mito partenopeo di Pulcinella, e Storie naturali, atlante di botanica immaginata.
L’ARTE TOTALE
La mostra illustra tutta la produzione serafiniana, vasta ed eterogenea, attraverso eccellenti prestiti provenienti da collezioni private o dalle disposizioni dello stesso artista.
Architetto di formazione, dopo aver a lungo viaggiato Serafini si è misurato con la pittura, la scultura, la grafica, la fotografia, il design, l’illustrazione e l’arte digitale. Perseguendo l’idea di arte totale, al di là delle etichette e delle gerarchie, il vulcanico artista ha sperimentato, innovato, messo sottosopra i canoni, riuscendo nella singolare impresa di essere costantemente molto apprezzato e seguito, iper-popolare e trasversale a diversi ambiti, pur restando al di fuori dei contesti convenzionali dell’arte contemporanea.
Nelle sale del secondo piano del museo di Rovereto si ripercorre l’intero arco creativo, evidenziando l’audacia nella produzione dell’immagine fantastica nelle sue possibili declinazioni.
Dall’esperienza all’interno del gruppo di architettura e design Memphis, sino alla Casa dell’artista (oggi oggetto di una disputa legale per la sua conservazione), tra pitture, sculture e installazioni, il percorso è un universo pop nel quale bizzarria e verità, ironia e seduzione, leggerezza e surrealtà convivono e si mescolano.
Vero e proprio progetto d’autore, anche l’allestimento è stato ideato da Serafini, in una esposizione-wunderkammer che è a sua volta opera d’arte.
Pur rimanendo un unicum eccezionale, un organismo pazzo in cui i diversi linguaggi si confrontano e si intrecciano, la mostra prosegue dopo la prima sezione sul Codex con ambienti dedicati alle varie discipline, dando conto dell’ecclettica e immaginifica attitudine di Serafini.
LA MOSTRA
Si comincia con la produzione pittorica: colorata, pop, utopica, dissacrante. Insieme per la prima volta in un’unica galleria sono esposte oltre venti tele di grande formato.
Seguono le sale sulla scultura che ospitano opere ispirate ad alcuni dei temi che hanno interrogato o interrogano la società – come per esempio “la mucca pazza” o la bioetica – e rielaborazioni dei classici della letteratura fantastica o della poesia con riferimenti a William Blake, Guillaume Apollinaire, Christian Morgenstern, per esempio.
Presenti anche numerose installazioni, opere controverse come la Donna carota (Persephone C) dea-allegoria della natura, e una preziosa esposizione dei Disogni, i disegni di sogno. La maggior parte delle opere ha titoli che sono giochi linguistici: stravaganti e ironici testimoniano il lessico originalissimo dell’artista.
Il percorso si chiude con una selezione del tutto inedita di disegni d’architettura,sperimentazionie innovazioni mai esposte, ideate tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, e di prodotti di design, preambolo dell’opera totale di Serafini: la sua nota Casa-studio, da quasi quarant’anni spazio di vita e lavoro e da lui stesso definita “piccola cosmogonia esportabile” (Vogue Casa, 1986). Di proprietà dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, situata nel cosiddetto “tridente romano” nelle prossimità del Pantheon e delle scalinate di piazza di Spagna, la Casa è considerata un’altra opera enciclopedica.
Serafini ne ha progettato o riprogettato non solo gli ambienti funzionali, le scale, le stanze, ma anche gli arredi, i quadri, gli oggetti, le stoviglie, le suppellettili, dalle porte al camino, dalle finestre al giardino. “È straordinaria proprio nella sua totale autonomia, nel suo non assomigliare a nessun’altra casa” (Andrea Bellini, Antinomie, 2023).
La residenza romana è stata recentemente oggetto una video-mappatura in 3D realizzata dall’Università Iuav di Venezia: presentata al Mart è il più recente tra i tanti omaggi che cultori e intellettuali hanno consacrato all’artista. A visitatori e visitatrici, quindi, l’opportunità di entrare virtualmente nella Casa di Serafini, vero e proprio meta-ritratto dell’artista.
Alla Casa è anche dedicata, fino al 25 agosto, una mostra al MACRO – Museo di arte contemporanea di Roma, a cura di Luca Lo Pinto.
Nel suo complesso, la mostra Il sogno di Luigi Serafini, al Mart fino al 20 ottobre, è un viaggio fantastico nei territori dell’inconscio e dell’immaginario, un luna park che attinge alla mitologia, un palcoscenico da cui osserva il consumismo, un’esposizione che mescola filosofia, semiotica al gioco e al divertimento.
SURREALISMI
DA DE CHIRICO A GAETANO PESCE
da un’idea di Vittorio Sgarbi
a cura di Denis Isaia
Mart Rovereto 12 luglio – 20 ottobre 2024
In occasione del centenario del movimento surrealista, il Mart di Rovereto dedica una grande mostra all’arte fantastica italiana, oggi al centro di un crescente interesse da parte di critici e studiosi. Attraverso 160 opere di oltre 70 artisti, il percorso si sviluppa in sezioni tematiche per raccontare la pluralità dei linguaggi e delle poetiche dei “Surrealismi” italiani.
Rimasta troppo a lungo nell’ombra, l’arte fantastica italiana è finalmente al centro di recenti studi e riscoperte, come segnalano articoli, pubblicazioni, mostre e alcune delle rassegne realizzate dal Mart negli ultimi anni, nelle quali si annoveravano numerosi tra gli artisti oggi in mostra, come Stanislao Lepri o Colombotto Rosso. È inoltre in calendario anche la grande esposizione su Italo Cremona (ottobre 2024), prodotta con la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino che ne ospita attualmente la prima tappa (vedi qui).
Con Surrealismi, inoltre, il Mart approfondisce e valorizza alcuni degli artisti presenti nelle proprie collezioni: sono infatti una cinquantina le opere provenienti dal patrimonio del museo. Si va da noti capolavori di Giorgio de Chirico e Alberto Savinio, fino a opere di Enrico Baj, di cui a Rovereto si conserva l’archivio, di Alberto Martini, Enrico Prampolini e molti altri.
Insistendo su questo filone, il museo di Rovereto presenta Surrealismi, una mostra di ricerca, dettagliata e completa, su un tema ancora oggi poco conosciuto e sfidante per il gusto estetico maggiormente condiviso.
IL SURREALISMO
Partendo dall’indole romantica e incantata, che affonda le radici nel Simbolismo, nel Realismo magico e nella Metafisica, attraverso esperienze variegate e confronti con le tendenze coeve, il progetto identifica i caratteri dei surrealismi italiani facendo emergere autori meno conosciuti, isolati o non corrispondenti alle istanze più note.
Come la storiografia ha più volte evidenziato, l’Italia è estranea al movimento surrealista, la cui invenzione e maturazione avviene esattamente cento anni fa in Francia sotto la guida di André Breton. Eppure, si deve allo stesso Breton l’individuazione di due preziosi antecedenti al movimento nell’opera di Giorgio de Chirico e Alberto Savinio, inconsapevoli predecessori di una pittura rivolta ai luoghi più reconditi dell’anima, agli spazi dell’immaginazione e del sogno.
Nello Stivale, i primi studi scientifici sul Surrealismo risalgono al 1930, quando lo psichiatra Emilio Servadio pubblica l’articolo Surrealismo e medianità.
Nel campo dell’arte, invece, il primo critico a parlare in maniera sistematica degli artisti italiani di derivazione fantastica e surrealista è Raffaele Carrieri, con il saggio del 1939 Fantasia degli italiani.
L’inclinazione metafisico-surrealista è riscontrabile in una serie di artisti che non si uniscono mai in gruppi o movimenti, rimanendo casi isolati e geograficamente dispersi. Nel 1950, in Anticipazioni e postumi del Surrealismo, lo stesso Raffaele Carrieri nomina tra i precursori dei surrealisti e dei fantastici italiani artisti come Giorgio de Chirico, Alberto Martini, Alberto Savinio, Fabrizio Clerici e Leonor Fini, Italo Cremona. A suo dire sono questi, infatti, gli unici in grado di produrre una pittura surreale, romantica e capace di guardare al passato attraverso una colta operazione citazionista.
LA MOSTRA
Partendo da queste pietre miliari e attraverso episodi troppo a lungo considerati laterali, la mostra presenta una pluralità di singole evidenze e di fronde di originale qualità e autonomia creativa, in costante dialogo con gli ambienti internazionali e con gli altri campi della cultura.
Il Mart riunisce 160 opere di oltre 70 artisti nati prevalentemente nella prima metà del XX secolo. Una compagine quanto mai completa che include (oltre ai già citati) Ugo La Pietra, Gaetano Pesce, Jannis Kounellis, Arturo Nathan, Gustavo Foppiani, Lorenzo Alessandri, Corrado Costa, Sergio Vacchi, Valerio Miroglio, Giordano Falzoni, Ugo Stepini, Enrico Donati, Romano Parmeggiani.
Divisa in quattro sezioni tematiche che si muovono fra diversi periodi, la mostra rintraccia i filoni principali dei Surrealismi italiani e le loro peculiarità, dal dialogo aperto sul passato che ha in de Chirico l’inquieto capostipite novecentesco, sino alle influenze che caratterizzano alcune espressioni del Futurismo, della scena Pop o post-informale, accomunate dai principi perturbanti tipici del Surrealismo, dal suo vitalismo e dalla sua sostanziale ricchezza stilistica.
In armonia con i temi della mostra, l’allestimento si sviluppa attraverso cinque sale che compongono un labirinto surrealista, tortuoso e straniante.
DOPPIA PERSONALE
ANNAMARIA GELMI E ALBINO ROSSI
Galleria Civica, Trento
12 luglio – 6 ottobre 2024
Negli spazi della Galleria Civica di Trento, il Mart rinnova il suo rapporto privilegiato con gli artisti del territorio. La doppia personale in programma per l’estate 2024 omaggia la carriera di Annamaria Gelmi, al piano terra, e presenta i lavori di Albino Rossi, nel piano interrato della Galleria. Pur essendo due artisti con poetiche distanti tra loro, Gelmi e Rossi sono accomunati da percorsi professionali lunghi e costanti e sono entrambi rappresentati nelle Collezioni del Mart.
Il progetto rientra nell’attività di ADAC, l’Archivio degli Artisti Contemporanei trentini, che opera per la valorizzazione, la promozione, lo studio e la conoscenza delle esperienze artistiche attive sul territorio.
ANNAMARIA GELMI. L’INSTABILITÀ DEL LIMITE
da un’idea di Vittorio Sgarbi
a cura di Margherita de Pilati
Il Mart dedica una mostra all’artista trentina Annamaria Gelmi, le cui opere si distinguono per un’estrema semplicità e pulizia. Tra astrazione e figurazione, il lavoro di Gelmi si confronta sempre con l’architettura; multidisciplinare e concettuale, in costante dialogo con lo spazio. L’originalità del linguaggio emerge tanto nelle combinazioni geometriche, quanto nelle sperimentazioni materiche.
Nel corso della sua lunga carriera, Gelmi ha partecipato a importanti esposizioni in Italia e all’estero, attirando l’attenzione di noti critici d’arte. La mostra L’instabilità del limite è un vero e proprio omaggio che ripercorre l’intero percorso dell’artista.
Costellato di mostre internazionali, il curriculum deve molto al Trentino, dove Gelmi si è artisticamente formata e cresciuta, attingendo a piene mani, contribuendo alla vita culturale, partecipando a mostre personali e collettive come Il Museo e la sua immagine (1982) allestita negli spazi di Palazzo delle Albere e curata da Gabriella Belli, prima direttrice del Mart.
Dopo la prima mostra a Bolzano nel 1968, Gelmi inizia a lavorare con materiali come il plexiglas, il metacrilato e altre materie plastiche. Nascono così opere che giocano con la trasparenza e con lo spazio, composte da grandi fogli di acetato e da forme geometriche elementari.
All’inizio degli anni Ottanta si allontana dal minimalismo in bianco e nero per abbracciare il colore: i lavori che caratterizzano questa fase si connotano come memorie della storia e frammenti di architetture classiche (colonnati, frontoni, labirinti), tutte disegnate su carta giapponese.
Nei Novanta gli elementi architettonici diventano segno, richiamo simbolico. Il colore diventa più forte e induce a percepire lo spazio come condizione mentale in cui può nascere una visione diversa, ambigua e assoluta. In questo periodo l’artista realizza sculture/installazioni in ferro, pietra e ottone, e pubblica il libro SKY LINE, presentato alla 46. Biennale Internazionale di Venezia.
Agli ultimi due decenni, segnati da numerosi e notevoli appuntamenti espostivi, appartengono le opere in ferro e le grandi installazioni.
ALBINO ROSSI. FIORI DEL SILENZIO
da un’idea di Vittorio Sgarbi
a cura di Gabriele Lorenzoni
Negli spazi della Galleria Civica di Trento, il Mart dedica una mostra personale al pittore trentino Albino Rossi. Circa 60 opere di piccolo o piccolissimo formato, realizzate appositamente per l’esposizione e divise in gruppi e sequenze, riflettono la poetica dell’artista, concentrato fin dagli esordi su una narrazione lirica e mai nostalgica della vita di montagna mediante un linguaggio pittorico figurativo, con una forte ricorrenza della natura morta.
La pittura di Rossi è essenziale, concreta, disincantata come un certo fatalismo tipico delle valli, come se fosse una necessità a cui è impossibile sottrarsi. Riproducendo una realtà familiare, conosciuta, Rossi richiama l’idea di una cultura antica, del fare in casa. I lavori raccontano di una spiritualità diffusa, ancestrale, di conoscenze minuziose di erboristica locale e saperi contadini.
Nel piano interrato della Galleria, il percorso si snoda tra frutti e fiori caratteristici dell’arco alpino, con particolare attenzione alla vegetazione spontanea delle Dolomiti di Brenta. Le opere in mostra sono interpretabili come un unico intervento site specific, un «corpus di concetti poetici», ha scritto il Presidente del Mart Vittorio Sgarbi. Due cicli fondamentali, Fiori di montagna e Nature morte di frutti, si fronteggiano generando uno spazio di silenzio.
Le tre salette finali evocano quasi tre cappelle montane, luoghi di raccoglimento e meditazione. Il lavoro si connette così a una religiosità tradizionale, popolare, rituale.
Come quella del maestro Vallorz, la pittura di Rossi contiene un’identità sociale, un codice di segni che descrivono luoghi e atmosfere, con la tenacia dei valori condivisi che da decenni si pongono in antitesi all’over tourism e allo sfruttamento di territori e persone.
LE MOSTRE IN CORSO
Sono in corso fino al 1 settembre al Mart di Rovereto le mostre “Arte e Fascismo” e “Pietro Gaudenzi. La vrtù delle donne”. Per entrambe, vedi qui.
C.S.
Comunicati stampa del 12 luglio 2024
Immagini allestimenti: Ph Mart
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