Scuderie del Quirinale: 163 manufatti nella mostra dedicata a strumenti e riti sonori del Messico antico, nel 150° dei rapporti Italia – Messico.
Per le culture mesoamericane la musica aveva origine dalla forza invisibile del vento, proprio come per le nuvole e la pioggia. Secondo la mitologia quest’arte fu donata all’umanità dagli dèi per comunicare ed entrare in connessione con l’aldilà. I primissimi abitanti del continente americano conoscevano e utilizzavano molti oggetti sonori: fischietti, ocarine, flauti di osso, sonagli di conchiglie e pietre sonore.
La mostra è concepita da un comitato scientifico multidisciplinare composto da musicologi, conservatori, archeologi, antropologi, etnologi e biologi. Un lavoro di oltre due anni condotto da un gruppo di professionisti che ha lavorato incessantemente alla ricerca di un unico elemento: il suono. Dagli scavi archeologici e dai loro studi complessivi sono così emersi documenti e reperti associati al suono nelle civiltà dell’America latina preispanica.
Le Scuderie del Quirinale presentano “Tlapitzalli. Riti e suoni del Messico antico”, una nuova grande esposizione, la prima dedicata a questo argomento, visitabile a Roma dal 30 luglio al 15 settembre 2024, curata da Frida Montes de Oca Fiol.Un progetto espositivo di respiro internazionale nato dalla collaborazione tra il Ministero della Cultura italiano e il Ministero della Cultura del Messico. La mostra, promossa dall’ INAH, l’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia del Messico, in collaborazione con la Direzione Generale Musei del MIC, è proposta nell’ambito delle celebrazioni del 150° anniversario dei rapporti diplomatici Italia – Messico.
Attraverso la selezione di 163 manufatti provenienti delle collezioni di venti musei del Messico, l’esposizione presenta al pubblico un’ampia selezione di reperti. Il progetto, di alto rilievo scientifico, organizzatodalle Scuderie del Quirinale,si inserisce in una delle linee programmatiche intraprese ormai da tempo dalla sede espositiva romana: il racconto sistematico delle tante, straordinarie civiltà figurative. La mostra Tlapitzalli, guardando oltreoceano, ha lo scopo di diffondere l’importanza e la peculiarità delle espressioni musicali preispaniche.
Un elemento, quello musicale, presente nelle civiltà precolombiane in diversi ambiti quotidiani come la religione, la guerra, la caccia, la salute e le attività domestiche. Uno strumento indispensabile il cui scopo era anticamente quello di stabilire la comunicazione con le divinità.
L’origine del suono, in Mesoamerica, come per le nuvole e la pioggia, parte da una forza invisibile della natura: il vento. Secondo la mitologia gli dèi, infatti, regalarono l’arte della musica all’umanità, e per i popoli mesoamericani, il concetto di “musica” includeva inoltre l’arte di cantare e danzare.
La mostra prende così il suo nome dallo strumento musicale tlapitzalli, il flauto di Tezcatlipoca divinità precolombiana celebrata nel mese di maggio al termine della stagione secca.
Tutt’oggi, grazie agli studi archeomusicologici, conosciamo alcuni elementi dell’estetica della musica preispanica. Come una melodia eseguita contemporaneamente con versioni diverse (eterofonia); o l’interferenza tra frequenze diverse (battimenti); oppure suoni diversi che formano un’armonia (polifonia); due o più ritmi simultanei (poliritmia); così come il rumore integrato al linguaggio musicale.
L’esposizione si arricchisce di apparati audio che, grazie alle registrazioni di alcuni brani interpretati per l’occasione, offrono al visitatore una esperienza immersiva fra i suoni emessi da oggetti e strumenti musicali.
L’obiettivo della mostra è un’immersione sensoriale totalizzante attraverso una panoramica ricchissima di immagini, documenti, reperti e riproduzioni sonore in grado di trasportare il visitatore in un mondo antico. Un percorso espositivo che intende sottolineare anche la conoscenza e la capacità di questo popolo di riprodurre gli elementi naturali all’interno degli strumenti musicali.
L’esposizione rappresenta la sintesi di un lungo percorso, un’occasione unica per ammirare manufatti antichi con lo scopo di far comprendere ai visitatori la conoscenza e la capacità di questo popolo di riprodurre gli elementi naturali all’interno degli strumenti musicali.
APPROFONDIMENTI:
LE SEZIONI ESPOSITIVE
Prime espressioni sonore
I primi abitanti del continente americano conoscevano un gran numero di strumenti sonori impiegati dai tempi remoti del Paleolitico superiore (tra 50 mila e 12 mila a.C.), quali flauti d’ossa, sonagli di conchiglie e pietre e simili. Tuttavia, non è stato possibile documentare questa conoscenza se non dopo l’8.000 a.C. epoca cui risalgono i primi reperti archeologici come le conchiglie ritrovate nelle grotte della Bassa California, forse usate come primitivi sonagli, e i flauti ricavati da ossa di costole con perforazioni regolari.
Il sacro, la musica e le espressioni sonore
Tra il 1600 e il 1500 a.C. iniziò lo stile di vita agricolo e sedentario in Mesoamerica, con l’apparizione dei primi villaggi. In questo periodo storico esistevano pratiche culturali come rituali funerari manifestati in sepolture umane intorno alle case; rappresentazioni di pratiche musico-coreutiche; elaborazione di oggetti di ceramica e primi tessuti; pratiche del gioco della palla evidenziato da figurine di giocatori con maschere e protettivi.
A Tlatilco e in altri siti dell’Altopiano Centrale, ad esempio, si avverte l’entusiasmo per la sperimentazione sulla ceramica, di diverse forme di strumenti, elaborati con una conoscenza acustica avanzata e con suoni e effetti sonori ancora più complessi.
Gli Aztechi avevano diversi dei legati alla musica e alla danza come Macuilxóchitl, Xochipilli, Xochiquétzal o Huehuecóyotl. Alcuni si manifestavano in alcuni strumenti musicali: Xochipill nei tamburi e in un’ampia varietà di flauti e ocarine; Macuilxóchitl negli xilofoni e nei gusci di tartaruga. Altri, che non erano considerati déi della musica, si manifestavano in alcuni strumenti: Tetzcatlipoca nei flauti che terminano in un fiore; Tlaloc nei flauti che terminano nel segno di nuvola; Tecciztéccatl nel corno di lumaca; Técpatl sulle pietre sonore; Mictlantecuhtli-Ehécatl negli aerofoni di rumore. Molti altri suonavano strumenti o li portavano come attributi come un bastone per tamburo nel caso di Xipe Tótec e Chalchiuhtlicue o con o i sonagli di conchiglia per Coatlicue e altri dei.
Concetti e simboli della sonorità
Nelle culture preispaniche, i suoni degli strumenti musicali, il canto e la danza comprendevano le espressioni religiose che stabilivano i legami tra la vita umana sulla terra e l’aldilà. Molti degli strumenti rappresentavano gli dei e gli altri esseri del mondo spirituale, sia nella loro forma che nella loro decorazione. Spesso musicisti e danzatori indossavano maschere o altri attributi degli dei e degli esseri spirituali. Sebbene visivamente molti strumenti non fossero rappresentazioni di divinità, giocavano un ruolo importante in atti religiosi; ne consegue il ritrovamento in offerte di templi e altre strutture cerimoniali, come raccontano le fonti scritte del XVI secolo.
La sonorità della natura
Nelle sepolture e nelle offerte erano frequenti le ocarine doppie a forma di animali quadrupedi, facce umane con le guance gonfie o personaggi seduti. Soffiando attraverso queste effigi sonore, il musicista dava vita agli esseri rappresentati; cioè, gli strumenti parlavano nella propria voce o cantavano. Molti di questi piccoli strumenti emettono due toni simultanei, che non sono uguali e producono strani effetti psicoacustici che giocavano un ruolo importante nella musica rituale.
Gli strumenti sonori
Un ricco repertorio di strumenti ed oggetti sonori realizzati con i materiali più diversi e nelle più diverse forme veniva utilizzato soffiando, percuotendo, raschiando questi oggetti.
Danza, canto, strumenti, ensemble musicali e relativi rituali
Nel periodo preclassico i ceramisti hanno raffigurato rappresentazioni di scene sia quotidiane che rituali. Nelle figurine possiamo riconoscere personaggi in chiaro atteggiamento di danza e musicisti che mostrano l’impiego di tamburi di legno, raschiatori, sonagli di zucca e sonagli noti come ayoyotes ricavati da frutta secca, e flauti, che mostra la complessità delle attività musicali durante questo periodo. Quasi tutte le culture successive si sono basate sulle tradizioni musicali stabilite durante questo periodo. Queste figure facevano parte del corredo funerario dei defunti.
Materialità e tecnologia degli strumenti sonori
Negli scavi sono stati trovati un’abbondanza di sonagli sferici, fischietti e ocarine in ceramica. Ci sono stati anche ritrovamenti di tamburi, ayacachtli (sonaglio), vasi che fischiano con il movimento interno dell’acqua, alcuni flauti tubolari in ceramica e numerosi strumenti per raschiare e forgiare le ossa.
I PRESTATORI DELLE OPERE IN MOSTRA
Biblioteca Nacional de Antropología e Historia; Bodega de Bienes Culturales en Tláhuac; Centro INAH Nayarit; Centro INAH Oaxaca; Centro INAH Veracruz; Dirección de Registro Público de Monumentos Históricos; Museo de Antropología e Historia del Estado de México; Museo de las Culturas de Oaxaca “Santo Domingo”; Museo de Sitio de Tlaxcala; Museo de Técpan Tlatelolco; Museo Nacional de Antropología; Museo Nacional de las Culturas del Mundo; Museo Regional de Guadalajara; Museo Regional de Guanajuato, Alhóndiga de Granaditas; Museo Regional Michoacano “Dr. Nicolás León Calderón”; Museo Regional de Querétaro.
LA MOSTRA NELLE PAROLE DEL MINISTRO DELLA CULTURA, GENNARO SANGIULIANO
Ci si addentra con ammirazione e rispetto dentro questa mostra archeomusicologica dedicata al Messico preispanico. L’ammirazione è rivolta al gran numero di disparate competenze scientifiche coinvolte in un progetto del genere che va dalla storia all’etnologia passando per la musicologia fino al restauro specializzato in strumenti della antica civiltà azteca. Restituire per questa via, sia pur frammentariamente, in base ai reperti ed alle conoscenze disponibili, il paesaggio sonoro di una cultura del lontano passato significa condurre una indagine al fine di comprendere meglio se stessi: sono pur sempre le radici sotterranee ed invisibili che nutrono le rigogliose fronde visibili.
Quanto al rispetto, esso è spontaneo e doveroso in questo caso specifico, perché la mostra ci porta gli echi di una civiltà che proprio noi europei abbiamo soppiantato, non senza iniquità e violenze; e dunque ospitare in un luogo altamente simbolico come le Scuderie del Quirinale questa esposizione dedicata ad un capitolo significativo della storia del Messico pre Cortes è anche un tributo di conoscenza dell’altro che alcuni secoli fa non abbiamo, sbrigativamente, voluto pagare privilegiando interessi materiali, talora senza scrupoli.
Oggi che, sia pur attraverso tortuose vicende storiche, la civiltà messicana e quella europea sono accomunate dalla profonda consapevolezza dell’unità del genere umano, possiamo dunque imparare dall’altro anche qualcosa su di noi. La musica, questa universale disposizione dell’umanità, è una delle fondamentali vie di comunicazione intersoggettiva e sociale (dalla dimensione sentimentale, canzoni d’amore, a quella informativa, segnalazioni d’allarme, a quella militare, come “il fischio della morte” azteco) ma anche di celebrazione rituale o personale del sacro (le feste popolari o le sublimi composizioni dei singoli artisti).
Negli strumenti musicali della tradizione azteca qui presenti, in particolare il Tlapitzalli, il flauto nahuati, grazie ai pregevoli e multidisciplinari studi condotti, si intravvede come tutti questi elementi siano presenti, pur senza conoscere nel dettaglio le modalità di utilizzo di questi strumenti. Il loro funzionamento chiama in causa il fiato, il respiro umano, che altera il suono dell’aria, che affianca al soffio del vento, alla voce degli animali e a tutto il concerto della natura, note e melodie generate nei polmoni e nel cuore dell’uomo. La centralità della creatura umana, inserita armonicamente e senza prevaricazione, nella totalità del cosmo, è garanzia di senso, di razionalità e di ordine non casuale del mondo. E d’altro canto – come questo meritorio progetto culturale dimostra – solo lo spirito e l’ingegno umano potevano intraprendere una simile avventura di ricerca a ritroso nella storia.
Sono dunque lieto ed onorato di poter introdurre, in qualità di ministro della Cultura italiano, questa mostra che, partendo da un “particulare” come gli strumenti musicali del Messico antico, ci consente di allargare lo sguardo sulla vastità dell’orizzonte universale della nostra comune e fraterna umanità.
LE PAROLE DEI FAUTORI DELL’INIZIATIVA
DIEGO PRIETO HERNÁNDEZ DIRETTORE GENERALE DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI ANTROPOLOGIA E STORIA DEL MESSICO
La mostra Tlapitzalli. Riti e suoni del Messico antico, curata da studiosi messicani capeggiati dagli specialisti dell’Istituto nazionale di antropologia e storia (INAH) del Messico, è il frutto di una ricerca approfondita e di un’analisi minuziosa dei fondi patrimoniali custoditi dall’INAH, un lavoro che ha portato all’identificazione come oggetti sonori di reperti fino a ora registrati solo in termini descrittivi: fischietti, ocarine, aerofoni, raschiatori, strumenti misti. L’utilizzo delle tecniche radiografiche ha consentito di osservare la loro struttura interna, scoprire indizi per comprenderne il funzionamento e, in alcuni casi, reimpostarne il restauro mirato al recupero, per quanto possibile, dei suoni originari.
S.E. CARLOS GARCÍA DE ALBA AMBASCIATORE DEL MESSICO IN ITALIA
La presentazione della mostra ‘Tlapitzalli, Riti e suoni del Messico antico’ è un altro ponte di grande attualità tra due Paesi che sono potenze storiche e culturali, come il Messico e l’Italia. Ancor di più nel 2024, quando le nostre nazioni celebrano il 150º anniversario delle relazioni diplomatiche. I tlapitzalli, strumenti musicali a fiato tradizionali degli Aztechi e di altri popoli Nahua, generalmente realizzati in legno o argilla, sono vere e proprie opere d’arte, rappresentativi delle divinità azteche anche se alcuni sono decorati con motivi naturali: il passato messicano presente nell’Italia odierna, nella magnifica e prestigiosa sede delle Scuderie del Quirinale.
MARIO DE SIMONI DIRETTORE GENERALE SCUDERIE DEL QUIRINALE
Le Scuderie del Quirinale hanno una antica tradizione di attenzione verso culture da noi distanti nel tempo e nello spazio. Basterà ricordare le mostre Cina. Nascita di un Impero (2006) e Arte della Civiltà Islamica (2015). La mostra Tlapitzalli. Riti e suoni del Messico antico, proposta alle Scuderie del Quirinale dalla Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura, è una conferma di questa attenzione e potrà soddisfare una delle grandi curiosità che noi possiamo avere: conoscere i suoni di civiltà scomparse e quanto di questi suoni rimane nelle espressioni musicali di oggi.
MATTEO LAFRANCONI DIRETTORE ESECUTIVO SCUDERIE DEL QUIRINALE
Con la mostra Tlapitzalli. Riti e suoni del Messico antico le Scuderie del Quirinale tornano a trattare temi di storia delle antiche civiltà, connotati in questo caso da un indirizzo storico-antropologico di grande rigore scientifico che rende conto in modo importante dell’attualità degli studi e della ricerca in questo settore.
FABIO TAGLIAFERRI PRESIDENTE E AD ALES SPA
Attraverso il sostegno finanziario, gestionale e amministrativo a favore delle Scuderie del Quirinale Ales conferma una volta di più il proprio ruolo strategico come società in house a supporto delle attività del Ministero della Cultura.
C.S.M.
Fonte: comunicato stampa di luglio 2024
Immagine di copertina:
Fischietto, volto. Cultura di Tlatilco, Altopiano Centrale, periodo preclassico (2500 a.C. – 200 d.C.), ceramica. Museo Nacional de Antropología
TLAPITZALLI
RITI E SUONI DEL MESSICO ANTICO
30 luglio – 15 settembre 2024
Scuderie Del Quirinale
Via XXIV Maggio 16 – 00187 ROMA
Call Center: +39 02 92897722
E-mail: info@scuderiequirinale.it
scuderiequirinale.it
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