Di Maria Luisa Abate. Verona, Teatro Romano: si sono rinnovate la magia e la poesia del celebre gruppo fondato da Moses Pendleton.
Magici e onirici, surreali e metafisici, divertenti e strabilianti. Il “rito” dei Momix si è ripetuto a Verona. Perché di rito si è trattato, prima ancora che di spettacolo, viste le peculiarità che lo hanno contraddistinto, a iniziare dal pubblico ultra affezionato, ultra entusiasta, ultra desideroso di restare nuovamente strabiliato dagli artisti-danzatori-acrobati-illusionisti. Celebre in tutto il mondo, da ormai 44 anni la Compagnia ha dettato nuove regole dell’arte tersicorea grazie all’intuizione di Moses Pendleton, inventore e guru della “optical confusion”, una sequenza di inganni visivi seduttivi e affascinanti. Solo i Momix, nell’Estate Teatrale Veronese, sono riusciti a inanellare dodici repliche registrando il quasi tutto esaurito a ogni data. E gli spettatori sono andati in visibilio per la malia che si è rinnovata, per questo inno alla fantasia che ha sovvertito le normali percezioni.
Il titolo della serata “Momix“, ha compendiato il meglio di un repertorio divenuto iconico e riportava, nei programmi di sala, la specifica “Omaggio a Verona”, sancendo così lo speciale feeling instaurato negli anni con questa città. Il palcoscenico del Teatro Romano si è animato di creature fantastiche, ibride, frutto di immaginifica antropizzazione della natura o, con lettura contraria, tentativo di riportare l’uomo alla sua essenza animale. La narrazione di mini storie di senso compiuto ha solleticato l’immaginazione e condotto in un mondo fiabesco abitato dallo stupore e dalla meraviglia.
I Momix hanno spinto la capacità muscolare ai limiti delle possibilità fisiche, come in uno stupefacente numero atletico, e hanno sfidato le leggi di gravità nel dare vita a vermiglie corolle di fiori che fremevano al vento, a sciami ronzanti e punzecchianti di vespe, a cow-boy dall’andatura galoppante dei cavalli, o ancora a figure tentacolari dalle mille braccia formate da tubi rossastri. Trasformismo basato sui corpi capaci quasi di disarticolarsi, ma anche sugli oggetti utilizzati con inventiva e sui costumi in grado di mutare forma e lunghezza.
Non è mancata la sezione prediletta da chi scrive, ossia quella astratta, con esserini immaginari e fluorescenti, visti fluttuare sul fondale nero; oppure la spiritosa linea mossa a formare un’onda che si scontrava con un’altra onda, e l’enigmatico cifrario caduto come pioggia su una ingrigita città.
Poesia allo stato visivo erano la donna uccellino chiusa in una gabbia dalle cui sbarre si è liberata facendole roteare vorticosamente, e l’immensa vela candida che un danzatore / Eolo ha fatto fluttuare come se l’ala avesse la leggerezza di una piuma, quando invece ha certamente richiesto uno sforzo fisico imponente.
Nella lunga carrellata emozionale di repertorio, che i frequentatori più assidui conoscevano ma che hanno ammirato con occhi nuovi e sorpresi, due sono stati i brani più recenti. In “Floating” (presentato negli States nel 2023) i corpi dei danzatori si sono riflessi sul pavimento a specchio, dando l’ipnotica illusione di un caleidoscopio sulle sonorità elettroniche d’ambiente degli Shpongle. Infine lo spiritoso e ironico “Red dogs” (debuttato per l’Italia a Roma sempre nel 2023) dove alcuni cagnoloni gonfiabili, omaggio ai celebri balloon dogs dell’artista Jeff Koons, hanno giocosamente preso vita.
Magnifico e sublime, come era nelle previsioni. Dopo Alice nel 2019 (debuttata in prima mondiale proprio a Verona, recensione vedi qui ) attendiamo con trepidazione un altro spettacolo interamente nuovo di zecca, che vada a incrementare l’elenco di titoli unici e indimenticabili che hanno saputo affascinare il mondo intero. Auspichiamo che la magia, oltre a vivere di se stessa autorigenerandosi, dia vita a nuovi entusiasmanti incanti.
Recensione di Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Romano di Verona – ETV Estate Teatrale Veronese – il 13 agosto 2024
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