Di Maria Luisa Abate. Arena di Verona: successo di pubblico per il ‘concerto immersivo’ dedicato alle Quattro Stagioni.

Non c’è museo o mostra o iniziativa culturale, oggi, che non abbia almeno una sezione immersiva. È un segnale importante per l’Arena di Verona aver cavalcato il nuovo che avanza nel corso del 101° Opera Festival, rassegna che da sempre abbina storia e modernità, tradizione e innovazione, per affascinare ogni tipo di pubblico. Innovazione che, in questo luogo particolare e unico, necessita di metodiche e di creatività studiate ad hoc.

Sul finire della stagione estiva 2024, il cartellone areniano ha proposto, per un’unica serata, “Viva Vivaldi. The Four Seasons immersive concert”, in occasione dei 300 anni dalla pubblicazione delle “Quattro stagioni” del celeberrimo compositore veneziano del periodo barocco.

Lo spieghiamo per la schiera dei “diversamente giovani”, alla quale anche noi apparteniamo: il termine immersivo, oggi tanto in voga, identifica l’evoluzione tecnologica delle vecchie proiezioni video, nella quale riveste grande importanza il design grafico. Per esemplificare grossolanamente, le immagini vengono proiettate su diversi piani posti a varia distanza in modo da creare un effetto tridimensionale e dando all’osservatore l’impressione di trovarsi all’interno delle immagini stesse: di entrare in un quadro, in una installazione o, come in questo caso, d’una ambientazione. L’anfiteatro romano che gli storici fanno risalire approssimativamente al I secolo d.C. è ai giorni nostri diventato il più grande teatro al mondo sotto le stelle. Tradotto: niente soffitto e niente pareti alle quali “aggrapparsi” e una situazione da ideare ex novo, affidata (in coproduzione con Fondazione Arena di Verona) al Balich Wonder Studio, leader nel live entertainment, avente a curriculum altre imprese non convenzionali come alcune Cerimonie Olimpiche.

Sul palco dell’Arena di Verona era collocato un enorme cubo contenente i vari schermi a led trasparenti frutto di sofisticata tecnologia. All’interno di esso hanno trovato posto orchestra e solista, resi parte integrante della traccia visiva.

La narrazione, un’ode al pianeta Terra, alla bellezza e vulnerabilità della Natura, ha seguito una via descrittiva nella regia di Marco Balich (direzione creativa e artistica Stefania Opipari e Claudio Sbragion; direzione artistica contenuti video Rino Stefano Tagliaferro; design contenuti video Moving Dots). Non c’è stata quindi una trama e le immagini, magnifiche e suggestive, sono scorse come didascalie della celebre musica di Vivaldi, prevedibili nel susseguirsi dei mesi e delle stagioni. Il verde primaverile degli alberi e i funghi autunnali, i temporali con fulmini e i cristalli di ghiaccio. E poi insetti, mele e melograni, onde del mare e lava vulcanica, orsi e stambecchi, balene e meduse… La rappresentazione del Creato in tutta la sua bellezza e la sua forza maestosa, meno incisiva dal punto di vista dello spettacolo. Un colibrì è parso fuoriuscire dallo schermo, i soffioni hanno fatto volteggiare nell’aria i loro semi alati, ma ci saremmo aspettati un numero maggiore di questi effetti speciali capaci di destare stupore tra il pubblico, “immerso” in alcuni giochi di luci sulle gradinate.  

Sotto il titolo Quattro Stagioni sono racchiusi i primi concerti solistici per violino di un più vasto componimento di Antonio Vivaldi: Il cimento dell’armonia e dell’inventione. In epoca moderna siamo abituati a sentire eseguite le Quattro Stagioni come un insieme a sé stante e consequenziale. In questa serata i quattro concerti, seguiti dal concerto in Mi bemolle maggiore op.8 n.5 RV 253, sono stati suddivisi nei rispettivi movimenti, intervallati da titoli e dagli schermi “a nero” e ciò ha frammentato il discorso musicale, oltre che visivo.  

Per questo motivo, oltre che per essere posizionata all’interno della struttura tecnologica, l’Orchestra della Fondazione Arena, che ben conosciamo come valentissima, ha faticato a emergere. Violino solista, e a tratti direttore della compagine orchestrale formata da una trentina di elementi, era il talentuoso Giovanni Andrea Zanon, che ha peregrinato da una posizione a un’altra all’interno e all’esterno dei fondali led, integrandosi con essi. Riuscendo a mantenere la concentrazione, Zanon ha riscosso una meritata dose di applausi nelle pagine virtuosistiche che ne hanno posto in luce sia la capacità tecnica che espressiva, basata sulla spiccata sensibilità interpretativa e sul fraseggio mai disgiunto dalle scelte dinamiche che hanno favorito un fluire della musica ora soave ora focoso.

Zanon ha anche regalato, al termine, una serie di bis (tra cui una variazione di ardito virtuosismo), che hanno ancor più evidenziato la sua straordinaria padronanza dello strumento acquisita in ancor giovane età. Peccato che quasi tutti i fuori programma, con la sola eccezione della ripetizione di uno dei movimenti vivaldiani, siano avvenuti senza immagini, concentrando meritatamente l’attenzione sul solista ma tradendo la continuità immersiva.

Un nuovo corso senza ombra di dubbio positivo per l’Arena di Verona, che auspichiamo possa trovare future declinazioni migliorandone ulteriormente la componente spettacolare, facendo tesoro di questa prima esperienza che l’unicità del luogo ha reso sotto molti aspetti pionieristica e che infatti è stata presentata come debutto in anteprima mondiale. Il successo di pubblico è stato imponente, con l’anfiteatro sold-out, e l’aver raggiunto diverse fasce di pubblico è anch’esso un traguardo importante, perseguito senza mai essere venuti meno alla qualità artistica che rende famosa l’Arena in tutto il mondo.

Recensione di Maria Luisa Abate
Visto all’Arena di Verona il 28 agosto 2’024
Foto Ennevi

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