Di Maria Luisa Abate. Mantova: le vite parallele di Abbey Lincoln e di Pannonica: la cantante e la mecenate.

Festivaletteratura per noi si è aperto sulle note jazz di due donne profondamente diverse eppure profondamente uguali, le cui vite forse si sono incrociate o forse mai, ma certamente sono scorse parallele. L’una cantante e poi autrice, l’altra appassionata e mecenate. L’una venuta dalla classe proletaria, l’altra rampolla di una tra le più importanti famiglie di banchieri. Una nera, l’altra ebrea.

Due donne che hanno saputo ritagliarsi un posto in un mondo all’epoca maschilista, chiuso, diventando simboli di emancipazione e di libertà. Per farlo, entrambe hanno dovuto cambiare nome e rinunciare ai rispettivi “ruoli” di nascita. Si era da poco conclusa la seconda guerra mondiale e il jazz stava attraversando i suoi anni d’oro, trovandosi a fare i conti con la mentalità maschilista e omofoba di allora, con la segregazione e le leggi razziali, con droga e alcool.

Abbey Lincoln nacque nel 1930 in una famiglia con 12 figli e papà tuttofare, nemmeno un grammofono in casa, però una radio e un pianoforte. Iniziò a sbarcare il lunario come soubrette, poi intraprese con successo la carriera cinematografica, infine, dopo aver cambiato molti pseudonimi dei quali era orgogliosa, divenne cantante jazz, d’avanguardia e dai forti contenuti politici. Sposata a Max Roach, soffrì per il divorzio e per molti anni non cantò più. Poi creò un song book di circa 80 brani di cui era autrice: scriveva partendo dai testi, molto poetici.

Pannonica è il nome di una farfalla notturna e la vita di questa donna sarebbe stata libera come quella di una falena, notturna perché frequentava i club sulla cinquantaduesima a New York. Pannonica de Koenigswarter era nata Kathleen Annie Pannonica Rothschild nel 1913. Nella famiglia Rothschild le donne non potevano partecipare alle attività della banca ed erano allevate negli agi dell’upper class, tra domestici e bambinaie, ed erano destinate a diventare mogli. Difatti sposò un barone austriaco trapiantato in Francia. Partecipò attivamente alla Guerra mondiale, meritando anche una onorificenza. Era innamorata del marito però il matrimonio le andava stretto e durò solo 15 anni. Un giorno ascoltò ‘Round midnight ed ebbe una folgorazione. Era il 1948 e decise che doveva conoscere il pianista, Thelonous Monk. Allora il jazzista non guadagnava, perché era nei guai con la droga e non poteva fare concerti, così decise di intervenire.

Abbey Lincoln seppe scrollarsi di dosso gli stereotipi di razza e dell’essere donna, superando la critica musicale feroce che l’aveva bollata con un epiteto oggi inconcepibile. Fece una bandiera della sua africanità, e diventò una numero uno nel canto, prima di intraprendere la carriera di autrice. Suoi, sono celebri pezzi portati al successo da altri interpreti. E divenne una grande leader.

Pannonica amava dare scandalo: arrivava ad Harlem prima in Rolls poi in Bentley, con pelliccia di leopardo e una sigaretta su un lungo bocchino. Si batteva per dare dignità ai musicisti neri, che portava nei ristoranti e negli alberghi dove non potevano entrare. Erano famose le sue discussioni per farli passare dall’ingresso principale, a loro precluso: a quei tempi anche i neri che erano lì per tenere concerti dovevano usare la porta di servizio. Per lei il jazz non era solo musica, ma uno stile di vita.

In quegli anni non si conoscevano gli effetti devastanti della droga e si credeva fosse necessaria all’arte: tutti i jazzisti erano drogati, alcoolisti e nei guai con la polizia. Charlie Parker, strafatto, morì a casa sua.

Questo e molto altro è stato narrato nel corso dell’incontro nella chiesa sconsacrata della Madonna della Vittoria, intitolato “Ci sarà sempre una canzone per me”, e guarnito da brevi ascolti musicali. Protagonisti della chiacchierata, Luigi Onori, autore della monografia “Abbey Lincoln. Una voce ribelle tra jazz e lotta politica”, e Claudia Fayenz, che ha dissertato sulla biografia“La baronessa. La Rothschild ribelle. Musa segreta del jazz”, scritta dalla pronipote di Pannonica, Hannah. A vivacizzare ulteriormente la conversazione, gli interventi di un altro critico, Stefano Zenni.

Di Maria Luisa Abate
Visto alla chiesa di S. Maria della Vittoria, Festivaletteratura Mntova, 4 settembre 2024
Foto MiLùMediA for DeArtes

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