Di Barbara Baroni. Mantova Musica / Eterotopie: proposta rara di Sentieri Selvaggi sul compositore Steve Rich.
Grande originalità d’un concerto monografico monocromo e stupefacente di musica contemporanea assai evocativa col gruppo Sentieri Selvaggi, importante Ensemble per Mantova Musica / Eterotopie ed un numeroso pubblico. Così nello splendido e accogliente Cortile d’Onore di Palazzo Te sabato 7 settembre si è tenuto un concerto dedicato a Steve Reich (1936). È stata affrontata Music for 18 Musicians (1974-76), capolavoro del compositore americano minimalista, per la prima volta eseguito a Mantova, con innovazione dell’ambito concertistico e il tema della metamorfosi.
Reich è noto per essere iniziatore del minimalismo musicale (nome dato da M. Nyman, compositore britannico) con John Cage e Philip Glass ed altri, e sviluppò nuove tecniche. Ad esempio nel primo periodo crea il loop su nastro e usa i suoni naturali e descrittivi; poi musica etnica ed extraeuropea, con influsso del gamelan balinese (metallofono), strumento rievocato anche da Debussy. Inoltre è stregato dalla musica africana occidentale (a seguito del viaggio in Ghana), unita alla cultura americana nel divenire sonoro. Rivisita il jazz in particolare di John Coltrane e pop, dance ed elettronica in una variegata tavolozza. Ma il compositore si è formato principalmente con lo studio di J.S.Bach e I.Stravinsky, stile barocco e neoclassico ed ha a sua volta influenzato tra gli altri Brian Eno musica “ambient” e rock e David Bowie (come rilevato dal Libretto di sala). L’intervista di Carlo Boccadoro (sempre da questa fonte) nota pure che il pezzo veniva eseguito con “partitura orale” dallo stesso compositore e dal suo Ensemble (con un modo segreto di suonare), poi fu trascritta e pubblicata nel ‘97.
Ecco l’elenco dei valenti interpreti: Voci particolari libere e modulate Elisa Bonazzi, Sara Jane Ghiotti, Gaia Mattiuzzi Giulia Zaniboni, clarinetto e clarinetto basso in rilievo e base armonica fondamentale Mirco Ghirardini Giovanni Pignedoli, violino Piercarlo Sacco, violoncello Aya Shimura stupendi (effetto della pioggia), pianoforti limpido accompagnamento, percussioni sempre all’opera con precisione Leonardo Bertolino, Carlo Boccadoro, Nicola D’Auria, Andrea Dulbecco, Ettore Marcolini Edoardo Maviglia, Matteo Savio.
Il brano si fonda su undici accordi ciclici ed ha forma ciclica complessiva. Le parti sono dette Pulses e Section da I a XI, divise dal suono squillante del vibrafono. La presenza numerosa dei musicisti forma effetti psichici-musicali, amati da Reich e il brano procede per accumulazione. Un altro importante fattore è l’uso del respiro umano, principalmente nei clarinetti e nelle voci, che sostengano il più possibile le note pulse che passano all’orchestra da camera accordale.
Lo stile di Reich è paragonato alla poesia di Goethe (libretto Festivaletteratura 2024) sia per il modificarsi progressivo illuminante dei suoni che per gli aspetti formali; la metamorfosi faceva parte con riferimento ad esempio ad Ovidio e Kafka del programma 2024 MM, rappresentando una metafora della vita e dell’ambiente. Melodia e ritmi cangianti affascinano l’ascoltatore in un tappeto sonoro brillante.
L’Autore scrive «Io sono interessato ad un processo percettivo, voglio essere capace di ascoltare il processo mentre avviene attraverso il suono». Spiega cioè l’uso dei patterns ripetitivi a volte lenti a volte simili a volte in divenire con il “phasing” sovrapposizione dei modelli, osservato nel programma: ossia l’intreccio difficile e a momenti esotico di disegni ritmici e armonici «in un flusso sonoro in cui ogni cambiamento (shift) è percepito in quanto parte di un luminescente e metamorfico processo sonoro». Possiamo paragonare il “flusso sonoro” alla stream of consciousness (flusso di coscienza di Joyce e Virginia Woolf) e con il “flusso di pensiero” elemento filosofico di Husserl.
Concerto coinvolgente dove Eterotopie ha incontrato Palazzo Te e Festivaletteratura (Carlo Boccadoro a Festivaletteratura vedi qui), con un brano rivoluzionario e sperimentale sul piano stilistico, e con riferimento alle avanguardie artistiche del Novecento ma anche al canone fiammingo e suggestioni orientali e arcaiche. Vi sono unioni variegate: «risulta – come lo stesso Reich spiega – una situazione interessante, in cui l’influenza non occidentale si manifesta nella concezione dell’opera, ma non nel suono…l’influsso delle strutture musicali non occidentali sul sistema di pensiero di un compositore occidentale può effettivamente portare così a qualcosa di nuovo anziché a un’imitazione» (cfr. brano Drumming del 1970-71, per ensemble di percussioni con voci femminili e ottavino, modificato da Reich dopo una discussione col batterista Gideon Alorwoyie. Unisce il phasing con le riduzioni e le costruzioni ritmiche e i pattern sono in combinazione).
La conoscenza di strumenti e artisti ha portato a pezzi dall’armonia più completa negli anni ‘70: oltre a questo brano “Song for 18 Musicians” (1974-76), “Song for a Dapper Ensemble” (1978) e “Octet” (1979). Questi lavori mostrano di continuo l’espansione dei frammenti melodici su un ritmo pulsante, ampliando i risultati acustici e il moto armonico. “Octet” fu modificato in seguito come “Eight Lines” (1983), anche con quartetto d’archi. Il pezzo odierno ricorda la colonna sonora per le voci di Mission d’Ennio Morricone e raggiunge dei momenti di stasi gestaltica che rasentano la saturazione, il momento eterno, provocando un ascolto immersivo che deve continuare ad espandersi ed è paragonabile in certi momenti ad una colonna sonora western. Le percussioni hanno un rilievo ed esotismo che forma un continuum e ricorda la ricerca sulla densità anche con i timbri di strumenti come la marimba e la xilomarimba. Le voci puro suono e respiro sono trattate a monosillabi come strumenti ripetuti e il suono evoca il ritmo del treno o meglio di un safari in Africa. C’è chiaramente l’esperienza del viaggio e dell’atmosfera con le parolibere e versi lontani e l’elemento percussivo. L’ascolto è complesso a causa di questa saturazione che lascia solo rari momenti di tregua.
Reich ha scritto un libro sulla sua estetica, “Writings about song” (1974), più avanti rielaborato come “Writings on song” (2002). Si tratta di un’aura filmica ed esotica che crea una magica sospensione e note dietro cui si trova una storia affascinante, che ricorda Hemingway con Verdi colline d’Africa degli anni ‘30 (racconto di un safari). Un affresco sinestetico che si rende visibile attraverso i suoni e tiene attenti gli spettatori.
Ricordiamo che il gruppo Sentieri selvaggi è nato nel 1997 da Carlo Boccadoro, Filippo Del Corno e angelo Miotto e lavora con i più notevoli compositori tra cui Philippe Glass (1937) e Fabio Vacchi ed altri, ed è attento alle arti interdisciplinari. Si tratta di una “operazione culturale” coprodotta da MM/Eterotopie, Palazzo Te e Festivaletteratura.
Un’esperienza artistica rara che ha trascinato gli ascoltatori con la ripetizione e microvariazione sonora fino al parossismo, con pennellate univoche capaci di fermare il tempo e di realizzare le parti vocali come strumenti, evidenziando anche la bellezza del set strumentale.
Di Barbara Baroni
Visto a Palazzo Te, MamtovaMusica /Eterotopie, il 7 settembre 2024
Foto Barbara Baroni