Di Diego Tripodi. Bologna, Exitime: FontanaMIX Ensemble versatile ed ‘elettrico’ nei brani di Kaja Saariaho.
Ritorna dopo l’interruzione estiva la seconda metà di EXITIME2024 Agli infiniti possibili, la rassegna annuale che FontanaMIX Ensemble allestisce presso gli spazi delle Officine San Mattia di Bologna. Ed è un rientro dolce, che dopo l’astinenza vacanziera ci rimette in carreggiata sapientemente, con giusta lusinga e senza pericolose scosse, attraverso l’allestimento dello spettacolo The Tempest Songbook, un omaggio alla compositrice finnico-francese Kaija Saariaho, scomparsa poco più di un anno fa e con la quale FontanaMIX aveva collaborato già nel 2007 in occasione di un concerto monografico presso il Teatro Comunale di Bologna. Lo spettacolo si è avuto in duplice recita nelle sere di sabato 14 e domenica 15 settembre e di quest’ultima vi diamo qui testimonianza.
The Tempest Songbook è una raccolta di arie accompagnate da vari strumenti e nate in un ampio arco di tempo creativo, dal 1993 al 2014, nonché, come si legge sul sito ufficiale della compositrice, come singoli e variamente destinati regali di compleanno. Tutti i doni però si incentrano su monologhi tratti dal celebre lavoro di Shakespeare e ciò ha negli anni inevitabilmente portato ad un coagulo drammaturgico sempre più coeso. Inizialmente pensati per un organico da camera moderno, successivamente l’autrice ne ha approntato una versione per strumenti d’epoca e nel 2015, in vista di un’esecuzione al Metropolitan Museum di New York, è nato il montaggio – sempre immaginato dalla compositrice – delle sei canzoni con estratti dalla semi-opera The Tempest attribuita a Henry Purcell. Ed è questa la versione che anche FontanaMIX ha voluto eseguire nei suoi due concerti.
C’è poco da fare, l’accostamento fra stili e linguaggi distanti è una soluzione che si rivela sempre intrigante e questo perché è un po’ la dimostrazione di una scommessa, di un azzardo e, difatti, non di rado la scommessa viene persa per artificiosità, debolezza logica o assenza di gusto. A maggior ragione, resta una pratica sulla quale vale la pena insistere: riesce a illuminare i repertori di nuove luci, a diminuire le distanze ghettizzanti che usualmente l’abitudine concertistica finisce per costruire fra gli stessi e infine amplia e mischia i destinatari andando a pescare fra più tipi di pubblico.
È questa una filosofia alla quale FontanaMIX è molto affezionato e infatti non manca mai di proporre in qualche progetto. Per l’occasione, fra l’altro, il compromesso è stato ulteriore e così anche l’ibridazione: l’ensemble ha infatti schierato sia strumenti d’epoca (clavicembalo, flauto a becco, chalumeau, tiorba) che strumenti moderni (archi, chitarra e campana tubolare), con una licenza che avrebbe infastidito qualche cultore più oltranzista della filologia, ma che, appunto, nel contesto di fluidità temporale del programma aveva un suo perché.
Il concerto è dunque risultato gradevole, complice certamente il fascino ammaliante della musica dello pseudo Purcell, ma anche per la tenuta fino alla fine della alternanza, quasi esatta, fra questa e le sei songs di Saariaho. Di queste, la prima è in realtà l’ultima composta e prende spunto dal monologo del nostromo dal primo atto di Shakespeare: la vivacità delle figure nel canto e nell’accompagnamento rappresenta abbastanza una distanza rispetto alla scrittura delle altre cinque canzoni, le quali, complice il testo, presentano un carattere più meditativo.
A proposito di ciò può essere interessante riportare quanto si legge sempre nelle note sul sito della autrice: «Iniziato negli anni Novanta con arie per soprano e baritono che preannunciano L’Amour de loin, e concluso con il monologo cantilenante del nostromo nel 2014, in cui è stata sviluppata per la prima volta la lunga scrittura vocale di Innocence, The Tempest Songbook può anche essere considerato il taccuino di schizzi di una compositrice d’opera, un perpetuo work-in-progress che ha funzionato come laboratorio per tutta la sua carriera di scrittura per la voce lirica».
Persino a livello testuale avveniva un interessante duello sul comune terreno de La Tempesta: infatti Saariaho ha scelto di lavorare sull’originale del Bardo dell’Avon, mentre il contributo barocco parlava l’inglese più asciutto della restaurazione con testi di Dryden e D’Avenant.
Protagonisti assoluti dello spettacolo erano però i due giovani cantanti, che di volta in volta erano Prospero, Ariel, Calibano, Miranda, Ferdinando e tanti altri, muovendosi attorno all’ensemble in una sobria azione semi-scenica (entrambi sono stati selezionati per l’occasione tra le fila degli allievi di un nome noto al pubblico della contemporanea quale Alda Caiello). Il soprano Laura Zecchini possiede un bel colore vocale e, anche se conforme ad un canto leggero, forse poteva guadagnare qualche maggiore accento drammatico, mentre il baritono Paolo Leonardi ha mostrato una voce sonora e ha servito la scena con una buona convinzione teatrale.
FontanaMIX Ensemble, guidato dal suo direttore storico Francesco La Licata, ha dato una lettura dei brani della Saariaho più elettrica rispetto alle interpretazioni “atmosferiche” cui siamo abituati per questa autrice e ha dimostrato una sorprendente versatilità nel camouflage da consort barocco: a tal proposito una menzione speciale per la bravura trasformista meritano Lavinia Guillari al flauto dolce, Marco Ignoti allo chalumeau e Pietro Agosti che ogni tanto passava in maniera singolare dal contrabbasso alla chitarra.
Recensione di Diego Tripodi
Visto a Bologna, ex chiesa di San Mattia, 15 settembre 2024
Immagine di copertina: @fontanamixensemble
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