Di Diego Tripodi. Orchestra Mozart a Bologna: chiusura del ciclo Beethoven. Fotonotizia del concerto a Milano.

Un appuntamento che è stato un potente concentrato di anniversari: i duecento anni della più iconica fra le due composizioni in programma, i venti anni dell’orchestra protagonista, i dieci anni dalla scomparsa del suo celebre fondatore, Claudio Abbado. Il concerto che l’Orchestra Mozart ha tenuto sabato 20 settembre presso il Teatro Auditorium Manzoni di Bologna (come seconda tappa di una mini-tournée che ha toccato anche Ferrara e Milano) è stato sentito come un richiamo ineludibile dalla città: la partecipazione è stata infatti da sold out e l’esito talmente apprezzato, che è un vero peccato siano così poche le opportunità per ascoltare questa orchestra nella città che l’ha vista nascere.

Ad oscurare un attimo i cieli è stata l’assenza per indisposizione di Daniele Gatti (direttore artistico dal 2019, succeduto ad Haitink), tuttavia prontamente risolta grazie alla risposta del celebre direttore inglese John Eliot Gardiner, che, pur postosi alla guida dell’orchestra all’ultimo minuto, ha mantenuto inalterato il programma previsto.

Il concerto si collocava come ultima tappa di un percorso cominciato un paio d’anni fa, inevitabile per ogni grande compagine, ossia quella scalata al Parnaso che è l’integrale delle nove sinfonie beethoveniane. Quella sera la Mozart ci portava a respirare l’aria purissima della vetta con un programma che coraggiosamente metteva assieme Ottava e Nona, la bambina e il gigante, due lavori così incredibilmente distanti eppure amabilmente interconnessi, una accoppiata che pretende una devota attenzione nell’ascolto.

Per quanto notoriamente snella rispetto alle consorelle, l’Ottava allungava sensibilmente i tempi di un concerto che, di solito, viene egemonizzato dal pesante prestigio della Nona. Non così la prima esecuzione di quest’ultima – sia detto en passant – che, secondo la normale prassi di allora, in quel giorno di grazia del 7 maggio 1824, nel Teatro di Porta Carinzia a Vienna, vide l’ultima sinfonia di Beethoven accostata all’Ouverture La Consacrazione della Casa op.124 e addirittura a Kyrie, Credo e Agnus Dei dalla Missa Solemnis (benedetta epoca in cui ammazzare il tempo conduceva a simili impegni!).

[Foto (C) Marco Caselli Nirmal]

La Mozart si conferma un’orchestra di alto livello, capace di tutto, sotto ogni profilo. Il virtuosismo dei suoi componenti non la espone, miracolosamente, a quel rischio così frequente in queste formazioni fatte d’eccellenza, sinfoniche o cameristiche che siano, di risultare una sommatoria brillante quanto piuttosto vana. Coesione e senso d’insieme, precisione, con particolare riferimento alla sezione degli archi, ne sono la cifra; e in generale con momenti davvero di ammirevole bravura, come in quella magia che sono le ultime battute dell’Allegro vivace e con brio dell’Ottava, una chiusura di raffinata compostezza quanto l’apertura è una ventata che spalanca la finestra sul più luminoso paesaggio beethoveniano.

E ancora la grande pulizia della texture nei tanti momenti in cui, neanche a dirlo, la fa da padrona una scrittura aggrovigliata di contrappunti (per tutti, lo sviluppo sempre del primo movimento dell’Ottava; la sezione centrale dello Scherzo e buona parte delle variazioni dell’Adagio molto e cantabile della Nona), in cui inseguire o lasciarsi condurre diveniva un gioco restituito magnificamente all’ascoltatore. Ça va sans dire, merito va innanzitutto alle prime parti, senza eccezione alcuna. Mi voglio solo soffermare sulla particolare bravura dei corni (Vittorio Ferrari, Giuseppe Russo, Dimer Maccaferri, Marco Malaigia): che piacere sentirli suonati bene! D’altronde, i momenti loro destinati da Beethoven in entrambi i lavori sono molti e generosi, alcuni passi anche assai celebri, e in concerto sono stati affrontati, a seconda del caso, ora con bella cantabilità ora con una incisività ricca di colori, con richiamo alle sonorità naturali, certamente intuizione e incoraggiamento del direttore.

Anche i timpani, destinatari di così gloriosi momenti, erano particolarmente vistosi, grazie all’attacco di Robert Kendell, che Gardiner, fra l’altro, ritrova anche nella “sua” Orchestre Révolutionnaire et Romantique.

[Foto (C) Marco Caselli Nirmal]

Gardiner ha tirato fuori un Beethoven in gloria, elegante e grintoso al contempo, e ha mostrato scelte molto interessanti sia nella conduzione che nella concertazione, in parte anche diverse da quelle consegnate a registrazioni o esecuzioni divenute di riferimento, il che è un pregevole indice di inventiva e studio sempre presenti nell’anziano Maestro e anche di una buona capacità di valorizzare la compagine che di volta in volta si trova a dirigere. Belle le scelte di tempo, pensiamo all’Allegretto scherzando dell’Ottava, che non aveva la fretta cui spesso lo sentiamo sottoposto e, anzi, piuttosto trattenuto, mostrava comunque una brillantezza rossiniana che, sul noto ticchettio, installava anche spunti di affettuosa cantabilità; o, viceversa, l’andamento sostenuto nel tanto atteso acme dell’Inno alla Gioia, veramente un tripudio.

Tutto l’ultimo movimento della Nona è stato percorso da un’energia positiva che metteva da parte l’impostazione retorica che spessissimo grava su questa pagina, riconsegnandola ad una più sincera emanazione delle vitalistiche parole di Schiller (potentissima la resa della grande sospensione su Gott! Giustamente solenne ma anche caloroso il tanto atteso “abbraccio delle moltitudini”).

Protagonista di questi momenti era il Coro del Teatro Comunale (preparato da Gea Garatti Ansini), il quale ha fatto un ottimo lavoro come, d’altronde, ci succede spesse volte di constatare in occasione degli allestimenti di quel teatro.

Come ultimo cenno, mi è d’obbligo, l’esecuzione del terzo movimento della Nona, unico momento realmente distensivo dell’intero concerto. Questa pagina, forse (mi sbilancio a mio rischio e pericolo) la più bella e grande prova della maestria sinfonica di Beethoven, è stata resa dalla Mozart in maniera impeccabile, con la giusta attenzione prestata all’equilibrio esistente fra quell’accorata concentrazione di latente gemmazione che l’ultimo Beethoven riserva ai tempi lenti (pensiamo ai movimenti nelle sonate opp.109 e 111, non a caso entrambi, come nella sinfonia, delle variazioni) e un’incontenibile fantasia.

[Foto (C) Marco Caselli Nirmal]

Infine i quattro solisti (Lenneke Ruiten, Eleonora Filipponi, Bernard Richter e Markus Werba) sono stati tutti all’altezza della scrittura vocale che, com’è noto dalle critiche di verdiana memoria, è impervia e nei quartetti si snoda tortuosa come viticci di un verde rampicante. L’entrata del basso, O Freunde, nicht diese Töne!, è stata davvero un segnale di cambio di rotta e comunicava ancora una volta, come per il coro, un’autentica gioia.

Appena arrestatasi la grande corsa dell’ultimo movimento, dopo la scoppiettante fanfara finale, una grande e lunga ovazione ha invaso la sala, il sentimento palpabile di entusiasmo e sincero apprezzamento del pubblico ha concesso a Gardiner numerose chiamate e il tempo necessario per far alzare tutte le sezioni d’orchestra e indirizzare gli applausi alle prime parti e ai solisti.

Questa Nona ci fa pensare a quanto eternamente urgente (e tradito) rimanga il suo messaggio di fratellanza e quanto sempre più stridente sia la distanza fra la caratura morale di un simile prodotto dell’arte e dell’ingegno della cultura europea e il disorientamento culturale in cui quella stessa cultura sembrerebbe oggi essersi dissipata, nonché non troppo lontana dall’avverare la nota cupa prospettiva di Bakunin, secondo cui «se ogni specie di musica dovesse essere condannata a sparire nella conflagrazione universale, noi, anche con pericolo della vita, dovremmo salvare questa sinfonia».

A chi per la prima volta si approcci dal vivo a questo eterno capolavoro si dovrebbe sempre augurare di assistere ad una simile esecuzione, perché l’impressione suscitata non si cancelli mai dal suo cuore.

Recensione di Diego Tripodi
Visto a Bologna, Teatro Auditorium Manzoni, 20 settembre 2024
Immagine di copertina: (C) Marco Caselli Nirmal

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FOTONOTIZIA DEL CONCERTO A MILANO
Sir John Eliot Gardiner ha diretto l’Orchestra Mozart nel medesimo programma, nella sala Verdi del Conservatorio di Milano, come serata inaugurale della Stagione della Società del Quartetto.
Fra il pubblico, anche i Senatori a vita Liliana Segre e Mario Monti.
Foto MiLùMediA for DeArtes










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