Di Barbara Baroni. MantovaMusica: performance evocativa e raffinata di letture e musica, voci e suoni, tra antico e contemporaneo.  

Viaggio tra mito e arti con l’intensa stagione di MantovaMusica, che ha chiuso il mese settembrino e il ciclo Eterotopie con un interessante spettacolo nella rara location del Palazzo di San Sebastiano nell’ambito di Per sentieri sconosciutimusica di oggi ispirata al mondo antico. Si creava così un mosaico in sei sezioni di letture accompagnate, dal tiolo “Bute – Oltre il canto delle sirene”: Elena Bertuzzi soprano specializzato che ha interpretato canto e vocalizzi, Olga Manganotti voce recitante di spicco, come aedi contemporanei, Fabio Zannoni flauti evocativi della Grecia antica e dell’India, appassionato di contesti teatrali e Riccardo Massari Spiritini, compositore arrangiatore e performer di elettronica e tarcodium (strumento elettroacustico di sua invenzione) voce e sintetizzatori, autore delle variate musiche. Drammaturgia affidata agli stessi Fabio Zannoni e Olga Manganotti e con Elena Bertuzzi improvvisazione creativa, un’ottima interpretazione assai evocativa e raffinata, un gruppo ben affiatato e innovativo, che svolge un fine approfondimento del rapporto tra antico e contemporaneo.

Sarà Nietzsche, in La gaia scienza, il filosofo del naufragio e della conoscenza, esprimendo il terrore dell’umano. Si parla principalmente delle “Argonautiche” di Apollonio Rodio. Apollonio nacque probabilmente ad Alessandria fra il 295 e il 290 a.C. Il nome Rodio deriva da un soggiorno a Rodi, in attesa di una edizione del poemetto. Studiò con Callimaco e fu compagno di studi di Eratostene. Si recò ancora ad Alessandria ed assunse la direzione della Biblioteca. Le Argonautiche erano dopo le prime difficoltà apprezzate nel mondo antico (ci sono numerosi papiri) e formano il solo poema epico ellenistico integrale pervenuto, a cui fra l’altro si ispira l’Eneide di Virgilio.

Passiamo ad analizzare l’eroe nella mitologia greca: Bute (sez.1) era il figlio di Zeusieppe e di Pandione ed uno degli Argonauti. Il padre un giorno morì e Bute divenne sacerdote di Poseidone e di Atena. Bute sposò la figlia del fratello, Ctonia, da cui nasce la stirpe. Il mito di Bute è legato al viaggio degli Argonauti verso la Colchide. Giasone prese il vello d’oro, ma incontrò l’isola delle Sirene. Solo Bute affascinato si buttò in mare in cerca dell’ignoto, mentre gli altri eroi erano salvati dal canto e dalla lira di Orfeo che sopravanzava la voce delle sirene; fu così che la stessa Afrodite lo salvò nelle acque della Sicilia e divenne sua amante, e poi visse l’oblio.

Dunque Bute è un argonauta mitologico dall’intensa forza; una strana figura mitica, simbolo della ricerca del sapere. “Bute, oltre il Canto delle Sirene” è dunque un pout-pourri di stili che si accostano in una proposta di spettacolo musicale – letterario, in cui suoni acustici ed elettronici, flauti, percussioni, voce recitante e canto interagiscono anche con l’arte visiva e con opere splendide e profonde,  molte a fondo blu (apposite per l’occasione) del pittore Rachid Bahri, che completano il dialogo delle arti interdisciplinari. Bute è immagine della ricerca in un insieme che si ispira alla Gesamtkunstwerk wagneriana e alla sinestesia di Scriabin, rappresentata da un viaggio mitico artistico ed ha uno spirito avventuroso.

L’ensemble ha realizzato una performance favolosa, ha tenuto colori tenui, arcaizzanti, con un crescendo parlando dell’India, e dei begli assolo del flauto. Mantengono la coordinazione con la visual art e cercano la dolcezza e l’amore, formano un sottofondo ideale ai brevi numerosi scritti, intrecciando varie combinazioni con tutta la propria capacità incantatoria.

Si comincia da Apollonio Rodio Argonautiche (sez.1)e si conclude col racconto di Ulisse del Canto XXVI (sez.5 Ulisse) dell’Inferno dantesco: “seguir virtute e canoscenza”, idea di chi vuole superare le colonne d’Ercole verso luoghi sconosciuti. Infine Lando coro incredibile in lingua esperanto (sez. 6).

Vi erano altri scritti di Guido Barbujani e Andrea Brunelli con i loro studi sulla genetica degli uomini primitivi e sulle migrazioni che portano visioni fantastiche e creano una mappa della preistoria. (El siempre mar sez.4) è unito a Cantata del mare, su testo corale di Pier Paolo Pasolini “A milioni, sbarcheranno a Crotone e a Palmi” e “mare la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso”, commistione di cantato e recitato. Ecco Esumin-deserti con dune che ricordano l’oceano (sez.2 anche città mesopotamiche) e poi il tema delle città (sez.3 Il viaggio, le città e la memoria) con le Città invisibili di Italo Calvino (libro composto da nove capitoli, che s’aprono e chiudono coi discorsi fra Marco Polo e Kublai Khan), e altre città moderne come New York visione caotica, nello sguardo di Federico García Lorca. Poi Bombay con il disordine e le foto dell’India di Marcello Zanuso, studiata da Antonio Tabucchi (Notturno indiano) e Marrakech, descritta dallo spagnolo Juan Goytisolo.

Si aggiunge inoltre Paul Bowles che studia la visione dell’infinto (Il the nel deserto) e poi emergono le migrazioni degli animali con Julio Cortázar. Ricordiamo anche il libro Il naufragio di Alessandro Leogrande, sulle migrazioni dei profughi. Vi sono anche scritti di Pascal Quignard e Stefan Zweig. Ci soffermiamo poi su Pasolini maestro di vita in questo coro misto accostato ad Eugenio Montale (canto ermetico da Ossi di Seppia “Antico, sono ubriacata dalla voce” e la stessa frase sul mare “mare, la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso e insieme fisso”) e in ultimo Borges, creatore del realismo magico (canto Chi è il mare?).

Insomma un insieme letterario con testi variegati ispirato dal mito di Bute e alla ricerca dei meandri poetici; mentre sul piano musicale vengono uniti il canto popolare soprattutto indiano ed i moduli contemporanei per giungere allo spazio del sogno misterioso, con una particolare esplorazione della voce e delicatezza sonora.

Per concludere osserviamo che vi è il riferimento del poema all’Odissea: il ritorno di Ulisse è simbolo del lungo vagare tra mille avventure, egli non viene attirato dalle sirene perché si fa legare all’albero della nave, ma il viaggio dell’Odissea porta anche i marinai al naufragio. Il tema è ripreso ad esempio nell’Infinito di Leopardi (cfr. Odissea, XXIII, 233: “Come ai naufraghi appar dolce la terra, …sul mare”. Si entra nella cosiddetta poesia oceanica o oceanismo che porta il lettore a navigare tra le pagine come per Joyce ed è emblematico il verso “Era già l’ora che volge il disio, ai navicanti e ‘ntenerisce il core”, Dante Purgatorio (Canto VIII) e ripreso da Leopardi “Sì ch’a mirarla intenerisce il core”, Il passero solitario. Nella musica poi spiccano Il ritorno di Ulisse in patria e l’Orfeo di Monteverdi. Possiamo paragonare questo mito-favola anche alla filosofia di Novalis dello Streben, anelare verso l’infinito nel Romanticismo magico e del fiore azzurro irraggiungibile.

                                                                 Recensione di Barbara Baroni 
Visto a Mantova, Palazzo San Sebastiano, per Mantova Musica, il 28 settembre 2024
Foto Barbara Baroni