«La più bella Traviata? La mia! Un progetto da realizzare? Traviata!» Il Maestro Franco Zeffirelli, novantasei anni compiuti il 12 febbraio 2019, non perde lo spirito arguto. Gli chiediamo perché Violetta Valery sia uno dei personaggi da lui preferiti in assoluto. «Amo tutto di Traviata. Violetta è un’immagine perfetta della donna d’oggi. Passi una giornata con lei e assaggi tutti i sapori della femminilità».
Accompagnato dalle scodinzolanti Dolly e Blanche che non lo perdono di vista un attimo, del resto «con gli animali si spende il tempo più prezioso», il regista scenografo e costumista riceve la stampa nella villa sull’Appia Antica a Roma per parlare del prossimo impegno teatrale, presentato poche ore dopo anche a Firenze alla Fondazione che porta il suo nome. “La traviata” inaugurerà l’Opera Festival all’Arena di Verona il 21 giugno 2019 e sarà replicata fino al 7 settembre in una nuova rilettura che rappresenta il culmine di un incessante lavoro sul titolo verdiano. Un allestimento dalla lunga gestazione, che dal 2008 attendeva di vedere la luce e lo fa ora per “l’esigenza di restituire al pubblico quell’essenza della perfezione sempre cercata con caparbia determinazione dall’ultimo artista-artigiano del palco, vero ambasciatore della grande tradizione italiana nel mondo”, si legge nel comunicato stampa.
«Il coronamento di un grande sogno, di Zeffirelli e mio». Cecilia Gasdia riveste l’operazione di un duplice significato. Nel 1984 il Maestro chiamò il soprano allora ventiquattrenne a Firenze per cantare nel ruolo di Violetta diretta da Carlos Kleiber sul podio. Dopo trentacinque anni l’attuale Sovrintendente e Direttore Artistico dell’Arena di Verona è «orgogliosa, emozionata, commossa di poter ricambiare il dono immenso ricevuto». C’è un altro motivo, che Gasdia esterna con la consueta schiettezza: tra tante versioni moderne, è importante tramandare alle nuove generazioni uno spettacolo ligio alla drammaturgia, fedele a Dumas e a Verdi, che durerà in futuro e sarà periodicamente riproposto, come tutti gli spettacoli del regista fiorentino, che costituiscono un patrimonio estetico e culturale. Zeffirelli è celebre per saper unire alla sorprendente inventiva scenica il totale rispetto del testo e della musica. «È un perfezionista e ha sempre voluto giovani vicino. Ci ha insegnato a trovare dentro noi qualcosa che non sapevamo di avere e … mi ha massacrata!» ammette ridendo Gasdia con affetto e riconoscenza.
Il Maestro non fa in tempo a entrare nella sala e subito è assediato da microfoni e telecamere. La voce è diventata un filo di vento, uno zeffiro, e forse era destino. Zeffiretti infatti avrebbe dovuto chiamarsi il piccolo Franco, si legge nell’autobiografia: un nome fittizio, come allora era consuetudine dare ai figli di N.N., mutuato dagli zeffiretti gentili dell’Idomeneo. Ma l’impiegato sbagliò e scrisse Zeffirelli, un cognome unico al mondo per il futuro artista che avrebbe regalato al mondo emozioni uniche.
Questa per lui è la nona Traviata, la prima nell’anfiteatro veronese. Luogo dove il Maestro denota una ineguagliabile dimestichezza con l’imponenza delle masse artistiche e con i grandi spazi che solitamente spaventano e nascondono insidie; abile come nessuno a sfruttarne al meglio le caratteristiche e stupire il pubblico, anch’esso atipico. L’Arena lo ha omaggiato nel 2010 proponendo un cartellone in cui tutti i titoli portavano la sua firma. Un grande feeling anche con la città di Verona, per la quale ha contribuito al restyling di Piazza Bra e dove la celebre casa di Giulietta, visitata da milioni di innamorati da tutto il mondo, espone arredi e costumi del suo celeberrimo film Romeo e Giulietta.
Nell’amata Verona il Maestro ha promesso di fermarsi, la prossima estate, il tempo necessario a sovrintendere a questa sua nuova creazione, avvalendosi della collaborazione di due artisti e amici di lunga data: Massimo Luconi che riprenderà la regia basandosi anche sui bozzetti rielaborati al computer, e il costumista Maurizio Millenotti, due volte candidato all’Oscar per merito di Zeffirelli, tiene a precisare. Senza dimenticare il solido apporto di Stefano Trespidi. I disegni passano di mano in mano per le foto di rito. Il Maestro per un attimo emozionante dimentica di essere in conferenza stampa, guarda i costumi con occhio da regista e si mette a discuterne i particolari.
Tra le autocitazioni che si vedranno in scena, l’invenzione del sipario all’aperto, uno sbalorditivo cambio a vista e la presenza del letto originale utilizzato nel film del 1983.Sarà, si legge nelle note areniane, “una somma sintesi del pensiero estetico sull’amatissima opera dell’ultimo grande Maestro della regia”. L’epopea de “La traviata”, in un entusiasmante susseguirsi di otto riletture anteriori a questa, iniziò nel 1958 a Dallas con Maria Callas. Fu quella la prima occasione, per il giovanissimo Zeffirelli, di confrontarsi con l’edizione appena diretta alla Scala dal suo padre artistico Luchino Visconti, del quale sulle pareti del salotto della casa romana spicca un’intensa fotografia in bianco e nero. Ci fu poi la pietra miliare de “La traviata” cinematografica del ’83, che segnò indelebilmente il connubio tra mondo teatrale e di celluloide.
“La nuova Traviata è al contempo cronistoria di un lungo pensiero, d’immagini, colori e suggestioni sedimentate negli occhi e nei cuori del pubblico di mezzo mondo, tra citazioni, ricordi, continui ripensamenti di allestimenti lontani, quasi un’enciclopedia della riflessione stilistica zeffirelliana sull’amatissimo soggetto. Una produzione importante soprattutto per le giovani generazioni che non hanno potuto godere di persona dei grandi allestimenti del passato e che si troveranno di fronte a un affresco che raccoglie in sé il florilegio di un pensiero raffinato dall’esperienza, sublimato da una lunghissima riflessione, documento storico ed estetico al contempo”.
Resoconto Maria Luisa Abate
Contributi fotografici MiLùMediA for DeArtes
Roma 13 febbraio 2019