MA*GA: per 5 mesi il design italiano è il protagonista di due mostre parallele.

Due percorsi espositivi distinti ma complementari raccontano da un lato l’eccellenza del design storico italiano, sviluppatosi tra gli anni cinquanta e il duemila, attraverso le creazioni dei suoi maestri più celebrati, dall’altro, i progetti e i processi del design dopo gli anni zero, con le voci delle nuove generazioni.

Per cinque mesi, il design italiano è l’assoluto protagonista al MA*GA di Gallarate (VA), con il contributo del Ministero della Cultura e di Regione Lombardia – Assessorato alla Cultura. Due percorsi espositivi complementari e legati da un medesimo allestimento curato da Parasite 2.0, raccontano,dal 13 ottobre 2024 al 2 marzo 2025, la storia gloriosa e il futuro prossimo di un linguaggio che ha contraddistinto e continua a contraddistinguere l’Italia nel mondo: “Arte e design. Design è arte” e “Hyperdesign”. XXVII edizione del Premio Gallarate.

Arte e design. Design è arte, da un progetto di Philippe Daverio, a cura di Emma Zanella, Vittoria Broggini e Alessandro Castiglioni, è la grande mostra dedicata alla storia del Design italiano: un’avventura di instancabile innovazione e sperimentazione, in costante dialogo con le arti visive.

Hyperdesign. XXVII edizione del Premio Gallarate, curata da Chiara Alessi, è riservata invece ai progetti e ai processi del design dopo gli anni zero intorno ad alcuni dei temi cruciali del nostro presente: sostenibilità e ambiente, sicurezza e lavoro, inclusività e relazione.

Ad accompagnare le due esposizioni, un ricco public program con conferenze ed incontri con i nomi più autorevoli del panorama del design attuale. Per le famiglie, il Museo propone una serie di laboratori alla scoperta degli aspetti più curiosi e divertenti del design. Tutte le attività sono a partecipazione gratuita.

Le rassegne sono sostenute dal Ministero della Cultura sia nell’ambito del PNRR (M1C3-3), finanziato dall’Unione Europea – NextGenerationEU e gestito dal Mic, sia per il finanziamento afferente al “Fondo Cultura 2022-2024” con il progetto “Il Museo nell’era Post-Digitale”; inoltre, sono parte del progetto “Arcipelago Design”, finanziato tramite l’Avviso Unico 2024 di Regione Lombardia.

Con l’avvio delle due mostre prende corpo anche il Patto per le Arti, l’accordo strategico tra cultura e impresa nato all’inizio del 2024 in collaborazione con Confindustria Varese.

APPROFONDIMENTI:

ARTE E DESIGN. DESIGN È ARTE
L’esposizione prende spunto da un progetto che, nel 2009, Philippe Daverio aveva formulato insieme al MA*GA a seguito di un lungo lavoro di ricerca e confronto sulle collezioni del Museo e sui protagonisti che hanno determinato svolte significative nella relazione tra arte e design. Il progetto viene ora attualizzato e riproposto, in occasione dei primi trent’anni di storia della sezione Design del MA*GA, in un percorso dedicato al dialogo tra arti visive e design che ha caratterizzato il secondo dopoguerra, un’avventura di instancabile innovazione e sperimentazione.

Il design viene analizzato nella sua forma di fenomeno complesso e, come definito da Daverio stesso, “ambiguo”, perché risponde contemporaneamente a una serie di questioni culturali, economiche, sociologiche ma anche autoriali ed estetiche, che si sovrappongono e intrecciano in modo unico.

L’allestimento è suddiviso in cinque sezioni, quasi si trattasse di cinque capitoli di uno stesso libro, arricchito da una premessa e da una postfazione. Arte e design. Design è arte, infatti, è introdotta da un omaggio al saggio di Philippe Daverio “Il Design nato a Milano: storia di ragazzi di buona famiglia”, da cui hanno preso le mosse le scelte estetiche di questa mostra, con una serie di poltrone di Gio Ponti, Luigi Caccia Dominioni, Marco Zanuso, affiancata dal ritratto della famiglia Ponti dipinto da Massimo Campigli.

Il percorso si apre negli anni appena successivi al termine della seconda guerra mondiale, dove le strutture essenziali degli oggetti si fanno più appuntite, spigolose, dure, come nel celebre Cicognino di Franco Albini qui in dialogo con L’Urto, una tela di Emilio Vedova in cui le geometrie nere restituiscono il dramma del conflitto. A queste forme rispondono, a inizio degli anni cinquanta, strutture policrome più libere: è il periodo in cui si afferma il Movimento Arte Concreta e una costruzione che mescola rigore e organicità come nell’opera di Gillo Dorfles, Immagini ambigue, o nel portaombrelli di Antonia Campi.

La sezione Quando i salotti erano bianchi analizza il periodo del boom economico, quando un nuovo gusto, tipico delle élite urbane, trasforma la casa in uno spazio in cui rappresentarsi. Questa estetica si caratterizza per forme essenziali e sinuose che trova assonanza con l’eleganza astratta e spazialista dell’arte coeva. Contemporaneamente anche la produzione industriale inventa nuovi materiali, produce nuovi oggetti, anche tecnologici, facilmente accessibili e le opere d’arte rispondono di conseguenza. In questi salotti ideali le Attese di Lucio Fontana dialogano con le lampade sospese di Bruno Munari aprendo spunti di riflessione sul rapporto ritmico tra pieni e vuoti, assenze e presenze, oggettualità e immaterialità.

Dalle libertà personali alle libertà politiche esamina la tendenza propria del Design Radicale nel rifiutare i tradizionali metodi che portano alla nascita di un progetto di design, introducendo un nuovo modo di guardare e di interpretare gli oggetti; allo stesso modo, i collettivi femministi iniziano a portare, insieme all’arte concettuale, nuove istanze politiche all’interno della pratica creativa contemporanea. Ad esempio, attorno al 1968, si inizia a guardare alla cultura di massa con ironia critica ma anche assumendone le innovazioni tecniche, come nel caso del Pratone di Ceretti, Derossi, Rosso e i moduli componibili di Kartell disegnati da Anna Ferreri Castelli.

Negli anni settanta, la crisi economica ed energetica, le difficoltà politiche, le tensioni degli Anni di piombo, conducono i designer a riflettere e a sviluppare un linguaggio più essenziale. Nasce una progettazione democratica fatta, come pensava Enzo Mari, di kit di autocostruzione, ma anche di idee rivoluzionarie in cui l’utopia diventa la principale caratteristica. È quello che accade con le poetiche Metafore di Ettore Sottsass immerse in uno strettissimo dialogo con la natura o con le opere di Arte Povera di Giulio Paolini o Alighiero Boetti.

Milano da bere, titolo mutuato da una famosa pubblicità, esplora il periodo degli anni ottanta, quando si assiste a una nuova esplosione dei consumi, all’affermazione di una società edonistica e leggera, contraddistinta dal ritorno del colore e dal successo internazionale del Made in Italy. Il design assume un carattere postmoderno e citazionista, che guarda al passato per rimodularlo, come nel caso emblematico della poltrona Proust di Alessandro Mendini. Altro elemento è quello dell’ironia, che tra gli anni ottanta e novanta si rivolge sia alla storia dell’arte, come per Maurizio Cattelan che cita Lucio Fontana attraverso dei tagli sulla tela che ricordano la firma di Zorro, sia alla dimensione domestica come nel caso di Alessi, azienda capace, nel dialogare con i più importanti designer della nostra epoca, di dare un nuovo significato alla semplice oggettualità della cucina.

Grazie alla media partnership di Rai Cultura, la mostra ospita inoltre, nel grande spazio progettato da Parasite2.0 dedicato all’incontro non formale con i pubblici del Museo, una selezione di programmi, sigle, documenti e personaggi noti e meno noti, scelti in collaborazione con Rai Teche, destinata a raccontare un’altra forma di design, quello culturale e sociale che la televisione ha contribuito a delineare. La sezione, già parte del progetto originale di Daverio, è presentata nel 70° anniversario dell’avvio delle trasmissioni sul primo canale televisivo italiano.

Arte e design. Design è arte si completa e idealmente si chiude con gli anni novanta, lasciando a Hyperdesign,il progetto espositivo ideato da Chiara Alessi per la XXVII edizione del Premio Gallarate, l’analisi di ciò che accade nel XXI secolo. Un’ultima riflessione, una sorta di postfazione lega le due mostre. Si tratta di Under Attack, un’opera interattiva di Ennio Bertrand, artista pioniere dell’arte digitale in Italia, in cui il pubblico può intervenire e sviluppare le proprie riflessioni sul tema dell’attacco alle Twin Towers di New York dell’11 settembre 2001.

HYPERDESIGN. XXVII edizione del Premio Gallarate
La mostra, curata da Chiara Alessi, è dedicata ai progetti e ai processi del design dopo gli anni zero e predilige l’immagine di un cantiere in presente continuo, rispetto a un discorso storico.

Mentre il design diventava una professione di massa, senza la possibilità di capire l’attualità attraverso un vocabolario aggiornato che rimpiazzasse quei codici del Novecento che lo interpretavano attraverso gli stili, i maestri, le icone e le aziende, le pratiche sono andate avanti anche senza teorie che le sostenessero. In questo ambito, spicca un rinnovato interesse per la tradizione artigianale italiana, che riprende le radici manuali dell’autoproduzione, come nel caso di Internoitaliano, fabbrica diffusa, ideata da Giulio Iacchetti con Silvia Cortese, in cui l’azione paritetica di designer e artigiano danno vita a un catalogo di oggetti con l’ambizione di disegnare tutto quello che può essere contenuto in un interno.

L’accesso semplificato a nuove tecnologie e il ritorno all’autoproduzione ha inoltre portato a soddisfare esigenze specifiche, realizzando piccole serie su misura, come avvenuto per la maschera per la respirazione Easy Covid, progettata da Isinnova modificando una maschera da snorkeling in un respiratore, congiungendola all’erogatore di ossigeno attraverso un raccordo stampato in 3D, oppure come Letizia, il metodo innovativo per creare arti inferiori artificiali a basso costo e in tempi molto brevi, durante il conflitto in Ucraina.

Parallelamente, si assiste alla crescita e all’affermazione di aziende alternative ai grandi marchi storici del design che scommettono sui giovani e garantiscono loro maggior libertà di sperimentazione. Tra i designer italiani della nuova generazione, c’è Odo Fioravanti, di cui vengono esposte delle sedute in polistirolo riciclato oppure ottenute da scarti di lavorazione.

Un’altra significativa novità con cui fa i conti il design nel nuovo millennio riguarda i materiali della progettazione. Esemplare a tal proposito, è l’esperienza di Formafantasma, che ha trovato possibilità tecniche ed estetiche inaspettate offerte dai polimeri naturali estratti da piante, come nella serie Botanica, o da derivati animali, o ancora sul legno e i suoi scarti, sul materiale lavico e sui polimeri biodegradabili nella produzione di arredi.

Il design, quindi, si è indirizzato verso altri ambiti che non fossero solamente quelli legati alle varie tipologie dell’abitare. Testimonianza di ciò è la start up Workair di D-air lab, fondata nel 2015 da Lino Dainese, che progetta il primo airbag per la protezione dei lavoratori in altezza, certificato come Dispositivo di Protezione Individuale.

In questo primo ventennio del secolo si assiste anche a una riscrittura della storia del design, non più e solo legata ai nomi delle icone, dei brevetti, dei maestri e delle firme, quanto al processo a una progettazione open source, collettiva e anonima che circola liberamente e a cui ciascuno può contribuire, permeabile a una comunità mondiale. Un esempio, in questo senso, è Arduino, una piattaforma hardware composta da una serie di schede elettroniche dotate di un microcontrollore, ideata e sviluppata nel 2005 da alcuni membri dell’Interaction Design Institute di Ivrea, libera da diritti cui tutti possono accedere per creare altri prodotti, adattabili alle esigenze di ciascuno.

La mostra al MA*GA dà poi conto di progetti in cui il design incontra discipline come l’antropologia, la psicologia, o si trova ad analizzare il contesto dove determinate soluzioni possono trovare una realizzazione, interloquendo direttamente con l’utenza. Ad esempio, la Maidan Tent, la “piazza” coperta destinata ai migranti del campo profughi di Ritsona (Grecia) crea uno spazio comune polifunzionale in cui è possibile non solo avere un rifugio d’emergenza ma condividere e socializzare attività ed esperienze, organizzare eventi culturali, forum di discussione e molte altre attività nell’ottica di superare alcuni traumi da isolamento.

Sempre in questo ambito, è da segnalare l’esperienza di LiveinSlums, una ONG che opera in territori urbani con forti criticità, coinvolgendo figure professionali appartenenti a diversi ambiti disciplinari: architetti, agronomi, paesaggisti, sociologi, antropologi, fotografi, designer e artisti. Dopo la costruzione di una scuola, con refettorio e dormitorio, che accoglie 300 tra bambini e bambine di Mathare, uno degli slum più grandi di Nairobi, si è trattato quindi di realizzare i prototipi degli arredi, la cui progettazione, affidata a Giacomo Moor, si è svolta insieme a giovani di Mathare, dando loro così la possibilità di imparare nuove tecniche, e accedere a un lavoro artigianale pagato.

L’avventura del design si è sviluppata in territori che uscivano dagli spazi tradizionalmente ad esso associati; un hyperdesign che cerca di articolare il proprio ruolo intorno ai temi cruciali del nostro presente: dal lavoro alle questioni di genere, dal clima alle disabilità.

Il percorso espositivo del MA*GA prosegue quindi con l’analisi di Italian Limes, un progetto di ricerca di Studio Folder, presentato per la prima volta alla 14a Mostra Internazionale di Architettura nell’ambito dell’edizione della Biennale di Venezia del 2014, che affronta il problema climatico come questione collettiva. Italian Limes è un’installazione cartografica che esplora le regioni alpine, dove i confini nazionali, solo apparentemente indiscutibili ed evidenti, si spostano a causa del riscaldamento globale e del ritiro dei ghiacciai evidenziando il conseguente spostamento dello spartiacque che definisce i confini di Italia, Austria, Svizzera e Francia, e quindi svelando il problema della rappresentazione territoriale e le sue implicazioni politiche.

Tra i progetti di public art, si possono ammirare quelli del collettivo Cheap, fondato da sei donne a Bologna durante il terremoto del 2012, impegnato nella ricerca di un equilibrio tra pratica curatoriale e attivismo, che attraverso il mezzo effimero dei manifesti su strada, interviene nei quartieri, nelle strade, negli spazi autogestiti.

Dal canto loro, Sex & the City, associazione di promozione sociale (APS), fondata nel 2022 da Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro, che osserva, da un punto di vista di genere, le città, il welfare, l’accessibilità ai servizi, la sfera simbolica della rappresentazione pubblica e la percezione di insicurezza nello spazio pubblico, ha prodotto una mappatura emotiva site-specific, con lo scopo di avviare una ricognizione in progress sulla condizione della città di Gallarate in merito alla vita quotidiana delle donne e minoranze di genere.

Da tempo si parla di inclusione nella progettazione per persone con disabilità, col risultato di produrre, in alcuni casi, un’esclusione di secondo grado. Al MA*GA viene presentato il Parco Inclusivo Universale, un intervento di riqualificazione che immagina Parco Schuster, una vasta area di fronte alla Basilica di San Paolo a Roma, aggiornata in chiave di accessibilità universale e che si sviluppa in occasione del Giubileo 2025, in collaborazione tra il Dipartimento di Architettura dell’Università degli studi Roma Tre, Fondazione Tetrabondi, Associazione AES Architettura Emergenza Sviluppo, il Municipio Roma VIII e l’assessorato all’Ambiente di Roma Capitale.

Hyperdesign si completa con Archeoplastica, un progetto di Enzo Suma che da oltre dieci anni lavora come guida naturalistica ad Ostuni (Br) e dal 2018 è impegnato attivamente nella sensibilizzazione sul tema dell’inquinamento da plastica, che è insieme un museo virtuale dove osservare una selezione di reperti arrivati dal mare, e un archivio con la finalità etica di sensibilizzare sul tema dell’inquinamento dei mari determinato dall’utilizzo della plastica e dalla scorretta gestione del fine vita della stessa.

C.S.M.
Fonte: comunicato stampa ottobre 2024

ARTE E DESIGN. DESIGN È ARTE
HYPERDESIGN – XXVII Premio Gallarate
13 ottobre 2024 – 2 marzo 2025


Museo MA*GA
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