Novecento: Nuovi Percorsi è il nuovo assetto del Museo del Novecento a Milano che si estende ora fino agli anni ottanta con l’allestimento di 122 opere di 56 artisti e che, attraverso due inediti itinerari, propone una significativa rilettura del patrimonio museale. Il progetto è parte integrante di un programma di rivisitazione che investe la sfera museografica, museologica e storico-artistica, e che giungerà a compimento nel 2020 in occasione del decimo anniversario dall’inaugurazione del Museo, grazie al sostegno di partner privati.
In questo primo appuntamento si sono inaugurate le rinnovate sale destinate a Marino Marini, le sale conclusive relative all’arte dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, e il nuovo laboratorio didattico.
Novecento: Nuovi Percorsi, elaborato dalla Direzione e dal Comitato Scientifico, presenta l’innovativo progetto museografico per le sculture di Marino Marini pensato dall’architetto Italo Rota, che ha anche collaborato all’allestimento delle opere della seconda metà del XX secolo: quasi mille metri quadrati di nuovi itinerari, che comprendono l’allestimento di centoventidue opere d’arte e l’integrazione di trenta nuovi artisti all’interno del percorso espositivo.
Le sale dedicate a Marino Marini trovano una nuova collocazione, inserendosi nel percorso espositivo permanente in maniera cronologicamente coerente. L’operazione mira a valorizzare una raccolta profondamente significativa per le vicende collezionistiche della città di Milano. Le opere d’arte coinvolte sono infatti state donate dall’artista e dalla moglie, Mercedes Pedrazzini, alle Civiche Raccolte d’Arte tra il 1972 e il 1986: sono state quindi esposte presso la Civica Galleria d’Arte Moderna fino al 2010, anno in cui sono state trasferite al Museo del Novecento.
Nove anni dopo la sua apertura, il Museo propone una nuova riflessione sulla produzione artistica di Marino Marini: selezione, allestimento e posizione – con affaccio su Piazzetta Reale – concorrono a enfatizzare il rapporto privilegiato che l’artista ha sempre avuto con Milano, proponendo al contempo uno scorcio della sua ricca e variegata attività. Dalla ritrattistica scultorea del Ritratto di Filippo de Pisis (1941) e il Ritratto di Igor Stravinskij (1951), alle sperimentazioni pittoriche di Le tre figlie del carrozziere (1947) e Scenario (1960), fino alla tensione che traspare nei movimenti delle Pomone, dei Cavalieri e dei Giocolieri.
Con lo spostamento della collezione Marino Marini, prima accolta nelle sale al quarto piano del Museo, è stato possibile ripensare integralmente l’allestimento relativo al periodo compreso tra gli inizi degli anni Sessanta e gli anni Ottanta. L’itinerario parte dal patrimonio museale e si avvale, tramite prestiti e comodati, dell’importante collaborazione di fondazioni, archivi e collezionisti. Da un lato si propongono narrazioni parallele di possibili storie dell’arte, con un’attenzione particolare al secolo breve come terreno fertile per le sperimentazioni linguistiche e mediali, dall’altra per la prima volta si crea un’interessante interazione con la scena artistica internazionale, grazie all’esposizione di parte della collezione Bianca e Mario Bertolini, donata al Comune di Milano nel 2015: accanto ai lavori di John Baldessari, Joseph Kosuth e dei coniugi Becher vengono esposte opere di Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Vincenzo Agnetti, Emilio Isgrò.
Il percorso si apre con le esperienze ottico-cinetiche sviluppatesi a Milano alla fine degli anni Cinquanta, partendo dalle ricerche di Bruno Munari per chiudersi con le opere bidimensionali e gli Ambienti del Gruppo T. Si affrontano le varie declinazioni della pittura: le esperienze Pop, il Realismo Esistenziale, i dipinti analitici e concettuali, e l’espansione del concetto di scultura da oggetto tridimensionale che abita lo spazio alla nascita dell’Installazione, fino a pratiche immateriali quali la performance. I lavori dei romani della Scuola di Piazza del Popolo, fra cui Mario Schifano, Renato Mambor e Mario Ceroli solo per citarne alcuni, sono presentati accanto a Andy Warhol, Robert Rauschenberg e Richard Hamilton, mentre un significativo dialogo si instaura tra le superfici monocrome di Giulio Paolini e le carte di Sol Lewitt, e ancora tra Giorgio Griffa e Daniel Buren. Una saletta monografica è dedicata all’artista torinese Carol Rama, con l’esposizione – per la prima volta a Milano – di Presagi di Birnam (1970), acquistata dal Museo nel 2012.
L’importanza dell’arte concettuale è inoltre sottolineata dallo spazio dedicato agli artisti italiani e internazionali che tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta hanno attuato una significativa riflessione sul medium fotografico, tra cui John Baldessari, Marcel Broodthaers, Jan Dibbets, Joseph Kosuth, Vincenzo Agnetti, Bruno Di Bello, Giuseppe Penone, Ugo La Pietra e Michele Zaza. Le sale successive sono dedicate all’arte italiana, con un approfondimento sull’espansione del concetto di scultura da oggetto tridimensionale che abita lo spazio fino alla nascita dell’installazione, arrivando a toccare pratiche immateriali quali la performance. Oltre alla Sala dedicata a Luciano Fabro, confermata nel nuovo allestimento, l’analisi linguistica e materiale dell’installazione è affrontata attraverso le opere, tra gli altri, di Giovanni Anselmo, Amalia Del Ponte, Jannis Kounellis, Eliseo Mattiacci, Fabio Mauri, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto e Gilberto Zorio. Il percorso si chiude con il racconto delle esperienze che alla soglia degli anni Ottanta propongono un ritorno alla soggettività e alla narrazione, attraverso le opere di Nunzio Di Stefano, Marco Gastini, Paolo Icaro, Mimmo Paladino, Giuseppe Spagnulo.
C.S.M.
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del Novecento
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