Di Alessandra Pederzoli e Enzo Grossi. Bologna: direttamente dall’edizione bolognese del 24FRAME Future Festival, ‘A boat in the garden’ e ‘Iti Mapukpukaw (The missing)’.

Si è conclusa ieri, domenica 10 novembre, l’edizione bolognese del 24FRAME Future Film Fest, appuntamento italiano di grande rilievo dedicato alle tante sfumature del cinema di animazione, prodotto e promosso da rete DOC. Tanti sono stati gli appuntamenti che si sono susseguiti all’interno dello spazio DumBo a Bologna e che vedrà tre giornate modenesi, dal 22 al 24 novembre 2024 presso il cinema Astra.

Il 30esimo anniversario del film ED Wood di Tim Burton è stata occasione per proporre una serie di appuntamenti di grande valore culturale e artistico: lungometraggi, rassegne di cortometraggi, realtà virtuale, gaming, serialità dalle indie al mainstreaming. Ma anche workshop e approfondimenti con esperti del settore, per coinvolgere il pubblico, e la platea di professionisti, in un dialogo efficace e concreto che ha visto lo scambio diretto con gli esperti del settore.

Le proiezioni di lungometraggi e cortometraggi in concorso, e fuori concorso, si sono alternate magistralmente a momenti di approfondimento aperti a un pubblico interessato e curioso che non si è lasciato sfuggire la possibilità di incontrare i grandi esperti del mondo dell’animazione. Così, ai dibattiti, si sono alternati laboratori e incontri one to one tra aspiranti autori emergenti e le case di produzioni che ne avevano selezionato i progetti per la sessione di pitch.

Entrare da spettatori al DumBo ha significato entrare quasi in una dimensione parallela e intensa, dove l’immaginario, il fantastico e il reale si sono fusi in un unicum di grande valore artistico e culturale. Diversi gli incontri e le proiezioni a cui abbiamo partecipato, a partire dal workshop con Searit Huluf, regista della Pixar Animation, su come realizzare un corto di animazione, all’approfondimento con il professor Toshio Miyake sul cinema mostruoso del maestro Hayao Miyazaki, fino alle visioni dei cortometraggi in concorso e alle proiezioni di diversi lungometraggi.

L’attenzione è stata catturata, in particolar modo, da due lungometraggi: A boat in the garden (Slocum et Moi) di Jean-François Laguionie (Lussemburgo/Francia 2024) e Iti Mapukpukaw (The Missing) di Carl Joseph E. Papa (Filippine, 2024). Due film molto diversi ma di grande valenza e impatto.

A boat in the garden (Slocum ed Moi) ci riporta negli anni cinquanta, in Francia dove, sulle rive del fiume Marne, incontriamo Francois. Siamo in quella prima periferia di Parigi, dove ancora si vede una sottile seduzione tra campagna e città.  Francois è un piccolo grande sognatore che ama viaggiare con la mente e perdersi nei fitti intrecci della sua immaginazione. La sua vita, tranquilla e fatta di viaggi tutti suoi, cambia rapidamente e improvvisamente quando il padre, uomo silenzioso e tuttofare, inizia a costruire una barca nel giardino della loro casa. Francois non sa che il padre, oltre a non essere il vero padre biologico, ha una grande passione segreta: il viaggio in completa solitudine di Joshua Soclum che ha navigato il mondo in compagnia solo del suo Spray, uno sloop di legno di 37 piedi, nell’arco di tre anni, due mesi e due giorni, tra l’aprile 1895 e il giugno 1898. Questa passione del padre diventa concreta e lo diventa coinvolgendo, in un’azione collettiva famigliare, anche Francois e la mamma, nell’intento di replicare quasi esattamente la barca del grande navigatore, riducendone ovviamente le misure, per via delle dimensioni del giardino. Impiegano anni.

Questo scorrere del tempo è per lo spettatore il viaggio con la V maiuscola, arricchito da tanti elementi che ne rendono il film quasi un capolavoro. È un viaggio nel buon umore ma anche nella poesia, nella fervida immaginazione, nei tavolini dei bar all’aperto, nella musica jazz ma anche nel cinema di Gary Cooper fino ad arrivare all’arte dei musei parigini. Quella che si vive in pieno è dunque un’epoca e un luogo. Lo si vive, non lo si guarda su uno schermo. E lo si vive senza malinconia perché ci si ritrova in quelle strade e in quell’atmosfera, pacata e tenue, con gli occhi di un ragazzo che cerca l’amore e l’amore del padre, in una fase così delicata della sua vita che è la crescita.

Così è un andare e tornare dall’Oceano al giardino e viceversa, attraverso gli intrecci famigliari così delicatamente descritti da un’animazione pulita, dolce e, a tratti, volutamente infantile che ci coinvolge e ci porta dritti al cuore della storia: viaggi reali e immaginari si intrecciano al complicato e meraviglioso mondo delle relazioni umane in un film, a giusta ragione, presentato nella Selezione ufficiale del 77° Festival di Cannes.

Abbandoniamo la Francia e i suoi tenui colori pastello e ci spostiamo completamente in un altro mondo con Iti Mapukpukaw (The Missing)di Carl Joseph E. Papa (Filippine, 2024). Qui entriamo in una dimensione e in una narrazione completamente diversa ma davvero potentissima.

Conosciamo Eric, il protagonista, fin dai primi fotogrammi, e lo conosciamo nella sua più evidente caratteristica: Eric è un ragazzo letteralmente senza bocca e deve comunicare attraverso una lavagnetta su cui scrive con un pennarello, e poi cancella. Immediatamente ne vediamo il rapporto con la madre che lo chiama per svegliarlo la mattina e intuiamo che non viva con lui. Sin dai primi dialoghi percepiamo la profondità che ci accompagnerà poi per i quasi 90 minuti di film.

Eric conduce una vita all’apparenza normale, lavora nelle Filippine come animatore digitale e vive solo in appartamento carino, anche se abbastanza trasandato, a conferma della sua solitudine in casa nonostante non venga mai esplicitamente raccontata. Lavora con Carlo che, come lui, si occupa di animazione; tra i due si evidenzia un rapporto sempre più intimo e profondo e i due sembrano corrispondere i sentimenti che li legano. Una telefonata della mamma smuove a Eric quello che sarà poi il centro del film: la mamma non ha più notizie del fratello, lo zio di Eric, e chiede al ragazzo di cercarlo. Quando lui riesce a raggiungere la casa dello zio, lo trova morto nel letto da tempo. È come scoperchiare un vaso fatto di silenzi, di non detti, di passato che stravolgerà Eric e la sua “normale” esistenza. Che poi, così normale evidentemente non è, è pur sempre un ragazzo senza bocca.

Da quel giorno vediamo Eric alle prese con una strana creatura aliena che torna sulla terra con la sua navicella per portarlo con sé sul suo pianeta, lontano dalla Terra. Eric scappa continuamente e coinvolge anche Carlo in questa fuga. Mentre seguiamo le vicende di Eric ci spostiamo tra il suo quotidiano e una dimensione altra, nel quale il ragazzo si trova in fuga da un essere che gli chiede di essere completamente suo, di abbandonare la sua vita e di diventare guida del suo paese. Lo vuole con sé nuovamente, dopo essergli sfuggito quella prima volta quando, da bambino, lo aveva già portato sul suo pianeta ma senza successo.

Viaggiamo con Eric e la sua angoscia aliena che lo insegue; lo facciamo spostandoci dal suo presente al suo passato continuamente, dove il passato è tratteggiato con colori a cera, come se fossimo dentro a un disegno di un bambino. L’unico, nella sua infanzia, a non avere il volto è proprio lo zio, il cui viso è coperto e colorato tutto di nero.

Eric scappa dal suo quotidiano, Carlo lo accompagna e assistiamo al suo annullamento. Perde anche un orecchio, un occhio, i suoi genitali. Solo dopo che Eric ritrova nitido quel ricordo d’infanzia, e siamo all’apice della narrazione, capiamo gli abusi dello zio nei suoi confronti in tenera età, e iniziamo a mettere in fila i pezzi per dare senso a ogni dettaglio che l’autore ha seminato nel film, con una abilità straordinaria.

È solo quando Eric riuscirà a guardare in faccia questo suo trauma, a schiacciarlo e ad affrontarlo una volta per tutte, uscendo da sotto quel letto che lo ha riparato, per tutti quegli anni, che sarà finalmente libero. Troverà nella tomba, insieme al corpo dello zio, ogni parte perduta del suo corpo e ritroverà finalmente la sua voce.

Un film potente, intenso, sconvolgente. La drammaturgia perfetta della narrazione di Joseph E. Papa, si accompagna a un’animazione efficace e straordinaria: il 2d si affianca alla tecnica del rotoscopio, restituendoci e portandoci in un viaggio incredibile. Sociale collettivo e anche introspettivo.

Si conferma dunque l’animazione un modo incredibile per raccontare, per arrivare dritti al cuore delle storie e parlare di ogni tema in modo talvolta delicato e talvolta dirompente ma comunque con un elevato potere artistico.

Appuntamento, dunque, a Modena dal 22 al 24 novembre.

Di Alessandra Pederzoli e Enzo Grossi
Visto a DumBo Bologna, 24FRAME Future Festival, novembre 2024
Foto Alessandra Pederzoli

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