Di Barbara Baroni. MantovaMusica: David Riondino, flauto e chitarra: parole e musica ruotando attorno a Don Chisciotte.

La suggestione della favola, l’immaginifico che coinvolge il pubblico con “Storie di dame e cavalieri”, con David Riondino voce recitante, anche cantautore, attore, regista e scrittore, Stefano Maffizzoni valente flautista e Andrea Candeli chitarra, virtuoso, eclettico, che ha collaborato pure con Ugo Pagliai.

David Riondino toccava tasti dal comico al tragico ricondotti al Novecento. Le musiche ben eseguite dialogavano con la recitazione: Canzone da Giulietta e Romeo di Nino Rota, Syrinx di Debussy per flauto solo, Colore popolare e infine Oblivion di Piazzolla.

Gabriel Mourey, uomo di cultura, chiese dal 1909 a Debussy le musiche per una sua pièce teatrale ispirata a Psiche. Debussy si fece pregare molto, poi decise di musicarlo col titolo La flûte de Pan nel 1913. Il brano era “per l’ultimo canto in morte del Dio Pan” e venne eseguito da Louis Fleury a cui è dedicato ed è pubblicato postumo nel 1927 col titolo Syrinx, per non confonderla con Trois Chansons de Bilitis. Così, La flùte de Pan rievoca la passione del dio Pan per la ninfa Syrinx e si rifà alla scrittura sinuosa del Prélude à l’après-mìdi d’un faune. Un assolo diviso in tre parti, che iniziano da un cromatismo, ritmo moderato. L’inizio è variato dal basso all’alto; nella seconda parte chiude con l’uso del trillo e infine discende. Il flauto amato da Debussy da strumento per lo più bucolico diviene simbolo di Eros e Thanatos temi di questo spettacolo, mentre la chitarra ricorda la lira. Da questo mito della Ninfa Syrinx tramutata in una canna nasce anche lo strumento detto flauto di Pan.

Il finale definito “un centone” con il tango Oblivion, tema rilevato dal flauto in una interessante trascrizione. Il canto era malinconico e caratterizzato da note prolungate e la parte di mezzo era contrastata e coinvolgente. I musicisti nel complesso hanno mantenuto un tono fine e moderato che dava spazio all’attore.

Il programma univa ironicamente sacro e profano e scavava oltre la sensualità il senso della natura, della magia e della raffinata società con il gusto della “narrazione da taverna” come succedeva nel passato per suggestionare l’ascoltatore. Per cominciare due poesie e la dedica ad Ernesto Ragazzoni famoso scrittore di “Solitudine” e “Lapponia”. Poi Boccaccio con le storie di Donna Filippa, che porta ad eliminare il rogo per le donne adultere e poi di Donna Giovanna, che infine rimane con l’uomo povero che amava; segni di emancipazione femminile. Per passare ad Ariosto con le sue ottave magiche. 

L’evento dà conto di una letteratura colta e seduttiva che bene rappresenta la cortesia e la classe sociale elevata con il detto “dame e cavalieri”.  Propone delle novelle boccaccesche e dei poemi cavallereschi commentati.

Fondamentale per la parte recitata la figura mitica di Don Chisciotte, cavaliere errante che non si stacca dall’ideale di sogno. E così si fa cavaliere ispirato agli antichi ordini per difendere i più deboli. Si entra nell’epopea cavalleresca: tutto si trasforma in nobile e valoroso e grandioso. E qui nascono fantastiche avventure con alti ideali umani, d’amore e di amicizia: “il sangue si eredita, ma la virtù si acquista, e la virtù vale di per sé quel che il sangue non vale.”

Don Chisciotte è formato da due parti, una pubblicata nel 1605 e una nel 1615, dove l’eroe viene fatto morire perché il libro non venisse continuato da altri autori. La parte prima è un preambolo dello scrittore che sintetizza l’opera: non è fantasia ma una narrazione riemersa da un manoscritto arabo. Don Chisciotte della Mancia è il romanzo spagnolo per eccellenza che prende dal racconto picaresco e dal poema epico-cavalleresco. L’opera è scritta con varie “parabole” accostate laicamente come nel Vangelo e lo scrittore Miguel Cervantes scriveva intanto La vita di Ignazio di Loyola.

Il Don Chisciotte di Riondino simboleggia la volontà di giustizia, i sogni ed illusioni, e non trascura la figura di Sancho Panza avvicinato e non contrapposto al suo cavaliere. Viene citato l’episodio del combattimento coi mulini a vento come giganti. Il protagonista trasforma in epica un mondo fantastico immaginario. La figura del cavaliere che si avventura in un mondo che lui stesso fonda rappresenta il bisogno universale di fuggire dalla realtà, dando sfogo alla fantasia e l’immaginazione.

Riondino ha recitato dal libro II La morte di Don Chisciotte “nato pazzo e morto saggio” che si lascia morire per la malinconia, senza una mano che lo uccida. Chiama il prete ed il notaio, ormai detesta le storie cavalleresche: momenti di alta recitazione climax accompagnato dagli strumenti musicali. Don Chisciotte ha ispirato anche Giovanni Paisiello che scrisse un’opera buffa e Georg P. Telemann. Noto il poema sinfonico di Richard Strauss, che descrive la storia fino alla morte. Invece balletti nel corso del ‘600 fino al Don Chisciotte con musica di Ludwig Minkus, coreografato pure da Marius Petipa. Ricordiamo anche l’opera di Massenet e di De Falla, le liriche di Ravel e altro.

Si è concluso col Canto 43 dell’ “Orlando furioso” di Ludovico Ariosto ispirato a magia e seduzione ed ambientato a Mantova. Dopo tante disavventure Argia chiede al marito di equiparare le loro colpe. Egli accetta e tornano in sintonia. Un vero narrare teatrale basato anche sul metro delle ottave ed accenna alla maga Manto, fondatrice della città mantovana.

                                                                                    Report di Barbara Baroni

Visto a Mantova, Sala Isabella D’Este,
MantovaMusica – Concerti della domenica, il 17 novembre 2024
Foto BB