Di Diego Tripodi. Bologna: “Vertigine” nell’agorà con il multimedia artist Marino Capitanio e l’ensemble barocco Accademia Bizantina.
Piazza Maggiore a Bologna porta avanti ancora il senso che era dell’agorà nella pólis greca. Si legge nell’enciclopedia Treccani online: “L’agorà è il centro, oltre che economico, anche morale e sacro della città; nell’agorà si organizza il popolo, quando ricorrono le grandi feste religiose, e di là partono le processioni solenni”. E infatti nella bella piazza bolognese si affacciano innanzitutto la Basilica di San Petronio e la sede storica del Comune, Palazzo D’Accursio, il Sacrario della Resistenza e il portico che conduce all’Archiginnasio, sede dell’antica Università. Senza parlare, naturalmente, di caffè, negozi e botteghe. È insomma la rappresentazione stessa della città, una rappresentazione umanistica e al contempo medievale, in cui quotidiano e trascendente, sacro e profano, potere e virtù si debbono riconoscere tutti in uno sguardo.
E poi, come si leggeva, sarebbe il luogo eletto delle grandi feste e delle processioni solenni. In tempi moderni e desacralizzati, al loro posto troviamo le grandi manifestazioni politiche, quelle turistiche e quelle culturali. Di quest’ultime la piazza è protagonista lungamente nei mesi estivi, cedendo la sua rosata bellezza all’installazione dell’immenso schermo del festival Sotto le stelle del cinema, fiore all’occhiello dell’offerta culturale cittadina. Poi ancora, è proprio in periodo natalizio che Piazza Maggiore si fa accogliente scena per il tradizionale e suggestivo rogo del Vecchione, il grande fantoccio dato alle fiamme nella notte di Capodanno.
A pochi giorni da quest’ultimo utilizzo, la piazza è tornata ad essere il luogo privilegiato scelto per Vertigo, “installazione immersiva” che Illumia, società energetica bolognese e Bologna Festival, storica istituzione musicale cittadina, hanno offerto alla città come dono di Natale. Protagonisti artistici erano il multimedia artist Marino Capitanio, creatore di articolati giochi di geometrie policrome che venivano proiettati sul Crescentone (il caratteristico centro in rilievo della piazza), e Accademia Bizantina, uno dei più celebri e rinomati complessi barocchi.
L’evento si è articolato nelle tre serate del 19, 20 e 21 dicembre, attraverso sei repliche per ogni serata e ha visto una lusinghiera affluenza di pubblico, non solo affezionati del Festival, esperti e amatori dell’una e dell’altra arte, nonché delle tecnologie messe in gioco, ma ovviamente semplici passanti attratti dalla sensazionale impalcatura, dalla straordinarietà delle code d’attesa, dalla eccitazione e dal passaparola circostanti e dalle musiche ammaliatrici che, naturalmente, non è stato possibile gelosamente racchiudere nel perimetro dell’installazione.
I cinque brani celeberrimi, uno per ognuno dei quattro “Atti” e per il Finale in cui era pensato lo spettacolo, erano di Bach e Vivaldi, per un totale di una ventina di minuti di esecuzione, vera e propria piccola compilation natalizia di hit che tutti, complici certamente pubblicità, social e cinema, hanno potuto riconoscere: l’Aria detta “sulla quarta corda” dalla terza Suite orchestrale BWV1068, l’Allegro finale dal Concerto per due violini RV522, il Presto conclusivo dal Concerto “L’estate”, il corale “Jesus bleibet meine Freude” dalla Cantata BWV 147 ed infine la scoppiettante pagina d’apertura del Gloria RV589 per il quale, “Schiusa or sia la porta del tempio!” (quella del retrostante San Petronio naturalmente), è apparso anche il Coro della Cappella musicale di S. Petronio.
Se, in verità, non era poi così possibile apprezzare dall’interno il “vertiginoso” e immersivo effetto delle proiezioni (complice certamente l’afflusso di gente, tuttavia auspicato e auspicabile), l’esecuzione, ovviamente amplificata, dei cinque “tormentoni” barocchi è stata assai bella, come di sicuro effetto, in barba al tempo da lupi freddo e nebbioso, è stato sentirne echeggiare i suoni all’aperto: Accademia Bizantina, diretta al violino da Alessandro Tampieri, è stata impeccabile, rigorosa e sportiva il giusto quanto la manifestazione richiedeva.
Ci sarebbe piaciuto magari, considerata la straordinarietà dell’evento e la certezza di appeal delegata anche un po’ all’apparato e al contesto, che i cinque brani potessero essere un po’ meno inflazionati, non malgrado, bensì in occasione del grande pubblico.
Bravi infine il coro e il maestro di cappella Michele Vannelli, che nel piccolo cammeo vivaldiano, eseguito con slancio e colore, hanno potuto ricordare alla città la loro preziosa esistenza.
Report di Diego Tripodi
Visto a Bologna, Piazza Maggiore, il 19 dicembre 2024
Immagini: Bologna Festival
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