Di Maria Luisa Abate. Mantova, Tempo d’Orchestra. The Planets: la musica di Holst accompagnata dal video dell’Inaf.
Concerto con “cadeau natalizio”, quello che ha concluso l’anno 2024 di Tempo d’Orchestra, stagione mantovana di Oficina OCM. Protagonisti un direttore, Marco Angius, e una formazione, l’Orchestra di Padova e del Veneto, punti di riferimento in ambito contemporaneo e del Novecento.
L’extra, il “dono sotto l’albero”, è venuto dalle immagini proiettate sullo schermo. Anticipati dalla prolusione di Roberto Ragazzoni, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, i pianeti hanno roteato mostrando i loro seducenti volti nel sorprendente video del Sistema Solare appositamente prodotto dall’Istituto Nazionale di Astrofisica in collaborazione con Virtual Immersion in Science (nei titoli finali abbiamo scorto citazioni a foto NASA). La traccia visiva ha magnificamente coronato la celebre partitura di The planets op. 32 di Gustav Holst, compositore britannico vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, del quale, grazie a questo apparato più che in altre circostanze, abbiamo potuto apprezzare la straordinaria capacità inventiva.
Dal Teatro Sociale di Mantova abbiamo avuto l’impressione di essere lanciati nello spazio profondo verso mondi inesplorati e affascinanti; ci siamo sentiti parte di quella straordinaria epica avventura che ha intrapreso l’Uomo alla scoperta dell’ignoto, iniziando dalle fantasie letterarie di Jules Verne o di Emilio Salgari fino ad arrivare a lasciare un’impronta sulla superficie lunare, e addirittura a legiferare norme di diritto spaziale. Nella sua parte musicale, un percorso alla ricerca della trascendenza, non teologica e nemmeno filosofica, non scientifica né descrittiva.
Infatti Holst, dapprima tramite l’amico scrittore Clifford Bax (fratello del compositore Arnold Bax) e in seguito approcciandosi al lavoro di Alan Leo, astrologo del primo Novecento, fu ispirato unicamente da fascinazioni astrologiche, che nulla avevano a che fare con l’astronomia o con l’astrofisica che con felice intuizione gli è stata splendidamente accostata in questa occasione. Come anticipato dal prof. Ragazzoni, facendo scoprire quanto la scienza fosse allora e sia tuttora vicina alle empiriche suggestioni che avevano motivato il compositore.
Holst ha suddiviso la sua Suite in sette quadri ciascuno dedicato a un diverso pianeta, caratterizzato da uno specifico tempo musicale che, come ebbe a dire egli stesso, ne identifica la natura: Mars, the Bringer of War – Allegro; Venus, the Bringer of Peace – Adagio; Mercury, the Winged Messenger – Vivace; Jupiter, the Bringer of Jollity – Allegro giocoso; Saturn, the Bringer of Old Age – Adagio; Uranus, the Magician – Allegro; Neptune, the Mystic – Andante. Allegretto.
Come hanno ricordato le note di sala, manca Plutone che fu scoperto solo dieci anni dopo la prima esecuzione di The Planets e che peraltro fu esautorato del titolo di pianeta nel 2006. I conti quindi tornano (aggiungendovi il pianeta Terra) con le attuali conoscenze.
L’Orchestra di Padova e del Veneto, una delle formazioni più prestigiose e qualificate a livello italiano e non solo, sia in ambito concertistico che discografico, dal 2015 vanta la direzione artistica e musicale di Marco Angius, che ne ha ulteriormente alzato l’asticella qualitativa. Inutile sottolineare quanto, anche nel concerto mantovano, l’intesa tra loro sia stata ottimale nell’eseguire The Planets di Holst nella versione orchestrale che ne fece Morton nel 2015.
Dal podio, quindi, Angius si è trovato a giostrare tra le suggestioni astrologiche e non descrittive del compositore, e la descrittività rigorosamente scientifica delle immagini, attingendo il meglio dall’uno e dall’altro aspetto: la varietà dei colori musicali di Holst e la veridicità delle “cartoline” Inaf, anch’esse ipercolorate e dal fascino mozzafiato. Netti i cambi di tempo, le dinamiche sono state intese dal direttore come materia viva e vitale sia pure da maneggiare con esattezza; mentre il suono è risultato compatto, ricondotto da Angius a una bellezza essenziale, a un rigore formale che non ha mai surclassato né l’anima del pezzo né la caleidoscopica carica emozionale delle immagini.
Pianeti poderosi, altri che roteavano allegri o si riposavano stancamente, fino a quelli che mostravano timidamente solo una loro faccia lasciando l’altra in ombra. E poi su e giù a volo d’uccello tra superfici morbidamente sabbiose e altre costellate di rocce aguzze e taglienti cui Angius ha cercato di dare verosimiglianza in musica conducendo il pubblico, e financo il compositore, in un viaggio ancor oggi per molti aspetti pionieristico. Un percorso che Angius ha tracciato con quel briciolo di magniloquenza che necessitava e molto trasporto, con precisione assoluta e tenendo come fulcro – non eliocentrico ma come in Holst roteando attorno a Giove – il costrutto nel suo entusiasmante multisfaccettato insieme: musicale, visivo, astrofisico, umano, dell’Universo.
Recensione di Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova – Tempo d’Orchestra, il 19 dicembre 2024
Foto: MiLùMediA for DeArtes
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