Centro Pecci: scatti fotografici dei viaggi in Italia di Peter Hujar e le “Signorine” dipinte da Margherita Manzelli.

Due mostre hanno inaugurato a metà di dicembre 2024 e resteranno visibili fino a maggio 2025 al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato.

Peter Hujar: un corpus di immagini fotografiche realizzate durante i suoi viaggi in Italia, tra gli anni Cinquanta e Settanta, e una selezione di scatti dedicati ai protagonisti della emergente scena della performance nella Lower Manhattan degli anni Settanta.
Margherita Manzelli: dipinti e disegni di donne che ribaltano gli assiomi della rappresentazione del corpo femminile nella storia dell’arte, pensata per l’occhio maschile.
E fino al 2 febbraio è ancora possibile vedere la mostra “Louis Fratino. Satura”.



[Post su pag Facebook foto di Chiara Riccio]

PETER HUJAR
AZIONI E RITRATTI / VIAGGI IN ITALIA
A cura di Grace Deveney con Stefano Collicelli Cagol
14 dicembre 2024 – 11 maggio 2025
 
La mostra è l’iterazione italiana del progetto espositivo curato da Grace Deveney, David C. and Sarajean Ruttenberg Associate Curator of Photography and Media, dell’Art Institute of Chicago, presso l’Art Institute di Chicago nel 2023, ripensata per gli spazi del centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, con la curatela di Grace Deveney con Stefano Collicelli Cagol, e arricchita da un corpus di 20 immagini fotografiche realizzate da Hujar durante i suoi viaggi in Italia, tra gli anni Cinquanta e Settanta, e di una selezione di 39 scatti dedicati ai protagonisti della emergente scena della performance nella Lower Manhattan degli anni Settanta.
 
Se la fotografia è stata a lungo associata alla documentazione e alla memoria, Peter Hujar (USA 1934 – 1987) ha cercato di produrre immagini che costruissero una nuova realtà attraverso scambi sottili tra lui e i suoi soggetti. L’artista ha creato ritratti diretti ma enigmatici di persone e animali, immagini di performer e nudi maschili, in stretta sintonia con la scena che caratterizzava l’East Village di New York negli anni Settanta, dove emergeva il linguaggio della performance e si affermava lo studio sul movimento.
 
La mostra mette in relazione la sperimentazione perseguita da Hujar e dai suoi soggetti e le nuove realtà che ciascuno di loro ha creato, sia attraverso le fotografie che le performance. Il percorso espositivo comprende 59 scatti di Hujar e, in linea con lo spirito di collaborazione e scambio che caratterizzava la scena newyorkese degli anni Settanta, include un video di Sheryl Sutton e 3 opere di David Wojnarowicz, due degli artisti e performer appartenenti alla cerchia del fotografo americano.
 
LE FOTO DEGLI SPETTACOLI A MANHATTAN
All’inizio degli anni Settanta, Hujar viveva in un loft nella Lower Manhattan mentre, nelle vicinanze, Robert Wilson fondava la Byrd Hoffman School of Byrds, dedicata all’esplorazione di nuovi approcci al teatro e alla coreografia. Byrd Hoffman è solo una delle compagnie che Hujar avrebbe fotografato a lungo, insieme alla Ridiculous Theatrical Company, fondata da Charles Ludlam, e The Cockettes, compagine teatrale psichedelica di San Francisco.

Hujar ha fotografato gli spettacoli di queste compagnie, ma spesso ha prestato maggiore attenzione a immortalare gli attori e i ballerini dietro le quinte, nei momenti di transizione, quando indossavano i costumi e il trucco, preparandosi a incarnare i personaggi che avrebbero interpretato. Questa mostra mette in relazione la sperimentazione perseguita da Hujar e dai suoi soggetti e le nuove realtà che ognuno di loro ha creato, sia attraverso le fotografie che le performance.
 
LE FOTO DEI VIAGGI IN ITALIA
La selezione di fotografie dei viaggi italiani di Hujar raccoglie una visione inaspettata del Paese che stava vivendo una repentina trasformazione, dal Secondo dopoguerra al boom economico. Hujar è stato in Italia in diverse occasioni, dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, in questi decenni ha avuto l’opportunità di visitare Firenze, Sperlonga, Palermo, Napoli, solo per citarne alcune.

Durante questi viaggi, ha osservato le persone, il paesaggio e gli animali in modo da riflettere la complessità del Paese. Circa 20 opere forniscono una panoramica sulla comprensione di Hujar dei paesaggi italiani, degli animali e degli esseri umani, un dialogo reciproco con ciò che gli stava di fronte che trova corrispondenza nel suo approccio ai soggetti legati alla performance e al tema del ritratto.


[Post su pag Facebook foto di Chiara Riccio]

MARGHERITA MANZELLI
LE SIGNORINE

14 dicembre 2024 – 11 maggio 2025
 
Il progetto espositivo a cura di Stefano Collicelli Cagol, e di cui Intesa Sanpaolo è Partner, riunisce una selezione di dipinti realizzati da Margherita Manzelli (Ravenna, 1968. Vive e lavora a Milano) dagli anni Novanta a oggi, insieme a una serie di disegni e un nucleo di opere realizzate appositamente per questa mostra, una delle quali trova ispirazione nella Cattedrale di Santo Stefano, duomo della città di Prato.
 
Il titolo è ispirato alla modalità dell’artista di riferirsi ai personaggi femminili che da sempre popolano le sue opere. Indipendenti, fiere, senza tempo, androgine, le signorine di Manzelli si prendono la scena e decidono loro modalità e forme di rappresentazione, sfidando convenzioni ataviche e rivendicando la propria indipendenza da legami famigliari.
 
Sin dai primi lavori, la pratica dell’artista è polarizzata intorno all’analisi di tre componenti: la pittura, le azioni e la scrittura. La volontà di raccordare queste tre aree di interesse, all’apparenza così distanti, ha permesso a Manzelli di sviluppare una ricerca unica nel suo genere in Italia. Trasferitasi a Milano dopo aver studiato a Ravenna, l’artista si è imposta all’attenzione nazionale e internazionale già a partire dagli anni Novanta, una decade che guardava con sospetto al ritorno della pittura dopo l’indigestione degli anni Ottanta.
 
LE SIGNORINE
Nei suoi soggetti, il corpo della donna – assieme al sondaggio delle proprie ossessioni visionarie – diventa il pretesto per buttarsi a capofitto nella sperimentazione pittorica, e per forzare indifferentemente i confini tra i generi propri della tradizione del mezzo; in ultimo, per giocare con l’ambiguità della condizione di artista, sospesa tra la necessità di esporsi mettendo in circolo il proprio lavoro e il bisogno di ritrarsi, per tutelare la propria dimensione umana.

Le signorine sono persone che, sin dall’inizio dei suoi lavori, popolano le fantasie dell’artista. Con pervicacia, Manzelli ne ha sondato le tensioni psicologiche, mostrandone fragilità e resistenza. Ipervigili ed esangui, nude o seminude, sembrano pronte per la dissezione o la sfida delle convenzioni; trattenute dalla sottile barriera della loro stessa pelle e con uno sguardo che tracima e che trafigge chi le guarda, queste donne ribaltano gli assiomi della rappresentazione del corpo femminile nella storia dell’arte, pensata per l’occhio maschile.
 
Nei dipinti, le signorine sono inserite dentro una spazialità astratta, costituita da ampie campiture con pattern geometrici, soggetti floreali, che richiamano le fantasie di tessuti immaginari o reali – anche di abiti dell’artista stessa – o da spazi regolati da bande verticali colorate. Centrale nelle opere di Manzelli è la relazione tra soggetto e sfondo, mantenuta in una continua tensione per cui il soggetto principale sembra emergere, e al contempo fondersi, con il contesto in cui è inserito. In questo esercizio di percezione, con i colori dello sfondo che vengono a comporre i tratti somatici delle signorine dipinte, Manzelli seduce chi guarda. La testa è l’elemento da cui l’artista da più di trent’anni inizia le proprie ricerche e attraverso cui prende forma la visione che di volta in volta dà voce alle sue ossessioni.

Nei disegni presentati in mostra, la testa emerge da un campo bianco, come spesso avviene nelle opere su carta di Manzelli. Con le sue opere, Manzelli sembra dare voce a quella consapevolezza della fragilità e resilienza dell’essere umano sperimentata a livello globale con la più recente pandemia. La testa non figura tanto come il luogo della nevrosi ma piuttosto come un elemento formale complesso, in grado di sintetizzare e restituire storie, emozioni, tratti somatici: una sorgente infinita delle possibilità espressive dell’arte.
 
I tessuti, che da sempre connotano l’industria pratese, svolgono un ruolo centrale nella costruzione spaziale ed esistenziale dei dipinti dell’artista sin dal principio, sono essudati dell’interiorità dei soggetti che si espandono o, viceversa, un destino esistenziale che preme dall’esterno come un’infezione.

C.S.m.
Fonte: 13 dicembre 2024

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