Di Maria Luisa Abate. Mantova, Tempo d’Orchestra. Pacatezza e tepore cameristico per il programma sinfonico diretto da Enrico Bronzi.
«Voi siete abituati all’Orchestra da Camera di Mantova, ma per me è stato un vero piacere tornare a suonare assieme a loro». Con queste parole si è congedato dal pubblico al termine del concerto, il violoncellista Enrico Bronzi, arrivato nella città lombarda in duplice veste di solista e di direttore, confermando quell’approccio globale alla musica che è divenuto negli anni il suo tratto distintivo. In questo caso condiviso con trasporto dall’OCM.
Il programma ha teso un immaginario filo che ha legato il Settecento di Haydn all’Otto-Novecento di Ghedini, per poi fare ritorno al Settecento di Boccherini e chiudere così un cerchio narrativo. Nel corso dell’intera serata, infatti, Bronzi ha privilegiato una linea interpretativa accomunante, basata sulla pacatezza, sulla cantabilità, su una differenziazione delle tavolozze timbriche autorali sottile, minuta, delicata, rivolta a orecchie esperte. Non ultimo ha creato un clima intimo raccolto e quasi cameristico, pur dovendosi misurare con la grande sala del Teatro Sociale di Mantova e pur in presenza di un programma sinfonico, che è stato riproposto la sera successiva al Teatro Manzoni di Pistoia.
La prima parte della serata era interamente dedicata ad Haydn, dapprima con la Sinfonia n. 22 “Il filosofo” e poi col Concerto n. 2 per violoncello e orchestra. Haydn, esponente del classicismo viennese, fu un formidabile innovatore e la commistione fra tradizione e innovazione appare evidente nel Filosofo. Qui Haydn sperimentò l’originalità del suo costrutto timbrico circa il quale Bronzi, in veste di direttore, ha rimarcato sia l’austerità dell’accompagnamento delicatamente insistente degli archi, sia i colori scuri dei fiati presenti nel primo movimento, rasserenatisi nei movimenti successivi.
L’esecuzione del Concerto n. 2 ha posto in primo piano il fraseggio e il virtuosismo del violoncello solista (nello specifico dello strumento, un “Vincenzo Panormo” del 1775) che ha aborrito i toni enfatici e qualsivoglia sfoggio di abilità tecnica, padroneggiata agilmente da Enrico Bronzi, per nutrirsi invece della minuziosità dei particolari raffinati e trovare completamento nel dialogo generoso con l’orchestra, fluido e proteso a trovare un bilanciamento tra i contrasti armonici haydniani.
Dopo l’intervallo, il balzo temporale verso Giorgio Federico Ghedini e la sua “Musica concertante per violoncello e archi”: era questa la chicca di raro ascolto che il pubblico esigente del cartellone Tempo d’Orchestra si aspetta e apprezza. Come compositore Ghedini ha avuto la caratteristica di utilizzare i canoni stilistici antichi sui quali ha innestato i linguaggi a lui contemporanei dei primi del Novecento, senza tuttavia avere mai sposato gli input delle avanguardie. Le sue composizioni, tra cui quella prescelta per essere eseguita in questa serata, presentano una caleidoscopica varietà di spunti che l’OCM guidata da Bronzi ha posto in evidenza, generando un racconto sonoro attento sia alle innovazioni armoniche sia all’estetica dell’autore.
La serata è parsa decollare con l’ultimo brano in programma, la Sinfonia op.12 n. 4 di Boccherini detta “La casa del diavolo”, titolo già di per sé esaustivo circa lo spirito che deve motivare l’interpretazione. Si tratta di una “ciaccona che rappresenta l’inferno a imitazione di quella di Gluck”, come è indicato sul manoscritto. Qui Bronzi ha saputo tirare fuori tutta la brillantezza di suono dell’Orchestra da Camera di Mantova, ha assecondato la feconda vena creativa boccheriniana dalle pulsioni preromantiche, si è soffermato a indagare minuziosamente le atmosfere dei movimenti – tre diversi Andanti sfociati in un Allegro sostenuto – che, giostrando su temi ricorrenti, hanno virato da toni drammatici ad aperture melodiose, dalle iniziali cupezze a riflessi vividi.
Enrico Bronzi ha quindi confermato la sua cifra stilistica improntata alla cantabilità, a un contegno scevro da protagonismi che ha aborrito i toni enfatici e prediletto un approccio tranquillo, preciso, giostrato sui dettagli, dalla ricercata e perseguita omogeneità. Come si diceva, anche in un programma sifonico, Bronzi con la sua arte sopraffina ha avvolto il pubblico in un rassicurante e appagante tepore cameristico.
Recensione di Maria Luisa Abate
Visto a Mantova, al teatro Sociale per Tempo d’Orchestra, il 22 gennaio 2025Foto MiLùMediA for DeArtes
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