Battistero di San Giovanni: restauro della Madre Terra, una sezione del pavimento intarsiato in marmo. Faceva parte di un cammino sacro che dalla Porta del Paradiso, passando sui “tappeti” marmorei della Madre Terra e dello Zodiaco, conduceva al fonte battesimale

L’Opera di Santa Maria del Fiore ha terminato il restauro della Madre Terra, una porzione del magnifico pavimento marmoreo intarsiato del Battistero di Firenze, in marmo bianco apuano e serpentino verde di Prato, dove sono rappresentati animali fantastici di derivazione orientale: dai simurg (figure di uccelli della mitologia persiana) con l’albero della vita, ai grifi rampanti e fiere.

[Madre Terra prima del restauro, Courtesy Opera di Santa Maria del Fiore]

Il restauro si è reso necessario per il consistente stato di consunzione e di perdita del materiale di cui è costituito il “tappeto” marmoreo (3,30 x 3,30 metri), che aveva cancellato del tutto o in parte i tratti del disegno originale, e ha permesso di recuperare la leggibilità dell’opera. Il restauro, diretto ed eseguito dal personale dell’Opera di Santa Maria del Fiore, è stato possibile grazie al contributo di Tauck (il principale operatore turistico e di crociere americano), che celebra il suo 100° anniversario a Firenze durante la prima settimana di febbraio.

L’intervento sui pavimenti marmorei del Battistero fa parte di un più ampio progetto dell’Opera di Santa Maria del Fiore – sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e paesaggio per la Città metropolitana di Firenze e le province di Prato e Pistoia –  che prevede il restauro di tutto il monumento più antico di Firenze. A partire dal 2014, sono state restaurate le facciate esterne e il manto di copertura per poi proseguire con le pareti interne con i mosaici. Ad oggi sono in corso di restauro i pavimenti e i mosaici medievali della volta, che ha preso avvio nel 2023 e terminerà tra 4 anni.

La Madre Terra è uno dei “tappeti” ad intarsio marmoreo che costituisce gran parte del pavimento più antico del Battistero (tra le ipotesi più accreditate è che risalga agli inizi del XIII secolo), distinta dalla pavimentazione in cocciopesto, rifatta in epoche successive, situata nella zona di fronte alla scarsella e nell’ottagono al centro dell’edificio.

Faceva parte di un cammino sacro, eseguito in ogni processione, che prendeva avvio varcando la porta principale del Battistero (la Porta del Paradiso), passando sopra il tappeto della Madre Terra,che simboleggiava il mondo terrestre con animali e piante, attraversava lo Zodiaco, la sfera celeste, per concludersi al fonte battesimale (rimosso nel Cinquecento) con il raggiungimento del mondo della grazia e della salvezza.

APPROFONDIMENTI

[Pavimentazione del Battistero con Madre Terra, Courtesy Opera di Santa Maria del Fiore, foto Alberto Conti]

LO STATO DI CONSERVAZIONE
Costituita da lastre di marmo bianco apuano, accostate tra di loro con giunti di 5mm, con intarsi in serpentino verde di Prato, la Madre Terra era caratterizzata da una forte consunzione e importanti mancanze delle tarsie che rendevano illeggibile il quadrante così come nell’attigua pavimentazione dello Zodiaco.

In particolare il degrado del verde di Prato inizia con la frantumazione e il distacco di piccole scaglie e che tende ad accelerare velocemente nel tempo fino al suo completo disfacimento. Un fenomeno amplificato dal calpestio avvenuto nel corso dei secoli e per questo l’Opera di Santa Maria del Fiore ha deciso di interdire l’accesso in queste parti della pavimentazione garantendone la visibilità al pubblico.

L’intervento di restauro ha restituito all’opera la sua leggibilità andando a ricostruire le geometrie scomparse, sulla base del disegno originale ancora presente su una parte dell’opera, seguendo i principi del restauro basati sui criteri di riconoscibilità e reversibilità dell’intervento.

MADRE TERRA
Nel quadrato di marmo bianco decorato esternamente con due cornici quadrate, una a motivi floreali e l’altra con decori romboidali, si iscrivono tre cerchi concentrici, perimetrati da fasce con semplici decori geometrici: il cerchio più esterno è composto da 16 medaglioni (molti dei quali non più visibili) con iscritte coppie di grifi rampanti affrontati alternate da altrettanti medaglioni, di minor grandezza, con sopra intarsiato un motivo floreale.

Proseguendo verso l’interno, nella corona centrale si posizionano altri sedici clipei decorati con coppie di fiere addossate, mentre il cerchio interno, totalmente levigato dall’usura, non conserva tracce del disegno originale. Infine, gli angoli del quadrato sono occupati da coppie di simurg affrontati specularmente ad un arbusto.

[Particolare della Madre Terra con due figure di Simurg , Courtesy Opera di Santa Maria del Fiore, foto Alberto Conti]

ICONOGRAFIA ED INFLUENZE ISLAMICHE
I simurg negli angoli del riquadro si ritrovano spesso nell’immaginario decorativo dell’arte romanica tanto che soggetti analoghi sono riscontrabili anche nella facciata della Basilica di San Miniato al Monte o in alcune tarsie marmoree dell’area lucchese. Il tema dei cerchi concentrici, insieme alle raffigurazioni delle coppie araldiche dei medaglioni del quadrante, sembrano presupporre una diretta derivazione da manufatti arabi del XI-XII secolo, e in particolare dalle incrostazioni.

Molti critici e studiosi hanno disquisito sull’influenza che la tradizione decorativa araba avesse potuto avere sui decori del pavimento di San Giovanni, individuando in quest’ultima l’origine delle figure zoomorfe e naturalistiche intarsiate (uccelli affrontati, grifi, racemi ecc.).

La cultura artistica orientale si era diffusa a Firenze e nelle zone limitrofe con l’arrivo di merci dall’oriente: preziosi tessuti e oggetti di lusso con figurazioni analoghe a quelle dei tappeti marmorei in questione, provenienti da Bisanzio (o più in generale dall’Oriente) venivano infatti importati da Pisa che all’epoca si poneva come tramite per i commerci sul territorio. E mentre da un lato i ricchi tessuti bizantini ispiravano le maestranze fiorentine che lavorarono alle pavimentazioni della Basilica di San Miniato al Monte e del Battistero, quest’ultime a sua volta diventarono modelli per le manifatture tessili fiorentine.

IL BATTISTERO DI SAN GIOVANNI A FIRENZE
Testo a cura di Samuele Caciagli, architetto dell’Opera di Santa Maria del Fiore e responsabile unico del procedimento.

Il Battistero di San Giovanni, il tempio dedicato al Battista, è il capolavoro dell’architettura fiorentina che più di ogni altro domina nella storia della civiltà e illustra al meglio la grandezza storico-artistica di Firenze. È anche il suo monumento più antico; più antico della cattedrale di Santa Maria del Fiore e di Santa Reparata, fulcro del centro cristiano che, nel corso dei secoli, ha trovato, proprio per questo, la sua collocazione tra piazza Duomo e piazza San Giovanni.

La sua struttura ottagona policroma, caratterizzata dall’alternanza di marmi bianchi e serpentinite suscita ancora oggi grande interesse, per la straordinaria ricchezza di particolari decorativi e per le sue eleganti geometrie classiche.

Le sue origini sono quindi lontane ma anche tuttora controverse, tanto che gli studiosi continuano a farsi promotori di indagini finalizzate ad avvalorare o smentire le tesi avanzate dai più illustri ricercatori di ogni tempo con l’intento di pervenire ad una datazione certa del monumento.

Sono molti gli antichi cronisti che hanno fantasticato sulle sue origini, addirittura mitologiche, ritenendolo in principio una trasformazione medioevale di un tempio romano dedicato a Marte poi, a partire dal XVII secolo, un edificio monumentale risalente ai primi secoli del cristianesimo oppure all’epoca longobarda.

Nei secoli XIII e XIV, molti eruditi hanno assecondato la leggenda di cui riferiva Giovanni Villani, il quale, nelle sue Cronache, raccontava di un “Tempio meraviglioso all’onore dell’Iddio Marte, per la vittoria che’ Romani avieno avuta della città di Fiesole, e mandaro al senato di Roma che andasse loro gli migliori e più sottili maestri che fossono in Roma”. In questo senso, si sono pronunciati anche autori come Dante, Boccaccio, il cronista Marchionne di Coppo Stefani e, successivamente, antiquari e storici quali Vasari, Borghini e Richa. Di diverso avviso, era, invece, il cronista fiorentino Ricordano Malispini, il quale riteneva che il battistero fosse stato edificato in epoca romana come edificio adibito al culto cristiano.

È probabilmente questa origine mitica che ha suscitato e suscita ancora oggi negli studi storiografici e artistici dibattiti non ancora del tutto esauriti, sulla genesi e sulle trasformazioni di questo monumento.
Se straordinaria, per preziosità e armonia, è la sua architettura, eccezionale è anche l’arredo artistico che lo ha arricchito dal Medioevo al Rinascimento, facendone la vetrina e lo scrigno prezioso dell’eccellenza dell’arte fiorentina e toscana.

Tanta magnificenza fu possibile grazie anche all’Arte di Calimala, la potente fra le corporazioni professionali che formavano il tessuto politico e sociale dell’antico Comune fiorentino. Calimala riuniva i mercanti di tessuti, con commerci e affari finanziari in tutta Europa e in Oriente: dalla fine del XII secolo divenne per molti secoli lo “sponsor” delle imprese artistiche destinate ad abbellire il Battistero, il tempio per eccellenza rappresentativo della città e della sua supremazia. Alla sua committenza si devono i gruppi scultorei dei tre accessi, le tre porte bronzee, una prima con rilievi dorati realizzata Andrea Pisano, e le due, più celebri, di Lorenzo Ghiberti.

Questo splendido apparato decorativo esterno corrisponde, all’interno allo splendore dell’arredo artistico fatto di geometrie policrome e mosaici dorati, un apparato che allora come oggi doveva sorprendere e incantare chi entrava all’interno del Battistero.

Agli inizi del XII secolo il rivestimento delle pareti dell’ottagono era già compiuto e l’architettura interna era scandita dalle colonne di granito addossate alle pareti, coronate da capitelli in parte provenienti da edifici del tempo di Roma antica.

L’impresa più spettacolare doveva però ancora essere realizzata. Solo nel secolo successivo con circa 70 anni di lavoro, tra il 1240 e il primo decennio del Trecento, gli otto spicchi della grande cupola furono rivestiti interamente da tessere musive in vetro, composte a rappresentare il Giudizio Finale e con cicli di storie della Genesi, di Giuseppe Ebreo, del Battista e di Cristo. Circa 1000 mq. di mosaico, abbagliante per l’oro dei fondi e per la vivida policromia dei soggetti raffigurati, ai quali lavorarono tre generazioni di artisti e lo stesso Cimabue, maestro di Giotto. Fu un’impresa unica, per lo sforzo economico, organizzativo e artistico, e che fu ripagata dalla generale ammirazione tributatagli nei secoli. Ne è prova anche la cura che lungo il corso dei secoli è stata dedicata a riparare i danni che i mosaici potevano subire, e che ha consentito che arrivassero fino a noi.

C.S.m.
Fonte: comunicato stampa Firenze, 30 gennaio 2025
Immagine di copertina: Madre Terra dopo il restauro
Courtesy Opera di Santa Maria del Fiore, foto Fabio Muzzi

Battistero di San Giovanni
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