Di V.M. Barbasso di Roncoferraro (Mantova): resoconto della tavola rotonda con interventi di esperti di settore.

Parlare oggi dell’organo a canne, considerato da Mozart il re degli strumenti, non è facile in particolar modo nella nostra epoca in cui assistiamo ad una frenetica rincorsa della tecnologia, anche in campo musicale.

Oggi l’organo, questo sconosciuto, è da molti completamente ignorato o, peggio ancora, confuso con altri strumenti a tastiera: pianola, harmonium, pianoforte etc.
L’organo è forse una delle macchine sonore più complesse che l’uomo abbia inventato nel corso dei secoli che, conosciuta nei suoi particolari, ci svela un mondo di arte, storia, fede e cultura. Le sue origini risalgono persino al flauto di Pan nel III° millennio a.C.

Gli organi a canne hanno la particolarità di avere dimensioni varie, dal piccolo al grande, e le loro caratteristiche timbriche ci raccontano addirittura i luoghi in cui sono stati edificati.
A grandi linee, per fare un esempio spicciolo, si parte da strumenti ad un solo manuale fino a 7 tastiere, e organi che hanno 4 o 5 registri fino a più di 100.

Una buona occasione per fare luce sul mondo dell’organaria (l’arte che si occupa della costruzione degli organi a canne) si è presentata in una tavola rotonda dal titolo “Il restauro degli organi a canne novecenteschi tutelati” organizzata dall’Associazione “Serassi” di Guastalla (RE), lo scorso 22 febbraio, nel piccolo paese di Barbasso, frazione di Roncoferraro, in provincia di Mantova. Significativa la scelta del luogo, crocevia di tre regioni differenti in tradizioni e cultura: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

L’introduzione ai lavori è stata affidata a Gabriele Barucca, soprintendente a Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova; Alessandro Campera delegato Vescovile per i rapporti con le Soprintendenze per la Diocesi di Mantova e da Michela Ruffatti Presidente dell’Associazione Italiana Organari.
L’argomento ha trattato principalmente la manutenzione e il restauro degli organi antichi in Italia. Un numeroso pubblico, che ha seguito con attenzione, ha avuto modo di interloquire con i vari esperti del settore.

Il primo intervento è stato di Marco Brandazza, organista ed esperto organaro che opera sia in Svizzera che in Italia. Il tema scelto è stato “Esperienze di consulenza per il restauro /ricostruzione di organi della prima metà del XX secolo”. La sua tesi, esposta all’inizio del dibattito, è stata subito chiara e mirata. In sostanza Brandazza ha sottolineato che se un organo è stato danneggiato (eventi sismici, incendi, restauri malamente eseguiti, etc.), non è più possibile riprodurlo come l’originale anche se le moderne tecniche organarie riescono a ridare nuovo fulgore agli strumenti trattati.

Il secondo intervento è stato di Michele Bosio sul tema squisitamente musicale “Note ceciliane: per un inquadramento storico della Riforma dell’organo e della musica sacra in Italia”. Il relatore, docente di Storia della Musica del Conservatorio di Cosenza, ha evidenziato come il Motu Proprio di Papa Pio X influì molto sia nella vita musicale in Italia all’inizio del XX sec. sia nella progettazione degli organi.

Perno centrale del pensiero di papa Pio X fu quello di emanare delle direttive, conosciute come “Tra le sollecitudini”, che attribuissero maggiore decoro alla musica sacra in chiesa. Questo decreto apostolico voleva mettere un freno allo stile teatrale, entrato anche nei luoghi di culto, a favore del canto gregoriano più consono ad un ambiente di preghiera e che fin dal 1400 era in stretta relazione alla polifonia dei grandi compositori come Palestrina, Lasso, Monteverdi etc. Su questa scia si orientò anche l’organaria italiana costruendo organi più “casti” togliendo i registri cosiddetti chiassosi: Campanelli, Tamburi, Gran Cassa, Cimbali, Piatti etc.

L’orientamento fu quindi di edificare organi che potessero riprodurre l’arte del contrappunto e della polifonia con registri ad imitazione dell’orchestra ad archi. Per tale esigenza il materiale da utilizzare per i nuovi organi fu importato inizialmente dall’estero, Francia, Germania, dove già la riforma dell’organaria era da alcuni anni in itinere.

Alla metà della tavola rotonda vi è stato un breve fuori programma con la consegna, da parte del M° Giordano Fermi, di un premio a Sebastiano Ghidoni, studente in organo presso il Conservatorio “Lucio Campiani” di Mantova. Sebastiano svolge l’attività di organista in alcune chiese di Mantova, tra cui il Duomo. La figura dell’organista liturgico in chiesa, ha sottolineato il M° Fermi, è poco valorizzata e andrebbe sostenuta maggiormente a maggior ragione dopo il restauro di diversi strumenti grazie ai fondi della CEI e alla generosità dei parrocchiani. 

L’importanza del servizio dell’organista professionista in chiesa è stato sottolineato, in modo ancor più esplicito, dal moderatore della tavola rotonda Lorenzo Marzona, Ispettore Onorario per gli Organi della Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia.

Marzona ha citato l’episodio in cui un direttore della commissione di musica sacra del Friuli lo invitò a fondare una scuola di musica sacra. Marzona rispose che, a parer suo, era inutile aprire una scuola se poi gli studenti non venivano remunerati per il loro servizio in chiesa.

Con il presidente dell’Associazione “Serassi”, Federico Lorenzani, si è passati poi al tema “Proposte tecniche per il restauro-ricostruzione dell’organo Tamburini di Quistello (MN)”. Lorenzani ha evidenziato che lo strumento, nonostante sia stato danneggiato nel terremoto del 2012, risulta essere oggi brillante come l’originale del 1937.

Il restauro è stato quindi illustrato da Silvia Lottini, rappresentante della “Giani – Casa/Organi” che ha raccontato il lavoro complesso di restauro perché molto materiale era stato compromesso con i danni sismici e ha ribadito come sia stato importante aver fatto risuonare l’organo della chiesa anche sotto l’aspetto umano poiché la comunità, appassionata e orgogliosa, era rimasta orfana dello strumento dopo il sisma.

Alla giornata di studi non poteva mancare un rappresentante organaro in terra mantovana. Silvio Micheli, della ditta “Micheli-Organi” di Volta Mantovana, ha portato una sua testimonianza con il restauro dell’organo dell’Abbazia di Polirone a San Benedetto Po (Mantova), uno strumento in cui convivono tre epoche storiche di organaria: i Facchetti del 1500, i Bonatti del 1700 e i Tamburini del 1900, con una certa predominanza di quest’ultimi. La linea seguita dall’organaro mantovano è stata quella di ripresentare uno strumento efficiente nonostante la complessità delle varie anime presenti che rappresentano 300 anni di storia.

Gradita è stata la presenza di altre donne alla guida di alcune case organarie come Michela Ruffatti che, oltre ad essere rappresentante della casa “Fratelli Ruffatti” è presidente dell’Associazione Italiana Organari.

Altra figura femminile presente alla giornata di studi è stata Agnese Marin, della casa organaria “Fratelli Marin” di Genova. I Marin vantano un’antica tradizione che parte dagli inizi del XX sec. ed è presente tutt’oggi sul territorio italiano. I loro strumenti furono inaugurati da prestigiosi organisti dell’epoca come Ulisse Matthey e Marco Enrico Bossi, promotori della riforma ceciliana che, attraverso concerti e collaudi, diedero un forte impulso a quest’arte.

L’intervento della Marin ha trattato del restauro dell’organo Giovanni Tamburini 1916 della Basilica di Nostra Signora delle Vigne a Genova, strumento che ha impegnato per ben 4 anni la casa organaria. All’interno di questo strumento si trova il materiale più antico della casa organaria ottocentesca Serassi, sul quale i Tamburini, nei primi anni del 900, hanno svolto un lavoro di ampliamento portandolo a 4 manuali.

Umberto Forni ha illustrato l’organo Farinati del Duomo di Verona e l’organo Tamburini del 1965 della chiesa di San Giovanni in Persiceto (Bologna).  Forni ha ribadito il concetto, già espresso precedentemente, che il recupero di un organo non sarà mai fedele all’originale e ciò è dovuto a motivi pratici. L’importante è di avere uno strumento efficiente per il servizio liturgico in primis e quindi in sede concertistica, rinunciando all’ideologia di voler riportare fedelmente un organo che ha subito danni alle sue origini, talvolta con eccessive forzature.

 L’organaro Giorgio Carli, infine, ha presentato il restauro dell’organo Trice del 1894 di Castelnuovo del Garda (Verona).
L’intervento di Federico Lorenzani sull’organo Montesanti di Barbasso (Mantova), che sarà prossimamente restaurato, ha poi chiuso la tavola rotonda. Tutti i partecipanti hanno ribadito l’importanza della collaborazione tra organari al fine di risolvere, in modo unitario, i problemi riguardanti il recupero degli organi antichi anche come forma di rispetto per coloro che ci hanno preceduti.

Report di V.M.
Marzo 2025
Immagine: San Benedetto Po (Mantova)
Basilica di San Benedetto in Polirone Rosone e Organo
foto Zairon da Wikipedia  Creative Commons