Di Vincent Cipriani. Parigi, Théâtre 13e Art: la Venezia onirica di Daniele Finzi PascaFondazione Teatro Stabile del Veneto.

È proprio nei sotterranei della ben nominata Place d’Italie che si apre, sul palcoscenico del Théâtre 13e Art a Parigi, una finestra affacciata sul cuore di una Venezia sognata e immaginata. Titizé, spettacolo scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca, in coproduzione con la Fondazione Teatro Stabile del Veneto, ambisce a immergere lo spettatore nell’essenza di Venezia, attraverso teatro, circo, acrobazie, canto, danza, e musica.

Non c’è un intreccio vero, né personaggi ben delineati, né luogo chiaramente identificabile: solo una successione di scene di una decina di minuti, apparentemente non correlate tra loro, ma tutte intrise dalla medesima impressione di sogno ad occhi aperti, di profonda poesia e di sublime semplicità.

«Titizé», «Tu sei» in veneziano: ognuno di questi brevi quadri dispiega un universo artistico singolare, come altrettante proposte per dire cosa sia la Serenissima, e portare alla luce una quintessenza di «Venezianità».

Lo spettacolo inizia non appena lo spettatore varca la soglia della sala: un suono di friniti di grilli in sottofondo lo proietta subito lontano dall’inverno parigino; sul palco, davanti a un fondale che evoca un cielo azzurro e nuvoloso, si innalza un palo, tenuto in equilibrio da cavi, preannunciando le acrobazie a venire. Poi la luce si abbassa, mentre il suono dei grilli aumenta, e inizia il vero sogno.

I personaggi arrivano sul palco con un sottofondo di percussioni, gli acrobati si arrampicano e ruotano sul palo verticale, poi una specie di cavaliere in armatura viene proiettato in aria da corde, come una marionetta, mentre si eleva il canto di un controtenore; acrobazie in un cerchio che gira in aria, giocoleria virtuosa, la Primavera di Vivaldi suonata con un glasspiel (ovvero numerosi bicchieri riempiti d’acqua strofinati con il dito), il trucco della donna che entra in una scatola e viene tagliata a metà, visioni subacquee con un palombaro, un delfino e una sirena che navigano nell’aria, villeggianti su una spiaggia, rinoceronti rumorosi… Ecco solo alcuni dei punti salienti dello spettacolo di un’ora e un quarto.

Ciò che attrae nel susseguirsi delle scene è la qualità delle esecuzioni, il virtuosismo delle acrobazie, la semplicità ingenua dell’umorismo. Ma anche la notevole attenzione prestata nel creare veri e propri quadri, nel senso pittorico del termine: ogni sequenza ha un colore dominante e una consistenza propria, in cui le sagome dei personaggi si stagliano su uno sfondo a volte dorato, a volte formato da un mosaico di maschere veneziane, o una nuvola rosso su nero… Tutto ciò è molto piacevole per l’occhio, e crea immagini sorprendenti che lasciano un’impronta durevole nella memoria dello spettatore.

A questa successione di impressioni visive corrisponde anche una successione di registri, che vanno dalla sublimità eterea dei corpi in movimento al surrealismo enigmatico, passando per la più esilarante comicità clownesca. Come per esempio nel momento burlesco in cui, da un lato del palcoscenico, gli attori sono sdraiati per terra e vengono ripresi da una telecamera posta sopra di loro; dall’altro lato del palco, la loro immagine viene proiettata su uno schermo, in modo da farli sembrare in piedi. Seguono quindi peripezie esilaranti e strampalate che sfidano tutte le leggi della gravità – e della logica.

La maggior parte dello spettacolo è senza parole; le poche battute di dialogo sono pronunciate per metà in italiano e per metà in un francese intriso di italianismi, con un accento molto marcato e divertente.
Lo spettatore può essere sorpreso, all’inizio, di non riuscire a capire cosa dicono gli attori, i quali esclamano in modo confuso, senza scandire per niente le parole… Ma basta capire che in realtà, non c’è niente da capire: occorre lasciarsi cullare dalla melodia di queste esclamazioni e dalla gioiosa spontaneità delle interazioni tra gli attori.

Le scene sono accompagnate da musica registrata trasmessa tramite altoparlanti, interpretata dall’Orchestra di Padova e del Veneto. Anche se si può rimpiangere la sonorizzazione perfettibile, la musica accompagna molto bene il movimento degli artisti evocando lo stile veneziano, con riferimenti a Monteverdi e Donizetti.

Titizé è quindi uno spettacolo totale, la cui molteplicità di scene evoca i mille volti di Venezia, che non si lascia catturare in un unico ritratto uniforme. E questa pluralità diventa infinita se si considerano, al di là della realtà, tutti i sogni e gli immaginari che vi sono legati. Questa grande varietà spiega anche perché lo spettacolo è significativo per tutti gli spettatori, di qualsiasi età e nazionalità, sia che conoscano bene Venezia o che non ci siano mai stati. Se questa Venezia sognata ha così tanti volti, sembra essere un po’ ovunque allo stesso tempo, e riesce perfettamente a emergere anche nel cuore di Parigi. Donde un rapporto di intimità che si instaura molto rapidamente con il pubblico, il quale può anche lui iniziare a parlare con la città, darle del tu, e dirle “Tu sei”, con la propria immaginazione.

Dopo un mese di rappresentazioni a Parigi, dal 6 marzo al 6 aprile, Titizé tornerà in Italia, a Bergamo, nel mese di maggio; poi, di nuovo in Francia, a La Rochelle. Infine, lo spettacolo verrà rappresentato tutta l’estate al Teatro Goldoni di Venezia, il che sicuramente incanterà i turisti di tutto il mondo venuti a visitare la città più bella e affascinante che sia.

Recensione di Vincent Cipriani
Visto al Théâtre 13e Art il 12 marzo 2025
Foto: TSV Teatro Stabile del Veneto

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FRANÇAIS

C’est dans les souterrains de la bien-nommée Place d’Italie que s’ouvre, sur la scène du Théâtre 13e Art, une fenêtre donnant accès au cœur d’une Venise rêvée et imaginée. Titizé, spectacle écrit et mis en scène par Daniele Finzi Pasca, en coproduction avec la Fondazione Teatro Stabile del Veneto, vise à immerger le spectateur dans l’essence de Venise, par le moyen de théâtre, cirque, acrobaties, chant, danse, et musique.

Pas vraiment d’intrigue, pas vraiment de personnages bien définis, pas de lieu clairement identifiable : juste une succession de numéros d’une dizaine de minutes, en apparence sans lien les uns avec les autres, mais tous imprégnés de la même impression de rêve éveillé, de profonde poésie et de dépouillement sublime. «Titizé», «Tu es» en vénitien: chacun de ces courts tableaux déploie un univers artistique singulier, comme autant de propositions pour dire ce qu’est la Sérénissime, et mettre au jour une quintessence de «Venezianità».

Le spectacle commence dès l’instant où le spectateur franchit la porte de la salle: en musique de fond, le chant des cigales le projette d’emblée bien loin de l’hiver parisien; sur la scène, devant une toile de fond évoquant un ciel bleu nuageux, un mât se dresse, maintenu en équilibre par des câbles, préfigurant les acrobaties à venir. Puis la lumière baisse, tandis que le bruit des cigales augmente, et le vrai rêve commence.

Les personnages arrivent sur la scène, sur fond de percussions, des acrobates grimpent et tournent sur le mât dressé, puis une sorte de chevalier en armure est projeté en l’air par des fils, comme une marionnette, tandis que s’élève le chant d’un contre-ténor ; des acrobaties dans un cerceau tournant dans les airs, des jongleries virtuoses, le Printemps de Vivaldi joué au verrillon (c’est-à-dire une série de verre remplis d’eau frottés du doigt), le tour de la femme coupée en deux, des visions sous-marines avec un plongeur, un dauphin et une sirène voguant dans les airs, des vacanciers sur une plage, des rhinocéros bruyants… Voici un peu la teneur de ce qui est donné à voir au cours de cette heure et quart de spectacle.

Ce qui séduit dans la succession de ces scènes, c’est certes la qualité des exécutions, la virtuosité des acrobaties, la simplicité naïve de l’humour. Mais c’est aussi la remarquable attention donnée à former des tableaux, au sens pictural du terme : chaque séquence est dotée d’une couleur dominante et d’une texture propre, où les silhouettes des personnages se détachent d’un fond tantôt doré, tantôt composé d’une mosaïque de masques vénitiens, ou encore d’une nuée rouge sur noir… Le tout plaît à l’œil, et forme des images étonnantes qui s’impriment durablement dans la mémoire du spectateur.

À cette succession d’impressions visuelles correspond aussi une succession de registres, allant du sublime éthéré des corps en mouvement jusqu’à un surréalisme énigmatique, en passant par le comique clownesque le plus désopilant. Comme par exemple ce moment burlesque où, d’un côté de la scène, les acteurs sont couchés par terre, et sont filmés par une caméra placée au-dessus d’eux ; de l’autre côté de la scène, leur image est projetée sur un écran, de façon à ce qu’on ait l’impression qu’ils se tiennent debout.

S’ensuivent alors des péripéties totalement hilarantes et loufoques, qui défient toutes les lois de la gravité – et de la logique.
L’essentiel du spectacle se passe de paroles; quant aux quelques dialogues, ils sont prononcés à moitié en italien, à moitié dans un français imbibé d’italianismes, avec un accent à couper au couteau, ce qui est très drôle. Le spectateur peut être étonné, au début, de ne pas bien comprendre ce que disent les acteurs, qui s’exclament sans articuler et en désordre… Mais tout ce qu’il faut comprendre, c’est qu’il n’y a justement rien à comprendre: il suffit de se laisser bercer par la mélodie de ces exclamations, et par la joyeuse spontanéité des interactions entre les acteurs.

Les numéros sont accompagnés de musique diffusée par haut-parleurs, interprétée par l’Orchestra di Padova e del Veneto. Même si on peut regretter une sonorisation perfectible, la musique accompagne très bien le mouvement des artistes en évoquant le style vénitien, avec des références à Monteverdi et Donizetti.

Titizé est donc un spectacle total, dont la multiplicité des scènes évoque les mille visages de Venise, qui ne se laisse pas saisir en un seul portrait uniforme. Et cette pluralité devient infinie, si on considère, au-delà de la réalité, tous les rêves et imaginaires qui y sont liés. Cette grande variété explique aussi pourquoi ce spectacle est immédiatement parlant pour tous les publics, quel que soit leur âge, quelle que soit leur nationalité, qu’ils connaissent bien Venise ou n’y soient jamais allés. Si cette Venise rêvée a autant de visages, elle semble être un peu partout à la fois, et elle parvient parfaitement à émerger même

en plein cœur de Paris. D’où un rapport d’intimité qui s’établit très vite avec le public, lequel peut lui-même se mettre à parler avec la ville, la tutoyer, et lui dire «Tu es», avec sa propre imagination.

Après un mois de représentations à Paris, du 6 mars au 6 avril, Titizé retournera en Italie, à Bergame, au mois de mai; puis, de nouveau en France, à la Rochelle. Enfin, le spectacle sera donné tout l’été au Teatro Goldoni de Venise, ce qui ne manquera pas de ravir les touristes venus des quatre coins du monde pour visiter la plus belle et fascinante ville qui soit.

Critique par Vincent Cipriani
Vu au Théâtre 13e Art le 12 mars 2025
Photo: TSV Teatro Stabile del Veneto

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