A Palazzo d’Arco in Mantova l’argenteria, custodita gelosamente come un tesoro di famiglia da trasmettere in eredità di generazione in generazione, restituisce i ricordi del vivace passato e rivela tra i suoi riflessi lo spirito delle cose. Promossa dalla Fondazione d’Arco e curata da Francesca Rapposelli l’esposizione “Lo spirito delle cose. Argenti e preziosi dei conti d’Arco”,con il patrocinio del Comune di Mantova, inaugura il 30 marzo 2019. La mostra è l’occasione per ammirare la ricca collezione di argenti e preziosi dei Conti d’Arco. Massicce posaterie e servizi, graziosi accessori femminili e ricercatezze maschili si rincorrono in un vivace percorso narrativo delle consuetudini nobiliari tra Sette e Ottocento all’insegna dell’eleganza e dello stile.
A Palazzo d’Arco è conservato un consistente nucleo di argenti e di oggetti preziosi mai esposti al pubblico che permette di ricostruire quelle che dovevano essere le consuetudini della vita quotidiana negli spazi di una residenza nobiliare. La raccolta risale prevalentemente al Settecento e all’Ottocento, quando le arti decorative avevano un ruolo predominante e gli oggetti preziosi di cui si circondava l’aristocrazia interagivano con gli ambienti.
Per ricostruire il passato di queste opere sono stati ricomposti servizi, individuati gli stemmi e i monogrammi e analizzati i punzoni impressi sugli argenti, effettuando uno studio su tutti gli esemplari. Sono emersi nuclei di argenti tedeschi, inglesi e francesi, che conferiscono un carattere internazionale alla raccolta e fra le manifatture nazionali si è distinto uno straordinario gruppo di opere milanesi che trasmettono memorie di importanti eventi storici.
Il ricco corredo di argenteria diviene la testimonianza eloquente di un universo scintillante che dalla tavola imbandita si riversava in tutti gli ambienti domestici. Oggetti che a quel tempo associavano un compito di rappresentanza a quello funzionale di utensili d’uso, riflettendo le mutevoli necessità della committenza. Argenti, quindi, presenti nella vita aristocratica di ogni giorno, scandita da ricevimenti mondani che si alternavano ai momenti più intimi dei leziosi salotti femminili o accompagnavano l’amore per la scrittura nelle mura domestiche. Preziosi, al contempo, che caratterizzarono i passatempi tipicamente maschili nei fumoir, o i più informali pasti al ritorno dalla caccia, offrendo un’illuminante dimostrazione delle consuetudini nobiliari.
Durante la mostra, i servizi prendono dimora sulle tavole e nei salotti, facendo rivivere quegli oggetti uniformandoli al contesto originale come solo una casa museo può ancora offrire. La natura evocativa del museo apre la strada a molteplici racconti del vivere quotidiano della famiglia sulla base di una solida ricerca scientifica condotta negli archivi della dimora. Le proposte contemporanee inglesi del living museum trovano qui pieno compimento coniugando le finalità di educazione e diletto.
Le differenti tipologie degli antichi arredi del Palazzo articolano il percorso in cinque sezioni:
I Servizi da tavola di Emanuele Caber e Giuseppe Brusa. Fra la straordinaria raccolta di preziosi appartenuta ai conti d’Arco, si distingue un copioso nucleo di argenti da tavola rappresentativo della produzione milanese del secondo decennio dell’Ottocento. Le opere di Emanuele Caber e Giuseppe Brusa, gli argentieri milanesi più in vista della città, sono esposte nella Sala degli Antenati, dove la ricchezza e le antiche origini della famiglia documentate dai dipinti dinastici giustificavano l’esibizione delle argenterie di casa durante le cerimonie ufficiali.
Gli oggetti dei vezzosi rituali femminili. Padrone di casa d’Arco, tra Sette e Ottocento, furono Matilde di Canossa (1744 – ?) che nel 1762 andò in sposa al conte Gianbattista Gherardo, Amalia Sanvitale (1770-1846), signora del conte Francesco Alberto, e Giovanna de’ Capitani d’Arzago (1813-1870) consorte del conte Luigi. Tutte furono donne dalla forte personalità e non solo nell’ambito domestico. I preziosi argenti della collezione d’Arco legati alla toeletta e all’intimo salotto femminile sono riconducibili a queste nobili figure oltre che all’ultima discendente d’Arco, la contessa Giovanna marchesa Guidi di Bagno. Secondo le consuetudini del tempo, l’ambiente della toeletta femminile doveva seguire una ben precisa disposizione dell’arredo in cui risultava di fondamentale importanza il ripiano su cui trovavano posto gli accessori necessari ai rituali di bellezza. A partire dal XVIII secolo il momento della toeletta era diventato anche quello della prima colazione. In questo contesto è presente il nucleo di argenteria mantovana con opere di Giovanni Bellavite e Francesco Rizzardi accostati alle manifatture francesi di Francois Diosne, Luis Bruneau e Charles Murat.
Il fumoir di casa d’Arco. La diffusione dei fumoir nell’Italia ottocentesca è da ricondurre a una più ampia osservanza delle regole di sociabilità aristocratiche, che vedevano nel salon francese il modello di riferimento. In un contesto di rigida separazione sociale, vennero così distinguendosi i salotti da conversazione femminili, in cui la padrona di casa aveva un ruolo centrale, e i momenti di aggregazione esclusivamente maschili, come i circoli, i caffè o, appunto, i fumoir. Il tabacco crea un modello di costume e il suo uso genera una produzione illimitata di oggetti da fumo: pipe, tabacchiere, portasigari e portasigarette, un repertorio d’artigianato spesso di gran gusto e raffinatezza che legittima e contribuisce, a sua volta, alla diffusione e al consumo del tabacco stesso. Tabacchiere in argento che avevano non solo funzione pratica, ma soprattutto estetica ed autocelebrativa, inserendosi in un contesto ben più ampio di etichetta, di savoir faire: donate come pegno d’amore o come omaggio diplomatico, utilizzate in veri e propri rituali sociali, divennero il riflesso delle mode e dei gusti nei diversi secoli. Proprio in questo mercato sconfinato ed eclettico si collocano gli argenti inglesi di W.T. Wright e F. Davies, francesi e tedeschi esposti nella Sala Rossa di Palazzo d’Arco e un interessante nucleo di manifatture Hanau.
Il Bon Ton allo scrittoio. Non c’è spazio più intimo di quello della scrittura, dove il servizio per scrivere diventa un segno di distinzione per chi lo produce e per chi lo utilizza; ed è attraverso le lettere che rivivono le pagine più belle e intense della storia. Gli scrittoi di Giovanna d’Arco e del padre Francesco Antonio custodiscono gelosamente molti fogli, ancora vergini, insieme a tutti quegli oggetti per scrivere, così carichi di segni, che per i romantici si traducono in un universo di sensazioni: i bagliori dell’argento e la purezza della madreperla, la macchia indelebile del bistro e del nero di seppia, il blu cobalto della polvere e l’odore della cera sciolta, quella preziosa, che fusa sulle buste, preservava i segreti dai pettegoli, e quella di sevo, che gocciolava sulle bugie. Nell’antica Biblioteca del Palazzo, sono esposti i servizi e gli arredi da scrittoio della famiglia.
Victorian Brunch. Nella Sala delle Carte da Parati del 1823, i tavoli del salotto sono arredati con l’argenteria necessaria al perfetto brunch inglese L’alba del brunch è da ricercare nelle Hunt Breakfast, le tradizionali colazioni di caccia: momento conviviale che prevedeva un pasto generoso e ristoratore per i gentiluomini che si radunavano dopo la pratica dell’arte venatoria. Una passione quella per la caccia e i purosangue che certo non manca in casa d’Arco e soprattutto nella figura del Conte Francesco Antonio (1848-1917). L’antica biblioteca del palazzo accoglie una ricca raccolta di ippologia che vede presenti più di duecento volumi, alcune preziose cinquecentine e riviste specializzate. Il Conte d’Arco fu attento collezionista e committente di raffinati argenti da tavola inglesi di J. Grinsell, Oreste Franzi, T&J Creswick e francesi, come testimonia il pregevole servizio da caffè e cioccolata prodotto dalla società Christofle.
Il percorso della mostra è documentato nel scatalogo “Lo spirito delle cose. Argenti e preziosi dei Conti d’Arco” edito Corraini e promosso dalla Fondazione d’Arco. Il libro, che si compone di contributi scientifici e schede tecniche delle opere, non è un ordinario catalogo tecnico scientifico ma un racconto, composto di testi e immagini d’autore, delle nobili consuetudini che scorre nella suggestione delle antiche sale arredate di Palazzo d’Arco.
C.S.
Contributi fotografici Fondazione d’Arco; di repertorio MiLùMediA for DeArtes
Lo spirito delle cose. Argenti e preziosi dei conti d’Arco
30 marzo – 30 novembre 2019
Palazzo d’Arco
Piazza C. d’Arco, 4 – 46100 Mantova
Biglietteria, prenotazioni e informazioni:
Tel. 0376 322242
info@museodarcomantova.it
www.museodarcomantova.it
Le visite sono accompagnate o guidate, al solo costo del biglietto di ingresso
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