Di Maria Luisa Abate. Mantova, Tempo d’Orchestra: Vivaldi e Boccherini all’insegna della descrittività in un gioco allegro di colori.

Il palcoscenico è al buio. Si odono i colpi di un tamburo che anziché radunare i soldati come immaginato da Luigi Boccherini, ha richiamato gli altri musicisti entrati alla spicciolata. Con questo ingresso coreografico ha avuto inizio “La musica notturna nelle strade di Madrid”, Quintetto per archi op.30 n.6. A eseguire i diversi movimenti fino alla Ritirata conclusiva, non in caserma ma dietro le quinte, il più numeroso ensemble dell’Orchestra da Camera di Mantova che ha accentuato la cifra stilistica del compositore vissuto nella seconda metà del Settecento, il quale non amava gli effetti eclatanti, preferendo toni misurati in particolare nella vastissima produzione da camera in cui rientra questo brano. Come hanno ricordato le note di sala, è l’ultimo di sei Quintettini scritti nel 1780 mentre l’autore, nato a Lucca e morto a Madrid, si trovava in Spagna al servizio del fratello del Re, don Luis.

L’ensemble OCM ha legittimamente puntato sulla descrittività del pezzo che tra gli episodi della movida madrilena, oltre al passaggio dei soldati, scandisce il richiamo delle campane dell’Ave Maria, invita al raccoglimento del Rosario, apre la parentesi festosa di una Passa calle e d’un insolito Minuetto dei ciechi. L’esecuzione è stata dunque protesa all’effetto espressivo pittorico dalle ombreggiature notturne nondimeno vivaci, differenziando le atmosfere dei vari movimenti e dando spessore alle voci degli strumenti e alla loro interazione, ossia a quel sottile e prolifico gioco di interlocuzioni e risposte che caratterizzò la svolta modernista impressa all’epoca da Boccherini 

Dopo tale esordio, è stato dedicato a Vivaldi il cuore del programma giunto a rafforzare la sinergia tra due importanti realtà culturali mantovane: Oficina OCM e Fondazione Palazzo Te. Questa era infatti la sede inizialmente prescelta per il concerto poi trasferito al Teatro Sociale. Il Presidente della Fondazione di Palazzo Te, Stefano Baia Curioni, nella sua introduzione inziale ha citato i rumors basati sulla certezza storica del soggiorno di Vivaldi nella città di Mantova, purtroppo non databile con precisione, secondo i quali in questa città il compositore avrebbe scritto o per lo meno abbia tratto ispirazione per il suo più celebre capolavoro: Le Quattro Stagioni, editate nel 1725 ma elaborate anteriormente. Ad affrontarle assieme all’Orchestra da Camera di Mantova, Viviane Hagner violino solista. Le Quattro Stagioni fanno parte dell’opera “Il cimento dell’armonia e dell’inventione” ed è proprio la straordinaria vena inventiva vivaldiana ad essere emersa grazie a un’esecuzione nuovamente evocativa di luoghi e di uomini, di vita.

Hagner si è confermata artista eccelsa, dal virtuosismo sicuro, limpido, sgorgato con naturalezza nell’approccio duttile alla partitura. La violinista ha coinvolto il pubblico nella sua incessante esplorazione delle potenzialità dello strumento, che conosce a menadito. Il suono ricco e dai risvolti bruniti è stato reso morbido dai legati e dalla straordinaria fluidità dei tecnicismi che nemmeno sono parsi tali, tanta è stata la spontaneità dell’archetto, impiegato con quel senso della misura che è sinonimo di classe.

Guidata dalla concertazione della stessa Hagner, l’OCM ha messo in campo pienezze e rarefazioni, sospensioni d’attesa ed esplosioni di risposta, assottigliamenti e irrobustimenti di suono in un turbine di contrasti dinamici attentamente soppesato e che ha avvolto gli ascoltatori in un gioco allegro di colori e timbriche, di fasti armonici e sfoggio di bellezza. Dalla rigogliosa gaiezza della primavera foriera del risveglio e rinnovamento della natura, che l’Orchestra ha innervato di festosità delicata in un continuo rimando tra il violino solista e gli altri strumenti, all’esplosione dell’estate ponendo in risalto in particolare il fragore dello scroscio temporalesco. Poi l’autunno pervaso dall’alacrità dei lavori nei campi e dall’euforia trasognata data dall’ebbrezza da vino, fino all’inverno con le sue tinte fredde e i netti contrasti dinamici sempre improntati alla gioiosità.

Come bis, l’adagio dalla sonata BWV1001 di Bach, anch’esso dal dettato estremamente espressivo dove sono nuovamente emersi la spiccata musicalità di Viviane Hagner e il suo slancio emotivo. Immancabile il tripudio di applausi.

Recensione di Maria Luisa Abate
Visto a Mantova, Teatro Sociale – Tempo d’Orchestra il 12 marzo 2025

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