Di Barbara Baroni. MantovaMusica: le due fantasiose musiciste hanno creato arie narrative e trascinato il pubblico in un’aura sentimentale di lontananza.
Sogno e realtà in un “viaggio ideale” con uno stile inimitabile, accogliente e ricercato: con voce, percussioni e arpa celtica simbolo dell’Irlanda e col canto del bardo, inizialmente una sorta di aedo, anche parte della casta irlandese dei Druidi, che creava un fascino arcaico e magico e parlava soprattutto della cultura dei Celti, popolo misterioso e nomade, ma anche conquistatore. Raccontava anche di altri paesi, esaltando la natura, la leggenda e la sapienza, la magia (rune e croci celtiche) e poi l’ “unione mistica cosmica”, all’interno della mitologia, ricca d’emblemi celtici.
Infatti nello spettacolo “Le vie magiche della musica celtica” risalta un’immagine mitica, che ha radici primordiali e che si è diffusa intorno al mondo. E l’attenzione e ricerca sui canti continua, sintetizziamo: «la diffusione con i musici-poeti erranti voce e arpa celtica e lo scambio culturale seguono itinerari da scoprire sulle antiche rotte commerciali: la Via del Sale, delle Spezie, dell’Incenso, dell’Ambra, con ritmi delle percussioni coloriti mediterranei e tempestosi nordici» (dal programma di sala).
Emerge oltre al mito anche il richiamo alla storia antica e cronaca, fusa con la materia leggendaria. Vi sono anche protagoniste in rosa e di carattere (tragiche come Norma) ed i canti erano anticamente accompagnati pure dalla danza, con scene di guerra e pace.
Le composizioni musicali celtiche più antiche giunte fino a noi sembrano trascritte dai bardi nel tardo Rinascimento, la maggior parte di queste musiche però sono andate perdute, perché erano tramandate solo oralmente, oppure sono state cambiate le parole o le note. Però è molto importante per il lavoro etnomusicologico notare che pure se rare nel mondo contadino resistono preghiere e invocazioni, spesso in forma di songs, che risalivano al tempo dei Druidi, alla prima tradizione bardica orale, ancora accompagnata dalla cosiddetta “lyra celtica”. Ricordiamo che l’arpa celtica in Scozia si sviluppò intorno al ‘700 d.C., mentre in Irlanda giunse circa nel XII sec. E vi sono raccolte per arpa celtica di brani da musiche popolari tradizionali, d’autore, trascrizioni e storie narrate e vi sono contaminazioni soprattutto grazie alle particolari percussioni e alle inflessioni delle lingue dei vari paesi.

Ecco ad interpretare questo pregiato repertorio, che ripercorriamo con brani anche da “colonie” celtiche, Eliana Zunino voce, studiosa di Vocologia e Musicoterapia e bodhrán (tamburello irlandese ricavato da un setaccio) e Katia Ambra Zunino arpa celtica, che dopo lo studio del pianoforte e dell’arpa classica si è dedicata “all’arpa bardica”, due sensibili e fantasiose musiciste che hanno saputo creare arie narrative e trascinare il pubblico in un’aura particolare e sentimentale di lontananza. Il Duo è ben affiatato e raffinato e notiamo che compie intensa attività concertistica, didattica, di ricerca e unisce strumenti particolari: vi erano anche una cosiddetta “campana tibetana” e “maracas”, l’uso di una spazzola particolare per il bodhrán e una registrazione di arpa introduttiva nell’espressione artistica enigmatica e affascinante.
Questo speciale “Duo celtico” si è esibito il 30 marzo 2025 nel contesto MantovaMusica Concerti della Domenica, nella cornice arcaizzante della ex chiesa mantovana in stile “tardogotico” di Madonna della Vittoria, ove una volta troneggiava la preziosa pala omonima di Andrea Mantegna (entrambe del 1496).
Emergeva Fel Shara “Odissea ebraica” (Turchia) eseguita con un fascino notevole e l’incanto suadente sinuoso e mosso in cinque lingue, tra cui l’arabo (notiamo che l’arpa di Re Davide nell’iconografia risale al 1000 a.C.). Danza di una fanciulla, che unisce cinque etnie nel viaggio. E un’aria parla della nascita dello strumento dall’arco di Diana così il dio della musica Dagda, commuoveva con l’arpa magica. E proprio dall’Irlanda ci affascinava The brown haired girl (Cailin na gruaige doinnee) la bella fanciulla dai capelli marroni eseguita molto romantica. E collegato il commovente Red is the rose, uno stupendo quadro d’amore dipinto con la triste morte della fanciulla, brano emblematico dello stile celtico, e le stesse note ricordiamo che si trovano nella struggente ballata scozzese Loch Lomond. Una Slow air distintiva ed iconica della serata coi versi conclusivi, commoventi e pieni di pathos: “è per la perdita della mia bella irlandese/che il mio cuore è spezzato per sempre” ed echi di Nocturnes del grande compositore irlandese John Field “e la luna e le stelle brillavano”. (Esiste l’intimistico arrangiamento per pianoforte solo).

Si passava alla Bretagna (revival con Alan Stivell) con lo struggente Tri martolod-tosco (Tre marinai in lingua bretone). Approdavano al Nord Europa con la Svezia e i canti Gröne lunden – Kas a barh, il primo eseguito con splendida consonanza, nella sognante ambientazione, che ricorda l’albero della vita nel titolo Il bosco verde e dice “e nel bosco verde danza una coppia” di segno wagneriano e poi una breve danza scozzese. Poi di O’Carolan “Castle Kelly” (e Glenlivet) magnifica “celebrazione celtica” mendelssohniana. Ricordano in particolare la figura di O’ Carolan (1670 – 1738) l’importante ultimo bardo che si interessò al “concerto veneziano”, contaminando musica celtica e “barocca”. Aggiungiamo la trascinante canzone di John Newton (preghiera per la sua conversione da schiavista, 1772-1779) “Amazing Grace”, cantata con sentimento ed evocativa, con ampia estensione vocale e colori “gospel” in evidenza. Molto bello “nato nell’atmosfera dei pub” un assai variato e joyciano “Irish Jig medley”.
Le musiciste hanno poi eseguito una parte dal loro disco “Vie” sottolineando come l’arpa evochi l’amore e il pianto e altri modi di sentire. E hanno eseguito un brano dal disco in uscita dedicato all’Italia con una composizione salentina che narra la storia di “Giulietta e Romeo” di William Shakespeare, interpretato con notevole espressione di fronte al mistero, come un lamento d’amore e morte, con ritornello acuto e toccante.
L’arpa celtica emblema dell’infinito ed il canto possono accostarsi così in particolare alla chiave di lettura della celtica “triscele”, triquetra e nodo infinito, poi passato al Cristianesimo. Emergono in questi pezzi alcuni Leitmotive e triadi druidiche: amore, vita-morte, fanciulla, rosa, “rito celtico”, viaggio, terra-aria-mare e tempo passato-presente-futuro). La parte vocale era penetrante ed espressiva, dal recitato, al cantato, ai momenti virtuosistici, ma soprattutto una voce appassionata e con un registro grave meraviglioso. Una voce timbrata capace di trasferire tutto il valore delle parole anche in tante lingue diverse e con un timbro affascinante e particolare adatto alle slow air celtiche, che trasferisce lo spirito di terre lontane.
Le due arpe celtiche (una appoggiata) invece erano scandite ritmicamente soprattutto con l’intervento del bodhrán, ma anche armoniose e alcune più mosse con virtuosismo in una nuvola fantastica di suoni. Perciò si intrecciavano nel concerto mito e storia, eros e thanatos, in una forma molto comunicativa e coinvolgente ed il canto si pone come “archetipo” e fonde mythos e lògos con grande originalità e tono nostalgico che emoziona il pubblico. Osserviamo poi lo scambio circolare tra musica classica e popolare anche con aspetti interpretativi. Ricordiamo l’importanza dei canti per l’ossianismo, il Preromanticismo inglese ed i tanti Volkslieder armonizzati da Beethoven, segno di fratellanza universale, (si veda anche J.G.Herder). Emerge l’immagine del “viaggio marinaresco sotto il cielo stellato” in una vera Odissea. Notiamo la profondità filosofica d’un antico canto con la citazione dal Dialogo tra due saggi: “Io sono il figlio di Poesia, Poesia, figlia di Riflessione, Riflessione, figlia di Meditazione…”.
Recensione di Barbara Baroni
Visto nell’ex chiesa della Madonna della Vittoria – MantovaMusica, il 30 marzo 2025
Foto B.B.
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