Poesia e musica come due corpi celesti le cui orbite si intersecano, le cui sfere gravitazionali esercitano reciproche attrazioni sconosciute alle leggi dell’astrofisica ma connaturate all’universo teatrale. Da tempo atteso, gradito e acclamato è stato il ritorno a Mantova di Ugo Pagliai, Maestro del teatro, della televisione e del cinema dove, nel corso della carriera, ha segnato indelebili tappe, caratterizzate dallo stile elegante e affabile, sulla scena come nella vita.
Lo spettacolo intitolato “L’amore cosmico” ha sottinteso l’intento della riscoperta di un patrimonio culturale spesso relegato in ombra, e qui posto sotto la disvelante luce interpretativa dell’attore. Il quale ha magistralmente recitato poesie che appartengono al vissuto formativo di chiunque, facenti parte del comune bagaglio mnemonico e perciò spesso rifacentesi ad abbrutenti cantilene avvenute nelle aule scolastiche. Pagliai ha reso giustizia a Leopardi e Pascoli, a D’Annunzio e Palazzeschi, restituendo loro la dovuta bellezza espressiva.

Ogni passo poetico è stato abbinato a brani che hanno raccontato in musica i medesimi temi. Due linguaggi posti a confronto, grazie agli interventi solistici di Sergio Patria al violoncello ed Elena Ballario al pianoforte. Ugo Pagliai ha anch’egli utilizzato la voce come uno strumento, capace di una vasta gamma tonale, duttile nei colori, negli accenti, nelle intonazioni descrittive. Il sentimento d’amore si è così palesato nelle sue molte sfaccettature, che ne hanno celebrato la natura eterna e infinita come una galassia.

La speranzosa disperazione dell’uomo che interroga la propria anima nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, accostata a Čajkovskij; le domande che pone l’amore adolescenziale in A Silvia, affiancate a Chopin. Il ricordo indelebile della fanciullezza de L’aquilone, traslato nel Bimbo che si addormenta di Schumann; la natura intesa come passione ed eros de La pioggia nel pineto, seguita dai limpidi scrosci sonori di Debussy nel Jardin sous la pluie. Ancora la sensualità de La sposa infedele di Lorca e lo spirito arguto di Trilussa. Poi un momento particolare, scritto da Mario Luzi per Papa Wojtyla in occasione di una via Crucis, sfociato nella Preghiera composta dalla stessa Ballario. E in chiusura l’Ode alla pace di Neruda, abbinata all’Ave Maria di Piazzolla. Una “cavalcata poetica” che ha dimostrato come parole e note non siano racchiuse nelle rispettive forme codificate ma necessitino, per respirare, dell’ossigeno dell’interpretazione. Le poesie e la musica vivono delle e nelle emozioni che sanno evocare.

Maria Luisa Abate

Visto a Mantova, all’auditorium Monteverdi, il 15 aprile 2019
per Mantovamusica
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes