La mia patria è Mozart, diceva Peter Maag, Direttore d’orchestra di origini svizzere che abitava a Verona e aveva i fulcri del suo lavoro a Treviso e Padova; europeo di formazione e dalla carriera internazionale: basti citare la Scala, o il Metropolitan dove diresse cinquantanove recite. Specialista mozartiano e del classicismo viennese, fu il creatore, nel 1988 a Treviso, di quella celebre Bottega di ispirazione rinascimentale dove si scoprivano, formavano e valorizzavano i giovani talenti lirici, che venivano educati a perseguire la qualità e l’eccellenza.
Il centenario dalla nascita, avvenuta a San Gallo nel 1919, è stato ricordato dal Fondo Peter Maag istituito dal Maestro Nicola Guerini per portarne avanti la memoria e le finalità, con compiti di studio e di ricerca oltre che di custodire il materiale della Bottega donato dalla moglie, la signora Marica Franchi Maag. Le Celebrations intitolate “Happy birthday, Maestro!” sono iniziate con serate a lui dedicate nei Teatri dove lavorò, dal Regio di Parma al San Carlo di Napoli, al Regio di Torino; prossimamente il Maggio Musicale Fiorentino, il Carlo Felice di Genova, La Fenice di Venezia, Il Comunale di Bologna. Si aggiunge la Fondazione Arena di Verona, nella cui stagione Maag debuttò nel 1972 e il cui Sovrintendente Cecilia Gasdia ha inviato una lettera con un caro saluto. Il Comune di Verona, per mano dell’assessore Francesca Briani, ha conferito una medaglia alla memoria nel corso dell’incontro tenuto nella sala conferenze del Teatro Ristori.
Si sono ripercorse le tappe salienti della carriera straordinaria del Maestro attraverso i ricordi di illustri colleghi che con stima e affetto hanno rimpianto le doti dell’uomo, del direttore, del musicista. Si è accennato al Maag studioso di filosofia e teologia, alla ricerca di un significato intellettuale e spirituale del fare musica. Non c’era scissione tra vita professionale e privata, ha spiegato Marica Franchi Maag visibilmente commossa. Tutta la sua vita era impregnata di musica. Era estremamente rigoroso ma di grande semplicità. Ad esempio non rinunciava mai alle camminate, che per lui erano lo spazio del silenzio. Era capace di silenzi che parlavano. Spesso, ha aggiunto Gianni Tangucci Direttore Artistico del Maggio Musicale Fiorentino, si definiva ironicamente “un pastorello svizzero”. Che però aveva Mozart nel sangue e lo leggeva con una fantasia eccezionale, suggerendo molti riferimenti. Il suo Mozart di derivazione viennese è rimasto un unicum, ha decretato Tangucci; poi c’era il Mozart barocco, quello italiano….
Una figura che ha segnato una svolta dal punto di vista interpretativo, ha premesso Alberto Martini Direttore Artistico del Teatro Ristori, che da giovane, appena diplomato, fu preso in forze per due anni nell’Orchestra di Padova e del Veneto, dove c’era una disciplina ferrea e un forte rispetto della professione di musicista. Il Direttore degli Amici della Musica padovani Filippo Juvarra ha ripercorso le tappe di quella che inizialmente si chiamava Orchestra da Camera di Padova, che Maag trasformò in formazione sinfonica. E che oggi è come lui l’aveva costruita allora, ha concluso il Vicepresidente Paolo Giaretta.
Un modo di fare musica andato perduto, rappresentativo di un’epoca che non c’è più. Era un uomo infinito, ha detto la figlia Costanza Maag. Aveva studiato con Maestri che sono sui libri di storia: per lui c’erano sempre altre letture possibili. Si portava dietro una profondità di vissuto oggi impensabile, anche solo da immaginare. Amava parlare ma comunicava attraverso la musica, che per lui era un linguaggio universale. Le sue interpretazioni erano profonde, sempre con una vena ironica, tragicomica anche in compositori inaspettati come Beethoven. Con lui, ha concluso la figlia, ho perso il papà, un padre spirituale e un maestro.
Resoconto Maria Luisa Abate
Visto al Teatro
Ristori di Verona il 10 maggio 2019
Contributi fotografici:
MiLùMediA for DeArtes
www.petermaag.org