A Palazzo Reale è aperta la mostra “Guido Pajetta. Miti e figure tra forma e colore”, promossa e prodotta da Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e Fondazione Guido Pajetta. La rassegna, curata da Paolo Biscottini, Paolo Campiglio e Giorgio Pajetta, ripercorre attraverso 90 opere, suddivise in 8 sezioni espositive, oltre sessant’anni di lavoro dell’artista milanese (Monza 1898 – Milano1987) che ha avuto una posizione di primo piano nel panorama artistico del ‘900.
Nella sua lunga carriera Pajetta ha attraversato quasi interamente il secolo scorso, incontrandone gli stili e i personaggi più importanti ma, nonostante i numerosi sodalizi artistici e le innegabili influenze, rimane una figura anomala all’interno di questo contesto. Non gli interessa infatti legarsi e identificarsi con uno stile, tanto che si allontana da qualunque movimento artistico riconosciuto per non essere limitato nel proprio fare arte. È piuttosto un artista che dipinge spinto dal proprio inconscio, dalle proprie inquietudini, dal proprio istinto e dai propri demoni.
Nella vasta fortuna espositiva di Pajetta, questa mostra risponde all’esigenza di riscoprirne la storia dalle origini alla morte. Divisa per ambiti tematici, l’esposizione pone attenzione tanto ai rapporti di Pajetta con il panorama artistico milanese legato a Novecento e soprattutto a Sironi, quanto al suo successivo desiderio di entrare in rapporto con la produzione europea, e in particolar modo francese, con uno specifico interesse per il Cubismo e il Surrealismo. È proprio in questo ambito che Pajetta sviluppa una precisa attenzione per un realismo di marca introspettiva che lo accompagnerà nel tempo, facilitato da uno stile corsivo e antimimetico, a cui certamente giova l’adozione del colore acrilico a partire dal 1967.
Nel suo lavoro – afferma Paolo Biscottini – Pajetta pare sempre più impegnato nella ricerca di una verità recondita e forse anche di una nuova coscienza di sé. Affiora il senso di un’angosciosa solitudine a cui non pongono rimedio né il successo di critica e di mercato, né la tenacia nel lavoro o la vasta cultura letteraria. Tormentato dalle proprie ossessioni, l’artista si affida all’immagine come a una sorta di travestimento o di alter ego. Nel suo percorso Pajetta è attento a tutto e a tutti: nulla dei linguaggi artistici gli sfugge, tanto che spesso nella sua pittura si notano affinità con i numerosi autori con cui viene in contatto. È consapevole che l’arte si nutre di un continuo confronto ma anche che non esistono uno stile e un linguaggio unici capaci di esprimere il suo vagabondaggio psicologico, in cui fantasia e ossessioni si mescolano al senso tragico della vita e all’incessante e tormentata ricerca della propria verità.
L’inquietudine è il tema generale di questo pittore affannato, che cerca nella tela e soprattutto nel colore il senso della propria vita. Mio padre – dice Giorgio Pajetta – in realtà è un amante dell’avventura a trecentosessanta gradi. Lui ha sempre sperimentato nuovi linguaggi, nuove tematiche ma anche nuove tecniche pittoriche. Per Pajetta artista lo stile è il mezzo e non il fine della carriera pittorica e l’arte è lo strumento per indagare il proprio mondo interiore, analizzando gli aspetti universali della vita dell’uomo e la sua condizione esistenziale.
Il gesto pittorico di Pajetta, a volte leggero e veloce, altre volte graffiante e marcato, muta in continuazione. Ma se nel corso della sua carriera l’artista cambia la forma della sua pittura e si mantiene sempre in bilico tra figurativo e astratto, non è così per i contenuti, tutti riconducibili alla ricerca di sé e di sé nella storia. Pajetta ha saputo adoperare tanti linguaggi in funzione di quello che era il suo obiettivo di analisi interiore. È stato, fino alla fine, un artista spinto da impulsi che l’hanno portato a trattare motivi, a voltelirici a volte drammatici, generati da emozioni e da esperienze autentiche perché frutto delle sue passioni e delle sue ansie.
Personalità tanto affascinante quanto complessa, Pajetta può essere riscoperto e apprezzato solamente partendo dal suo essere altro e unico rispetto al contesto in cui ha vissuto e lavorato. Attraversando verticalmente quasi tutto il Novecento può essere affiancato ai grandi nomi con cui ha collaborato ed essere preso come punto di partenza per indagare gli ambienti artistici e sociali che hanno generato e influenzato il panorama sia milanese sia italiano del secolo scorso. Nonostante ciò resta una figura eccentrica e libera nella propria indagine artistica.
Il catalogo della mostra è pubblicato da Skira.
Ingresso libero.
C.S.
Fonte: Ufficio Stampa Comune Milano
GUIDO PAJETTA. MITI E FIGURE TRA FORMA E COLORE
5 luglio – 1 settembre 2019
Ingresso libero
Milano, Palazzo Reale – Primo Piano Nobile
Piazza del Duomo, 12 – Milano
T:+39 02 884 45 181
E: c.mostre@comune.milano.it